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Eni, tangenti in Nigeria: Gup mette Descalzi sotto accusa

Secondo il gup Giusy Barbara “nella procedura di acquisto un’impressionante sequenza di anomalie” – Pesanti le parole su Descalzi: “Prono di fronte alle pretese di Luigi Bisignani – La replica di Eni: “Ribadiamo la nostra correttezza”

Eni, tangenti in Nigeria: Gup mette Descalzi sotto accusa

La “procedura di acquisto” del giacimento petrolifero OPL 245 in Nigeria “da parte di Eni” è stata “costellata” da “un’impressionante sequenza di anomalie”. Anomalie note ai vertici della società secondo quanto scritto dal gup Giusy Barbara nelle motivazioni della sentenza di condanna arrivata lo scorso settembre nei confronti dei due mediatori, Obi Emeka e Gianluca Di Nardo, condannati a 4 anni per una sospetta tangente al governo nigeriano.

Il verdetto in abbreviato dello scorso settembre è la prima sentenza a Milano sulla vicenda della presunta maxi tangente da 1 miliardo e 92 milioni versata, secondo l’accusa, da Eni e Shell a politici e burocrati della Nigeria e, si ipotizza, anche a manager del gruppo italiano per l’acquisizione del giacimento.

“Tutti gli elementi di prova” si legge nel documento, inducono ad affermare che il management “è stato pienamente a conoscenza del fatto che una parte degli 1.092 miliardi di dollari pagati sarebbe stata utilizzata per remunerare i pubblici ufficiali nigeriani, che avevano avuto un ruolo in questa vicenda e che come ‘squali’ famelici ruotavano intorno alla preda”.

Nella tranche a dibattimento è imputato tra gli altri anche l’attuale amministratore delegato della società, Claudio Descalzi, che all’epoca era il numero 2 in Italia. Secondo il gup il manager sarebbe stato “prono di fronte alle pretese di Luigi Bisignani, cioè di un privato cittadino il cui nome era già emerso in alcune delle inchieste più scottanti e note della storia giudiziaria italiana”.

Pronta la replica di Eni: la società “ribadisce la correttezza del proprio operato nell’acquisizione di OPL 245 in Nigeria e di avere trattato e concluso l’operazione direttamente con il Governo nigeriano”. Questo quanto si legge in una nota in cui l’azienda precisa che si riserva di leggere e valutare le motivazioni della sentenza relativa alla condanna dei signori Obi e Di Nardo nella loro versione integrale. Eni inoltre “conferma la propria totale fiducia nell’operato dei giudici del dibattimento che si sta svolgendo presso la settima sezione dello stesso Tribunale”. “Eni – prosegue la nota – ritiene che in tale sede verrà effettuata una ricostruzione dei fatti completa ed esaustiva, rispetto a quella di cui disponeva il giudice del rito abbreviato, che poteva utilizzare solo le acquisizioni della pubblica accusa. Eni è certa che tale ricostruzione potrà definitivamente consentire di provare la totale estraneità della società a qualsiasi ipotesi corruttiva”

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