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Endorsement di Roubini a Renzi: “E’ dinamico, può farcela”

Secondo il “Dr. Doom”, economista di fama mondiale, “in Italia c’è bisogno di un Governo forte, ma le attese su Renzi per ora sono positive” – “La Bce dovrebbe sostenere il credito alle Pmi portando in negativo i tassi sui depositi” – “Nel 2014 l’euro si indebolirà sul dollaro” – “Emergenti? Sono ottimista” – “Giappone: bene Abenomics, ora riforma fiscale”

Endorsement di Roubini a Renzi: “E’ dinamico, può farcela”

“A volte il cambiamento può essere positivo. I mercati concedono il beneficio del dubbio a Matteo Renzi, un leader giovane e dinamico che potrebbe davvero rilanciare la crescita italiana e rendere il debito pubblico più sostenibile attraverso il suo programma di riforme. Per ora le speranze sono positive”. Sotto pressione come mai prima d’ora, il premier incaricato incassa un  appoggio inatteso: quello di Nouriel Roubini, professore alla New York University e economista di fama mondiale, l’unico che fu in grado di prevedere il cataclisma finanziario del 2008. Soprannominato “Dr. Doom”, Roubini è noto per il suo pessimismo ai limiti dell’apocalittico. Eppure, oggi, parlando a Roma a margine di un convegno sul futuro della zona euro, ha ammesso che esiste una possibilità di rilancio anche per il nostro Paese.

Pur ricordando che “il debito pubblico è ancora troppo alto e la crescita resta debole per la lentezza nell’attuazione delle riforme strutturali”, Roubini sottolinea che “c’è stato un miglioramento: l’azione della Bce ha aiutato l’Italia e le stesse misure messe in campo dal Governo, a livello fiscale e non solo, hanno ridotto i rischi”. Ora, però, “c’è bisogno di un Esecutivo forte – continua il Professore –, che sia in grado di portare avanti le riforme strutturali necessarie a riattivare la crescita, creare posti di lavoro e aumentare la competitività internazionale. Mi sembra che ci sia un largo consenso su questo punto tra centrodestra e centrosinistra, ma ora bisogna smettere di parlare. E’ arrivato il momento di agire”. 

EUROZONA: SERVE PIU’ CREDITO E EURO PIU’ DEBOLE

Il ritrovato ottimismo del “Dr. Doom” si estende anche all’Eurozona, dove “i rischi legati alla possibile uscita della Grecia  o alle situazioni di Italia e Spagna sono molto più contenuti rispetto a uno o due anni fa. Ci sono dei segnali positivi in termini di ripresa e alcuni dei Paesi periferici stanno recuperando competitività. In ogni caso, c’è ancora molto lavoro da fare. La crescita sarà anemica a causa di vari fattori: il credit crunch, l’euro troppo forte, i debiti pubblici troppo alti, la disoccupazione elevata e i progressi limitati verso l’unione bancaria, che dovrebbe trasformarsi anche in unione fiscale, economica e politica”.

Sul fronte valutario, Roubini si aspetta che “quest’anno l’euro si deprezzi gradualmente rispetto al dollaro, da una parte per la crescita degli Stati Uniti, che sarà superiore a quella dell’Eurozona (2,5/3% contro circa 1%), dall’altra per il tapering progressivo della Fed. Ci sono inoltre delle aspettative su ulteriori azioni calmieranti da parte della Bce: un nuovo taglio dei tassi, altra liquidità alle banche o misure non standard per fronteggiare le pressioni disinflazionistiche o deflazionistiche”. 

In particolare, l’economista americano ritiene che la Bce “potrebbe portare in negativo i tassi sui depositi, in modo da sostenere il credito in favore del settore privato, soprattutto per le piccole e medie imprese. Il credit crunch peggiorerà prima di tornare a migliorare, per  questo una delle azioni che la Bce dovrebbe mettere in campo è una forma di credit easing alle banche. E’ poi già in corso un dibattito sulla possibilità di modificare entro la fine di quest’anno gli acquisti di bond governativi da parte della Bce. E’ un opzione che resta sul tavolo, e certamente aiuterebbe a ridurre il valore dell’euro, attualmente troppo elevato”.

MERCATI EMERGENTI E GIAPPONE

Anche sul versante dei mercati emergenti, Roubini è tutt’altro che pessimista: “La pressione sulla maggior parte di questi Paesi – spiega –è riconducibile a fattori esterni (il tapering della Fed, il rallentamento della Cina e la caduta del prezzo delle materie prime), ma anche interni. Quando la liquidità era alta, il denaro affluiva facilmente verso i mercati emergenti e le politiche di questi Paesi a livello monetario, fiscale e creditizio sono diventate troppo blande. Alcuni, inoltre, non hanno messo in campo riforme strutturali orientate verso il mercato, basando la loro crescita su un eccessivo intervento dello Stato a favore delle imprese”.

In particolare, “India, Indonesia, Turchia, Brasile e Sud Africa devono far fronte a un rallentamento della crescita insieme alla risalita dell’inflazione – continua Roubini –, ma hanno già fatto alcuni aggiustamenti a livello monetario e fiscale, stabilizzando la situazione sul mercato dei bond. Ci sono invece altri Paesi emergenti che devono fronteggiare una diversa combinazione di problemi (incertezze politiche e economiche allo stesso tempo), come l’Argentina, il Venezuela, l’Ucraina, l’Ungheria, la Russia e la Tailandia. Io però sono ancora ottimista, la maggior parte di questi Paesi ha tassi di cambio flessibili e un debito pubblico basso (anche se in crescita), quindi non c’è il rischio di una crisi d’insolvenza. Alcuni dovranno fare delle riforme per incrementare la crescita, ma sul lungo periodo i mercati emergenti continueranno a rappresentare una forza più che positiva per l’economia mondiale”.

Un caso diverso è quello del Giappone, dove, secondo Roubini, “i primi segnali in arrivo dall’Abenomics sono positivi: è riuscita a sostenere la crescita, a indebolire lo yen e a fermare la deflazione, aumentando la fiducia dei mercati. Ora è necessaria una seconda fase d’azione sul fronte fiscale, aumentando le tasse sul consumo per rendere sostenibile il deficit e il debito. Bisogna però fare in modo che le riforme fiscali non affossino la ripresa. Per questa ragione è probabile che la Bank of Japan debba incrementare il proprio quantitative easing”.      

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