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Elezioni Usa: l’incertezza del voto e i rischi del dopo

Tre presidenti per una sola poltrona che scotta sempre di più. Non solo sulle elezioni è piombata la “sorpresa di ottobre” con il test positivo di Donald Trump al Covid-19 ma sull’esito del voto pende l’incognita del riconoscimento da parte dello sconfitto. E se The Donald rifiutasse davvero di riconoscere Joe Biden? Ecco gli scenari possibili

Elezioni Usa: l’incertezza del voto e i rischi del dopo

Nel sistema che regola l’elezione del presidente degli Stati Uniti esiste una clausola piuttosto stravagante, che molti considerano una vera e propria falla costituzionale in una delle più antiche e solide democrazie del mondo. Un candidato per essere eletto presidente deve ottenere il riconoscimento dello sconfitto. Senza questo atto di concessione da parte dello sfidante, un presidente non può occupare lo studio ovale alla Casa Bianca.

In genere il concedere la vittoria altrui avviene con una telefonata subito dopo lo scrutinio dei voti o anche prima che siano terminati, quando il risultato è evidente. Ci sono stati solo due casi nella storia degli Stati Uniti in cui un candidato non ha espresso l’atto di concedere durante la notte delle elezioni.

Il sistema istituzionale americano, che è alquanto diverso dal nostro, è spiegato molto bene in un libro dello storico Stefano Luconi, che appunto occupa la cattedra di storia degli Stati Uniti all’Università di Padova.

Come sappiamo gli Stati Uniti sono uno stato federale e non è il voto popolare dell’intera nazione che decide l’esito delle elezioni presidenziali, ma il voto dei grandi elettori di ogni singolo stato. Il candidato che supera di un voto l’avversario prende l’intero pacchetto di grandi elettori di uno Stato. Nelle elezioni del 2016 è stata la Clinton ad aggiudicarsi il voto popolare, ma la presidenza è andata a Trump.

L’esito delle elezioni di novembre 2020 è molto incerto soprattutto in alcuni stati in bilico, come la Pennsylvania, dove si profila un testa a testa separato da una manciata di voti.

Se uno dei candidati rifiuta di accettare l’esito del primo spoglio delle schede e quindi di concedere la propria sconfitta nello Stato, si potrebbe aprire una crisi istituzionale piuttosto seria. Trump ha già fatto dei riferimenti espliciti alla possibilità di brogli sul voto postale.

Due giornalisti del “Financial Times”, Katrina Manson e Kadhim Shubber, hanno provato a delineare i possibili scenari del dopo-voto presidenziale. Ecco le loro considerazioni. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una crisi costituzionale negli Stati Uniti d’America.

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Uno scenario da incubo

Mentre gli americani si preparano a votare alle elezioni presidenziale, si profila uno scenario da incubo. Questo: che cosa succederebbe se Donald Trump perdesse la presidenza ma si rifiutasse di accettare la sconfitta?

Trump ha ripetutamente rifiutato di impegnarsi ad accettare l’esito delle elezioni, ha previsto diffusi brogli e ha sostenuto che il voto per corrispondenza — che dovrebbe aumentare a causa della pandemia di coronavirus — potrebbero non essere scrutinato “per mesi o per anni”.

Il suo rivale democratico Joe Biden ha accusato Trump di voler defraudare le elezioni e ha dipinto uno scenario nel quale l’esercito potrebbe scortarlo fuori dalla Casa Bianca in caso di rifiuto a lasciarla.

Con prospettive simili, potrebbe esserci una crisi costituzionale sullo sfondo di violenti disordini nelle strade — qualcosa che si è visto in diverse città americane negli ultimi mesi dopo l’uccisione di Floyd.

Un test esistenziale

A quel punto la Corte Suprema e il Congresso potrebbero giocare un ruolo nel determinare chi occuperà lo Studio ovale. Ma i costituzionalisti sottolineano che l’esito di un’elezione contestata dovrebbe essere affidata al buon senso e alla volontà di raggiungere un compromesso.

In sintesi, un candidato e il suo partito dovrebbero accettare di aver perso.

Edward Foley, professore all’Ohio State University che ha studiato le vulnerabilità del sistema elettorale americano, nota che entrambe le parti hanno definito l’elezione come un test esistenziale per il Paese; una posizione che “rende difficile concedere la sconfitta”.

Molto dipende dal carattere e dai calcoli di Trump e di Biden, anche se nessuno dei due potrebbe contestare le elezioni senza l’appoggio della macchina dello Stato e del proprio partito a livello federale.

“Il candidato non può semplicemente creare una crisi da solo”, ha detto Foley. “Ha bisogno di coinvolgere alcuni soggetti istituzionali del sistema per sostenere le proprie mosse”.

Il precedente

Non sarebbe la prima volta nella storia recente che la classe politica degli Stati Uniti si è trovato in una controversia legale il giorno successivo alle elezioni. Nel 2000, le disputa giudiziaria tra George W. Bush e Al Gore, per il conteggio dei voti in Florida, si è gonfiata fino ad arrivare alla Corte Suprema, che ha deciso in favore di Bush fermando il riconteggio dei voti. Gore ha accettato il verdetto della Corte Suprema, piuttosto che portare la disputa al Congresso.

David Boies, che si è battuto per Gore alla Corte Suprema, ha dichiarato di ritenere improbabile che la massima corte americana intervenga di nuovo per decidere l’esito delle elezioni.

“Se lo facessero, credo che molti, me compreso, esorterebbero Biden a portare il caso al Congresso”, ha detto. Secondo la costituzione è il Congresso che ha la responsabilità di contare i voti dei collegi elettorali.

Le possibili tre fasi della crisi

Qualsiasi disputa elettorale si svolgerà probabilmente in tre fasi a partire dal giorno dopo le votazioni. Gli Stati hanno tempo fino all’8 dicembre per risolvere eventuali controversie sul voto, con i grandi elettori che voteranno il presidente il 14 dicembre.

L’ appena eletto Congresso si riunirà il 6 gennaio in una sessione congiunta guidata da Mike Pence, il vice-presidente in carica, che è anche presidente del Senato.

Se non ci fosse ancora un accordo, gli Stati Uniti si troverebbero in una terza fase, profondamente destabilizzante, simile a quella verificatasi nelle contestate elezioni del 1876, quando diversi Stati inviarono al Congresso grandi elettori concorrenti e la crisi fu risolta solo due giorni prima dell’inaugurazione.

La legge sul conteggio elettorale del 1887 cercò di evitare il ripetersi di un tale caos, ma i partiti politici di oggi potrebbero interpretarla in modo differente.

Se il 20 gennaio non c’è un presidente

Nel caso in cui il 20 gennaio 2021, il giorno dell’inaugurazione, non fosse stato scelto alcun presidente, un presidente ad interim svolgerebbe il ruolo di “custode”. Secondo le leggi sulla successione, si tratterebbe di Nancy Pelosi, Presidente della Camera ed esponente del partito democratico, se dovesse ancora mantenere la sua posizione di leader della Camera dei rappresentanti.

Ma sia i Repubblicani che i Democratici potrebbero entrambi sostenere che il loro candidato è il vincitore, il che significa che la Pelosi non sarebbe nelle condizioni di salire in carica. La determinazione del risultato in uno scenario senza precedenti dipenderebbe da pressioni politiche e popolari e, in ultima analisi, da un compromesso.

“Questo processo dipende in larga misura dalla buona fede dei partecipanti, compreso il Congresso, se mai si arriverà a quel punto”, ha detto George Terwilliger, un avvocato di punta del team Bush nella disputa con Al Gore nel 2000.

“Penso che ci saranno conseguenze politiche per le persone che antepongono il loro interesse politico al benessere della nazione”, ha aggiunto.

Il rischio di disordini

Si teme che una tale incertezza a fronte delle grandi aspettative di vittoria di entrambe le parti rischi di creare disordini civili; rischio che, a sua volta, aumenta la pressione sulle parti. Potrebbe anche mettere i militari contro i manifestanti civili.

“I leader stanno già pensando a potenziali di disordini”, ha dichiarato un ex alto ufficiale militare in contatto con i importanti funzionari del Pentagono.

La dirigenza del Pentagono insiste sul fatto che l’esercito americano non ha alcun ruolo da svolgere in qualsiasi disputa elettorale e ha apertamente scoraggiato Trump dall’invocare l’Insurrection Act del 1807, che gli avrebbe dato l’autorità di dispiegare truppe per reprimere qualsiasi disordine civile.

Il ruolo dell’esercito

Il generale Milley, che è consigliere militare di Trump e presidente dei Capi di Stato Maggiore delle forze armate, ha dichiarato pubblicamente che non avrebbe eseguito alcun ordine illegale, in riferimento all’Insurrection Act. A giugno, si è scusato per essere apparso al fianco del presidente in divisa da battaglia dopo che dei manifestanti pacifici erano stati allontanati con la forza dalle adiacenze della Casa Bianca.

In una risposta scritta a due membri democratici del comitato delle forze armate della Casa Bianca, Milley ha respinto l’idea che i militari possano avere un ruolo in una controversia sulla presidenza, dicendo che spetta ai tribunali e al Congresso risolvere qualsiasi problema del genere.

“Io, insieme a tutto l’esercito, seguirò gli ordini legittimi del presidente legittimo degli Stati Uniti, come stabilito dalla legge”, ha detto il generale Milley, aggiungendo che la legge prevede che ci possa essere un solo presidente legittimo alla volta.

Mark Esper, il segretario della difesa, non ha affrontato la questione. A giugno, si è scusato per aver definito il territorio americano come “spazio di battaglia”, e ha scatenato l’ira di Trump per aver contestato la legittimità nell’invocare dell’Insurrection Act.

Caos costituzionale: possibili scenari

3 novembre: la Pennsylvania è il “punto critico”

In una possibile crisi elettorale, lo stato in bilico della Pennsylvania, con il suo governatore democratico e il parlamento repubblicano, diventa la chiave per la Casa Bianca. La Pennsylvania è stata cruciale per la vittoria di Trump nel 2016 e sarà difficile determinare un vincitore netto nella notte delle elezioni del 2020. Se Biden prendesse i 20 grandi elettori dello Stato, si assicurerebbe la presidenza. Se fosse Trump a prevalere, ci saranno altri quattro anni per lui.

Se non c’è un vincitore netto in Pennsylvania, si potrebbe verificare questo scenario.

Trump dichiara la vittoria, ma Biden, sollecitato dai propri consiglieri a mantenere il sangue freddo, dichiara non chiusa la competizione ed esprime la fiducia che un ri-conteggio completo dimostrerà che il vincitore è lui.

Lo stretto margine di Trump si erode man mano che si spogliano le schede per corrispondenza. Mentre avviene il ri-conteggio, Trump inizia un’azione legale per fermarlo, sostenendo che le schede per posta sono fraudolente. La battaglia legale si indirizza verso la Corte Suprema degli Stati Uniti, che, a sua volta, rifiuta di ordinare la sospensione del conteggio.

8 dicembre

L’8 dicembre è il termine per la risoluzione delle dispute ai sensi della legge sul conteggio elettorale del 1887. Biden ha un vantaggio ristretto e i funzionari dello Stato a guida democratica lo dichiarano vincitore.

Trump concede?

: I repubblicani non sono disposti a far sprofondare il Paese in una crisi senza precedenti. Inoltre, hanno mantenuto la maggioranza al Senato, che è un potente strumento di controllo della presidenza di Biden. Biden, a questo punto, vince.

No: Trump, con l’appoggio del partito, dichiara di portare la lotta elettorale al Congresso, che, secondo la costituzione, ha la responsabilità di contare i voti dei collegi elettorali.

14 dicembre

Il 14 dicembre, i voti dei collegi elettorali devono essere espressi dai cosiddetti grandi elettori, gruppi che rappresentano ogni stato e che sono in genere composti da leader di partito, amministratori locali eletti o attivisti.

Secondo la legge elettorale della Pennsylvania, il governatore ha la responsabilità di firmare e trasmettere i voti degli elettori dello Stato.

Il governatore firma i voti degli elettori democratici che sostengono Biden in linea con il risultato del voto popolare e li trasmette al Congresso.

Gli elettori del Partito repubblicano votano separatamente per Trump su consenso del Parlamento dello Stato controllato dai repubblicani, che, a sua volta, trasmette al Congresso questi voti concorrenti, in forza l’articolo 2 della costituzione.

6 gennaio

La Camera e il Senato appena eletti si riuniscono per contare i voti dei collegi elettorali.

Mike Pence, in qualità di presidente del Senato, supervisiona il conteggio come stabilito dalla costituzione.

Quando si arriva alla Pennsylvania, la Camera controllata dai Democratici e il Senato controllato dai Repubblicani si dividono su quali voti ritenere validi.

Pence rivendica l’autorità costituzionale di rompere l’impasse e decreta che i voti presentati dagli elettori repubblicani sono quelli legittimi, suscitando l’indignazione dei Democratici, che iniziano l’ostruzionismo.

Democratici e repubblicani concordano sul fatto che nessun candidato è stato eletto presidente

Se succede: La costituzione e la legge federale sulla successione richiedono che il leader di maggioranza della Camera dei rappresentanti, la democratica Nancy Pelosi, diventi presidente ad interim se nessun presidente e nessun vicepresidente è stato scelto entro il giorno dell’inaugurazione.

Se c’è l’accordo su Pelosi tutto questo accadrà il 20 gennaio 2021.

Se non succede: Pence e i repubblicani del Congresso completano il conteggio dei collegi elettorali in assenza dei rappresentanti democratici, registrando i voti della Pennsylvania a Trump, dichiarandolo presidente, con Pence come vice-presidente. I Democratici si uniscono nell’opposizione, dicendo che Trump ha effettuato un colpo di stato.

Se gli Stati Uniti si avvicinano al giorno dell’insediamento senza una soluzione per la Presidenza.

Trump, Biden e Pelosi sono di fatto tre presidenti.

Interverrà Corte Suprema?

: Alla corte viene chiesto di decidere sulla scelta del presidente e anche sulla situazione dei voti della Pennsylvania. La decisione della Corte pone fine all’incertezza giuridica sulla successione. Vince Trump o Biden, oppure Pelosi diventa presidente ad interim.

No: I giudici considerano la controversia come intrinsecamente politica e non adatta alla decisione di un tribunale, soprattutto quando una decisione 5-4 lungo linee politiche ben definite potrebbe infiammare piuttosto che spegnere le tensioni.

20 gennaio, giorno dell’inaugurazione

Non c’è consenso su chi sia il presidente. Trump rimane alla Casa Bianca. Il suo primo mandato termina, come richiesto dalla Costituzione. Dalla Casa Bianca, però, Trump afferma che inizia il suo secondo mandato.

A questo punto è vera crisi istituzionale.

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Fonte: Katrina Manson e Kadhim Shubber, What happens if Trump loses but refuses to concede?,Washington 14 settembre 2020

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