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E-learning, il boom nel lockdown e il No di Sandel

Durante il lockdown i corsi universitari online e le piattaforme che li distribuiscono come Coursera hanno avuto un grande successo ma a sorpresa il celebre filosofo americano Michael Sandel s’è rifiutato di pubblicare nuovi corsi online: perchè? Un nuovo libro di tre professori di Amsterdam, edito da Guerini, esplora a fondo il modello didattico e di business di Coursera e ne escono molte sorprese

E-learning, il boom nel lockdown e il No di Sandel

Il no di Michael Sandel

Durante il lockdown, il noto filosofo di Harvard, Michael Sandel, ha nettamente declinato la proposta di pubblicare online dei nuovi corsi Moocs (Massive online open courses). Un’attività nei confronti della quale Sandel non aveva avuto in passato particolari problemi a conciliarlo con il nocciolo del suo pensiero morale, cioè la questione della giustizia.

Seppur gratuiti e accessibili a tutti, in un momento così delicato per la scuola e l’università, l’incremento dell’offerta Moocs avrebbe potuto danneggiare l’istruzione tradizionale, già messa a dura prova dalla pandemia.

Questa è la ragione per cui Sandel, una vera e propria celebrity grazie anche all’online, ha declinato l’offerta di tenerne di nuovi. In realtà esiste una concorrenza sottile, da cui potrebbero nascere dei conflitti aperti, tra l’istruzione universitaria tradizionale e la “nuova” istruzione rappresentata dai Moocs e dalle piattaforme didattiche online.

Il boom dell’editech

In effetti il costo crescente dei tradizionali corsi di laurea, negli Stati Uniti, e anche in Europa, offre un varco consistente ai Moocs e alle piattaforme online. Se includiamo il costo della vita, un corso di laurea di quattro anni può esigere, particolarmente da uno studente fuorisede, qualche centinaia di migliaia di euro. Le nuove piattaforme didattiche sono più economiche. Con le università chiuse, l’e-learning sta beneficiando di un boom che nessuno si aspettava veder arrivare con queste tempistiche.

Le startup americane di edtech hanno raccolto la cifra record di 1,7 miliardi di dollari l’anno scorso. Quest’anno potrebbero tranquillamente superare questa già cospicua raccolta, secondo il “Financial Times”.

Il quotidiano finanziario di Londra cita alcuni esempi significativi. Tra questi MasterClass di San Francisco che ha già raccolto 100 milioni di dollari. Un ibrido tra i Ted Talks e la Open University, MasterClass offre migliaia di lezione prodotte dalle “ottanta migliori menti mondiali” (così dice la pubblicità) per 16,67 dollari al mese (neanche 200 dollari all’anno).

Riferisce ancora il “Financial Times”, citando una fonte attendibile, che un laureando su tre negli Stati Uniti frequenta almeno un corso online. Il gruppo in crescita più rapida è costituito da persone adulte. Molte di loro hanno bisogno di maggiore flessibilità di quella offerta da un corso di laurea quadriennale. Circa il 15% degli studenti studia interamente online, sempre secondo la fonte riferita dal “FT”.

Una gara difficile

Non è che sia una grande sorpresa. Per quasi un decennio i Moocs, sono stati visti come il futuro dell’istruzione. I corsi sono in genere gratuiti, ma le certificazioni sono a pagamento. Negli Stati Uniti, in media, i crediti universitari costano poco meno di 600 dollari per ora. Coursera offre un diploma di laurea di un’università americana per 330 dollari all’ora di accreditamento. Un piano simile di edX costa meno di 200 dollari. Outlier, creato dal co-fondatore di MasterClass Aaron Rasmussen, costa 400 dollari.

Eppure i fornitori Moocs, come Coursera non sono mai riusciti a competere davvero in termini di prestigio e di opportunità di networking con le università tradizionali. Molti individuano la ragione di questa incapacità nel fatto che i corsi Moocs, alla fine, sono troppo noiosi da seguire fino in fondo e metodicamente. L’analisi dei corsi tenuti su edX dal MIT e da Harvard ha mostrato che solo il 3% dei partecipanti li ha completati nell’anno 2017/18.

Il modello didattico e di business di Coursera è stato studiato da tre professori dell’università di Amsterdam (Josf Van Dijck, Thomas Poell e Martijn De Waal) e riferito in un capitolo del loro bel libro Platform Society. Valori pubblici e società connessa, adesso disponibile anche in Italiano grazie a Guerini e Associati.

Siamo lieti di offrirvi, di seguito, l’estratto integrale che tratta proprio del modello di Moocs messo in piedi da Coursera.

L’impatto dei Moocs

La piattaformizzazione dell’istruzione universitaria si è manifestata in varie forme; una delle prime è stata la rapida affermazione dei Mooc. Questi popolari strumenti per l’apprendimento online sono stati inizialmente promossi come le alternative future, o addirittura i sostituti, dell’istruzione universitaria.

Dalla loro comparsa, nel 2012, piattaforme con sede negli Stati Uniti come Coursera, edX e Udacity si sono posizionate come imprese globali, alcune basate su modelli profit e altre gestite come collaborazioni no profit tra università e aziende hi-tech.

I Mooc non sono spuntati dal nulla, ma si inseriscono in una lunga tradizione di apprendimento a distanza, e più tardi di e-learning, negli Stati Uniti e nel continente europeo. Tra il 2013 e il 2015, l’interesse globale per i Mooc è aumentato perché ciascuno di essi è riuscito a occupare una precisa nicchia di mercato. Anche se la fama dei Mooc può sembrare ormai un po’ sbiadita, i loro effetti sull’istruzione universitaria come mercato globale online continuano a farsi sentire negli Stati Uniti e in Europa.

La learnification

Approfondiremo il caso di Coursera, una piattaforma profit fondata nel 2012 a Stanford che ha proposto migliaia di corsi online a studenti di tutto il mondo[1]. Coursera utilizza molti dei meccanismi di datificazione e selezione già descritti; la piattaforma aderisce anche ai principi della learnification e mette in atto strategie di apprendimento personalizzato basate sull’analisi predittiva.

In un articolo precedente abbiamo descritto in dettaglio come i meccanismi della datificazione e della personalizzazione stiano guidando lo sviluppo dei Mooc online. Ai fini di questo capitolo, ci concentreremo sul meccanismo della mercificazione, che è alla base del modello di business di Coursera.

L’offerta di Coursera

Analogamente a Facebook, Google e altre importanti piattaforme, Coursera offre per lo più contenuti gratuiti per gli utenti finali; gli studenti possono iscriversi e seguire lezioni videoregistrate, svolgere esercizi online e sostenere dei test.

Lo scopo di Coursera è quello di connettere i contenuti didattici a un pubblico di massa su scala globale. Acquisire utenti è fondamentale per ottenere effetti di rete; i Mooc hanno quindi uno specifico interesse ad attirare un ingente numero di partecipanti per estrarre grandi set di dati e numerosi profili di studenti.

Più (meta)dati si raccolgono, più si impara a conoscere i propri utenti. Ma come fa Coursera a ricavare profitti dalle proprie attività?

I Mooc sono gratuiti per gli utenti finali, ma non sono economici. Negli ultimi anni Coursera ha sperimentato vari modelli di business e sta tuttora perfezionando i suoi sistemi di monetizzazione.

Le entrate della piattaforma si devono in prima battuta agli investimenti delle università e dei college con cui essa collabora.

Il modello didattico tradizionale

È interessante confrontare il modello di business di Coursera con quello delle istituzioni tradizionali — università pubbliche e private — che offrono un’esperienza formativa «a pacchetto» (bundled). Questa esperienza è comprensiva di aule per la didattica, servizi, biblioteche e corsi intensivi che prevedono certificazione, orientamento, tutoraggio e verifiche.

Per questo pacchetto all-inclusive, gli studenti pagano tasse di iscrizione e rette; nel caso dell’istruzione pubblica, sono i contribuenti a finanziare le istituzioni in modo che l’istruzione universitaria abbia un costo ragionevole e sia accessibile per la maggior parte dei cittadini.

Il modello tradizionale di business delle università riflette una concezione dell’istruzione accademica come esperienza formativa globale, basata su percorsi di studio imperniati sulla Bildung; più che sfornare lavoratori altamente specializzati, l’istruzione pubblica promuove la formazione di cittadini consapevoli e critici, una precondizione per la buona salute delle democrazie.

La maggior parte delle istituzioni accademiche è tuttora incentrata sul principio dei diploma basato sul curriculum formativo o sui corsi di laurea, anche se molte università offrono anche corsi singoli attraverso moduli di approfondimento o programmi ad hoc per specifici gruppi di studenti.

Il modello didattico dei Moocs

Nel caso delle piattaforme Mooc al centro dell’istruzione non c’è la Bildung ma l’apprendimento; l’unità di base del business non è il piano di studi ma un singolo corso: una singola unità che può essere «scorporata» (unbundled) e «ricomposta» (rebundled) in un «prodotto» online proposto al di fuori di un contesto universitario locale e destinato a un pubblico diffuso in tutto il mondo.

Il modello di Coursera è in linea con il modo in cui «connettori» come Facebook e Google promuovono il «frazionamento» (un­bundling) dei contenuti delle news: gli articoli e le inserzioni pubblicitarie non sono più proposti come un pacchetto (il giornale) ma sono redistribuiti attraverso gli Instant Articles di Facebook, il News Feed e Google News.

Come nel caso della produzione delle notizie, Coursera si pone come «connettore» in un multisided market, in grado di collegare contenuti, studenti e terze parti.

Chi paga il gratis?

Ma chi paga per il prodotto on­line? I contenuti sono prodotti e pagati dalle università consorziate con Coursera; le università di solito retribuiscono i docenti che sviluppano i contenuti dei corsi e i tutor che gestiscono i feedback e le richieste degli studenti.

Università e docenti fungono dunque da imprese complementari di questi «connettori» online. In collaborazione con le piattaforme, le università possono scegliere di offrire gratuitamente alcuni corsi online chiedendo agli studenti di pagare per ulteriori contenuti. Se le università impongono tasse di iscrizione devono condividere le entrate con la piattaforma.

Le università, in altre parole, investono considerevolmente nel modello di business di Coursera coprendo i costi dei contenuti e della didattica, mentre la piattaforma riceve un compenso per i suoi «servizi di connessione».

Proprio come Uber non possiede automobili e non assume autisti, Coursera non impiega docenti e non è proprietaria di edifici scolastici.

L’attività premium

Anche se il modello «free» domina il mercato dei Mooc, la versione premium arricchisce l’opzione gratuita con servizi extra a pagamento come le cosiddette «signature track», che prevedono il versamento di una quota per gli attestati di fine corso, gli esami svolti sotto supervisione e la verifica dell’identità.

Gli esami svolti sotto supervisione e i titoli riconosciuti si sono progressivamente trasformati in unità — potenzialmente redditizie — che possono essere commercializzate a livello globale.

Queste micro-lauree o nano-lauree sono sempre più diffuse, in particolare nei settori in cui si rivolgono a professionisti che intendono acquisire competenze specifiche.

Quello a cui si assiste negli Stati Uniti è un gioco di squadra tra piattaforme didattiche e aziende hi-tech per addestrare una forza lavoro qualificata: Coursera, in collaborazione con Google, Instagram e altri, offre i cosiddetti progetti capstone (di «coronamento conclusivo»), e cioè stage online in cui gli studenti ricevono dalle aziende compiti per sviluppare competenze tecnologiche e di marketing.

Oltre al lavoro svolto in questi progetti, i dati raccolti nel corso del processo di apprendimento degli studenti sono di grande interesse per le aziende in cerca di futuri dipendenti.

La vendita di dati

Probabilmente il modello di business più redditizio per i contenuti didattici online è quello che prevede la raccolta e la vendita dei dati degli utenti.

La proposta di valore di Coursera è in linea con quella della maggior parte delle piattaforme dei social media: il profitto si ottiene sfruttando il valore che hanno i dati per le terze parti interessate. Ogni utente che si iscrive alla piattaforma spunta una casella che consente a Coursera di raccogliere tutti i suoi dati.

Al momento non è chiaro in che modo Coursera monetizzi questa enorme quantità di dati. L’inserimento di annunci pubblicitari nei contenuti online è un’opzione ancora non utilizzata, ma potrebbe rappresentare una proposta di valore redditizia nel futuro; Coursera è già completamente integrata nell’ecosistema di piattaforma in cui Facebook e Google controllano la pubblicità online.

Come abbiamo notato nell’esempio di AltSchool, il patrimonio di dati sui comportamenti di apprendimento raccolti dai corsisti può essere venduto a imprese che competono tra loro nella ricerca di talenti. I dati di apprendimento hanno un valore enorme; combinata con altri dati, come i profili personali sui social media o i dati sulla salute e sulla forma fisica, l’informazione personalizzata rappresenta una miniera d’oro non solo per i potenziali datori di lavoro, ma anche per le compagnie di assicurazione o per le aziende di beni di consumo.

La ridestinazione dei dati degli studenti negli Stati Uniti è in buona parte un’area legale grigia; nel caso di piattaforme come Coursera o altre Mooc le leggi sulla privacy appaiono obsolete e insufficienti.

L’appeal dei Moocs

Se guardiamo ai meccanismi sui quali poggia lo sviluppo dei Mooc non possiamo negare la loro forza dirompente nel panorama globale dell’istruzione accademica. In molti considerano la tendenza all’offerta di materiali didattici online personalizzati, datificati e su misura uno sviluppo positivo.

L’idea di proporre corsi on demand, svincolati da contesti istituzionali, rappresenta un modello molto attraente in un mondo in cui le competenze legate al lifelong learning sono sempre più importanti e l’istruzione universitaria di qualità, in particolare negli Stati Uniti, è diventata un privilegio cui molti aspirano, ma che pochi possono permettersi.

Più alto è il costo del «pacchetto completo» universitario, più diventa attraente la proposta «spacchettata» dei Mooc. Per chi non può iscriversi a un college tradizionale, l’alternativa di acquistare il «derivato» di una laurea molto ambita può essere davvero invitante.

Moocs vs istruzione pubblica?

Per quanto i Mooc possano essere complementari agli attuali corsi universitari e portare vantaggi a singoli studenti, nel lungo periodo potrebbero minare alcuni valori fondamentali del sistema pubblico collettivo.

Sebbene in pochi ritengano che le piattaforme Mooc costituiscano una minaccia per le istituzioni scolastiche «fisiche», è probabile che abbiano un forte impatto sull’istruzione in quanto parte integrante del settore pubblico, in particolare in Europa, dove l’istruzione pubblica è ancora considerata un importante contributo al bene comune.

Anche se è impossibile prevedere quanto a fondo le dinamiche della piattaformizzazione penetreranno nelle strutture tradizionali dell’istruzione universitaria, dall’analisi precedente derivano due possibili implicazioni. In primo luogo, le scuole e le università pubbliche hanno funzionato come grandi equilibratori, motori collaudati della mobilità verso l’alto grazie alla loro sostenibilità economica e alle politiche di pari opportunità di accesso.

In secondo luogo, se da un lato a scuole e università è stata garantita autonomia nella formulazione di percorsi formativi, la tutela degli standard dell’istruzione è sempre stata una questione di responsabilità pubblica, controllata e attuata da agenzie indipendenti.

La piattaformizzazione tende a stravolgere questi valori pubblici relativi alla parità nell’accesso, all’autonomia professionale e all’accountability.

Posizionamento sociale dei Moocs

Per iniziare dal primo, i Mooc sono spesso presentati come soluzioni hi-tech per un’istituzione pubblica in declino: un’istituzione che trascura gli studenti svantaggiati e poveri ed è diventata meno accessibile per gli studenti in difficoltà economica a causa dei suoi costi crescenti.

Coursera utilizza una retorica convincente per promuovere la potenzialità di scala della piattaforma che rende l’istruzione universitaria accessibile agli studenti meno abbienti di tutto il mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

Finora sono scarse le prove che i Mooc migliorino l’accessibilità o la sostenibilità economica dell’istruzione. In realtà i Mooc producono «nuovi rapporti nelle geometrie tra chi apprende, chi sviluppa i contenuti, l’erogazione e la valutazione» dell’istruzione.

Ma in un modo o nell’altro questa «nuova geometria» è fortemente dipendente dai contenuti di qualità forniti da docenti di qualità, che sono pagati dalle rette degli studenti e dalla tassazione generale.

La tesi più diffusa secondo cui il denaro necessario per ristrutturare le scuole pubbliche dovrebbe essere speso per scuole private e perfezionamenti hi-tech è diventata un argomento sempre più comune, in particolare negli Stati Uniti, dove sta determinando lo smantellamento del sistema pubblico.

L’autonomia professionlale dei docenti

Un altro valore pubblico in gioco è l’autonomia professionale dei docenti nel definire i propri contenuti in funzione di una piattaforma di distribuzione globale estremamente centralizzata e standardizzata.

La potenzialità di scala di Cousera è guidata da un modello di business commerciale, ma anche nel caso dei Mooc no profit la necessità di lavorare su scala globale incide profondamente sull’autonomia dei docenti di progettare corsi secondo i propri orientamenti formativi.

Per esempio, edX è la più grande impresa Mooc no profit. A differenza di Coursera, edX inizialmente ha resistito alla spinta dei venture capitalist a espandersi e fare rapidamente profitti, il che le ha permesso di concentrarsi sulla sperimentazione e la collaborazione con i docenti per sviluppare un ambiente online sostenibile.

Tuttavia ha dimostrato nel suo studio etnografico sulle pratiche di edX, nel giro di alcuni anni gli «architetti di edX» hanno aumentato le pressioni per accrescere la scalabilità della piattaforma e la standardizzazione globale.

Nel frattempo, gli educatori e le amministrazioni dei college coinvolti hanno assistito a un progressivo declino della propria «capacità di definire l’agenda e controllare la rotta del software»).

Gli architetti di sistema di edX ammettono di dover combattere con la duplice necessità di soddisfare i propri clienti e far fronte alle richieste della comunità più ampia (ad esempio la comunità open source e i ricercatori).

La questione dell’accountability

Infine, il terzo valore pubblico in discussione è l’accountability: il ruolo delle istituzioni indipendenti di accreditamento e certificazione nella tutela del valore di crediti formativi e titoli di studio.

In larga parte, la regolamentazione degli standard di qualità nell’istruzione è ancora gestita da agenzie nazionali e, soprattutto in Europa, da istituzioni governative soggette al controllo democratico.

La piattaformizzazione, in un mondo connesso, potrebbe comportare la privatizzazione dei sistemi di certificazione e di accreditamento.

Coursera per certi versi è interessata a definire standard internazionali per i crediti e gli esami; proprio come Facebook intende offrire uno standard per la verifica dell’identità, Coursera punta a conquistare la posizione di gatekeeping nel settore dell’accreditamento e della certificazione.

Dal momento che Coursera opera su scala globale mentre molti sistemi di accreditamento sono ancora disciplinati da agenzie nazionali o sovranazionali (europee), esiste un mercato potenzialmente in grado di generare profitti.

Uber e Airbnb hanno dimostrato di poter destabilizzare interi settori combattendo conflitti normativi sul piano nazionale o locale; predisponendo un proprio sistema di accreditamento, Coursera potrebbe tranquillamente eludere la normativa vigente e compromettere, di conseguenza, la governance del settore pubblico.

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