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Elezioni Catalogna: indipendentisti e unionisti allo scontro finale

Stavolta si tratta di elezioni vere, legali, indette dal Governo di Madrid dopo lo scioglimento delle istituzioni di Barcellona. Ma il loro risultato è all’insegna dell’incertezza. Ecco tutto ciò che c’è da sapere sul voto catalano.

Elezioni Catalogna: indipendentisti e unionisti allo scontro finale

La Catalogna torna alle urne. Giovedì 21 dicembre i catalani voteranno per rinnovare il parlamento regionale. Stavolta si tratta di elezioni vere, legali, indette dal Governo di Madrid dopo lo scioglimento delle istituzioni di Barcellona stabilito in seguito alla dichiarazione unilaterale di indipendenza presentata dalla Generalitat guidata da Carles Puigdemont, autoesiliatosi in Belgio e sulle cui spalle pende ancora un mandato d’arresto.

CATALOGNA: RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Sono due le date fondamentali che hanno condotto la comunità autonoma più ricca e rinomata della Spagna (o forse ormai sarebbe opportuno utilizzare il passato) verso questa nuova tornata elettorale, anche se la storia che ha portato Barcellona verso l’indipendenza è ben più lunga:

  • 1°ottobre 2017: il giorno in cui si è tenuto l’ormai celeberrimo referendum sull’indipendenza della Catalogna. Una consultazione considerata illegale dal Governo di Madrid e dai giudici spagnoli, durante la quale si sono verificati episodi di violenza che hanno scandalizzato il mondo.
  • 27 ottobre 2017: dopo settimane di muro contro muro tra Madrid e Barcellona, il Parlament de Catalunya ha la dichiarazione d’indipendenza scatenando l’immediata reazione del Governo centrale che ha deciso per la prima volta nella storia iberica di applicare l’articolo 155 della Costituzione. Parlamento sciolto e Governo regionale destituito.

Tre giorni dopo a reagire con durezza è stata la procura generale spagnola che ha accusato i fautori dell’indipendenza di ribellione e sedizioni. Alcuni di loro, come l’ex vicepresidente Oriol Junqueras, si trovano in carcere in attesa di processo. Altri, come l’ex presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, sono in Belgio. Il paradosso però risiede nel fatto che entrambi i leader sono candidati alla presidenza della regione e in caso di vittoria probabilmente avranno qualche “piccola difficoltà” ad esercitare il loro ruolo. Un esempio? Nel momento in cui Puigdemont rimetterà piede sul suolo spagnolo troverà ad aspettarlo la polizia, pronta ad arrestarlo immediatamente.

CATALOGNA VERSO IL TRACOLLO ECONOMICO

Come ampiamente previsto, le vicissitudini politiche degli ultimi mesi hanno avuto delle ripercussioni sulla tenuta dell’economia regionale che, da sola, vale il 20% del Pil spagnolo e il 23% della produzione industriale.

Dal 1°ottobre ad oggi, in base ai dati forniti dal Colegio de Registradores, sono più di tremila le imprese che hanno deciso di spostare la propria sede legale fuori dai confini catalani e più di mille quelle che hanno cambiato domicilio fiscale. Tra esse figurano aziende del calibro di Abertis, Sabadell, CaixaBank, eDreams. In totale i “colossi fuggiti” sono 62, con un impatto diretto sul Prodotto Interno lordo regionale pari a 11,5 miliardi di euro.

L’inevitabile rallentamento dell’economia catalana avrà delle conseguenze per l’intero Paese. La Banca Centrale spagnola ha infatti tagliato le stime di crescita per i prossimi anni dello 0,1% al 2,4% e al 2,1%. Tra le cause della riduzione c’è proprio il caos catalano.

CATALOGNA: LE ELEZIONI DEL 21 DICEMBRE

Questo il clima, abbastanza surreale, in cui si svolgeranno le elezioni catalane di giovedì 21 dicembre, una chiamata alle urne caratterizzata ancora una volta da una profonda incertezza.

I fronti che si contrapponevano fino al 27 ottobre non ci sono più, ma ciò che tutti aspettano di vedere è chi prevarrà nello scontro tra indipendentisti e unionionisti.

Saranno in tutto sette i partiti in corsa e nessuno di loro sembra avere la possibilità di superare il trenta percento dei voti. Nonostante ciò gli occhi saranno puntati in particolare sulle tre forze politiche maggiormente quotate:

  • Esquerra Republicana (ERC), il partito di sinistra indipendentista guidato dall’ex vicepresidente Oriol Junqueras (in carcere).
  • Junts per Catalunya (JxCat), di Carles Puigdemont (in Belgio) e sostenuta dal partito indipendentista di centrodestra PDeCAT;  
  • Ciutadans, sezione catalana di Ciudadanos, forza politica di centrodestra e unionista.

Gli altri partiti candidati sono il Partito Popolare catalano (PPC), il Partito Socialista catalano (PSC), Catalunya en Comú ( il Podemos catalano) e gli ormai celeberrimi rappresentanti della Cup. I primi tre sono anti-indipendentisti, il quarto rappresenta forse la frangia più estrema dell’indipendentismo.

CATALOGNA: I SONDAGGI

Come detto in precedenza, in base ai sondaggi nessuno dei partiti candidati arriverà al 30%. Secondo le rilevazioni pubblicate subito prima dell’inizio del “silenzio elettorale”, gli indipendentisti potrebbero ottenere una manciata di seggi in più degli unionisti: ma in generale il prossimo Parlamento catalano potrebbe essere uno dei più frammentati di sempre.

Una media dei sondaggi effettuata dal quotidiano El Pais, indica che i seggi potrebbero essere così distribuiti:

  • ERC: 33,
  • Ciutadans: 32,
  • Junts per Catalunya: 27,
  • Partito socialista catalano: 20,
  • CeC-Podem: 9,
  • Candidatura di unità popolare (CUP): 8,
  • Partito popolare: 6.

CATALOGNA: GLI SCENARI POST VOTO

Numeri alla mano dunque, nel caso in cui i sondaggi venissero confermati, la vittoria degli indipendentisti non è assolutamente da escludere il che aprirebbe uno scenario piuttosto confuso sia sui rapporti di forza tra i vari partiti sia sul presidente, considerando le vicissitudini politico-giudiziarie dei leader di ERC e Junts per Catalunya.

La domanda che tutti si pongono però è ovviamente sempre la stessa: in caso di conferma, i secessionisti  continueranno a spingere sull’indipendenza? Probabilmente no, date le mezze frasi pronunciate da Junqueras e Puigdemont su una “dichiarazione affrettata”. In questo caso però la maggioranza potrebbe essere in pericolo, dato che la CUP non ha intenzione di fare nemmeno un passo indietro. Se invece la risposta risposta affermativa si potrebbe riaprire un circolo vizioso senza fine, anche perché Rajoy ha affermato velatamente in più occasioni che l’articolo 155 sarà revocato solo se gli indipendentisti perderanno.

In caso di vittoria unionista però, lo scenario potrebbe non essere meno complicato. Il partito più forte è Ciutadans di Inés Arrimadas, che potrebbe ricevere l’appoggio del Partito Popolare ma non quello dei socialisti e del CeC.

A questo punto occorrerà tenere sott’occhio Miquel Iceta, numero uno del Partito Socialista Catalano, nome intorno al quale in base a quanto affermato dai giornali iberici, potrebbe formarsi un governo di minoranza anti indipendentista.

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