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Draghi: tagli intelligenti e meno tasse

Nelle ultime Considerazioni finali del Governatore una ricetta che assomiglia a un programma di governo. “Meno fisco e tagli intelligenti per tornare alla crescita”.

Draghi: tagli intelligenti e meno tasse

Ecco i punti essenziali delle Considerazioni finali tenute questa mattina da Mario Draghi, governatore uscente della Banca d’Italia, all’assemblea di via Nazionale. Per il Governatore si è trattato della sesta ed ultima relazione a palazzo Koch. Nella riunione dei capi di Stato e di Governo europei del 24-25 giugno, Draghi sarà designato nuovo presidente della Bce, dove a fine ottobre succederà a Jean Claude Trichet.

– “Il Paese è insabbiato, ma non in declino. Bisogna tornare a crescere. La discesa non è ineluttabile, i ritardi possono essere affrontati”.

“Già nel mio primo intervento pubblico da governatore, nel marzo del 2006, notavo come l’economia italiana apparisse insabbiata, ma che i suoi ritardi strutturali non andavano intesi quali segni di un declino ineluttabile: potevano essere affrontati, dandone conto con chiarezza alla collettività, anche quando le soluzioni fossero avverse agli interessi immediati di segmenti della società. Poche settimane dopo mi rivolsi a voi in questa sede con le parole di apertura ‘Tornare alla crescita’”.

– “Bene la manovra a giugno. Ma bisogna tagliare le tasse a lavoratori e imprese”.

“Appropriati sono l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014 e l’intenzione di anticipare a giugno la definizione della manovra correttiva per il 2013-14. Andrebbero ridotte in misura significativa le aliquote, elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’amministrazione fiscale ha recentemente conseguito”.

– “Ridurre la spesa del 5%, ma niente a tagli lineari: costerebbero 2 punti di Pil in 3 anni”.

“Lo sforzo che ci è richiesto è minore che in molti altri paesi avanzati. Senza sacrificare la spesa in conto capitale oltre quanto già previsto nello scenario tendenziale e senza aumentare le entrate, la spesa primaria corrente dovrà però ancora contrarsi, di oltre il 5% in termini reali nel triennio 2012-14, tornando, in rapporto al Pil, sul livello dell’inizio dello scorso decennio. Non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci. Una manovra cosiffatta inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa 2 punti di Pil in tre anni”.

– “La produttività ristagna: salari e consumi sono fermi”.

“Il sistema produttivo perde competitività. Si aprono disavanzi crescenti nella bilancia dei pagamenti correnti. Si inaridisce l’afflusso di investimenti diretti: nel decennio sono entrati in Italia capitali per investimenti diretti pari all’11% del Pil, contro il% 27 in Francia. Le dinamiche retributive sono da noi modeste, non potendo troppo discostarsi da quelle della produttività: la domanda interna ne risente. Le retribuzioni reali dei lavoratori dipendenti nel nostro paese sono rimaste pressochè ferme nel decennio, contro un aumento del 9% in Francia. I consumi reali delle famiglie, cresciuti del 18% in Francia, sono aumentati da noi meno del 5%, e solo in ragione di una erosione della propensione al risparmio”.

– “Più contrattazione aziendale”.

“Le relazioni industriai devono favorire l’ammodernamento e la competitività del sistema produttivo, nell’interesse di tutte le parti. Sono stati compiuti passi per rafforzare il ruolo della contrattazione aziendale, ma la prevalenza di quella nazionale, l’assenza di regole certe nella rappresentanza sindacale, ancora limitano la possibilità per i lavoratori di assumere impegni nei confronti dell’azienda di apparenenza; ne attenuano la capacità di influire sulle loro prospettive di reddito e di occupazione”. 

– “Imprese troppo piccole”. 

“Le imprese italiane sono in media del 40% più piccole di quelle dell’area euro. Fra le prime 50 imprese europee per fatturato sono comprese 15 tedesche, 11 francesi e solo 4 italiane. La flessibilità tipica delle piccole imprese oggi non basta più, occorre un maggior numero di imprese medie e grandi”. 

– La patrimonializzazione delle banche.

“Dallo scorso anno la Banca d’Italia ha chiesto alle banche di rafforzare il patrimonio. La risposta degli azionisti, delle fondazioni, degli investitori è stata pronta tra ottobre 2010 e aprile di quast’anno sono stati varati aumenti di capitale per oltre 11 miliardi”. Non è vero che il rafforzamento patrimoniale delle banche comporta più costi e meno crescita.

– Banche popolari e fondazioni.

Il Governatore è tornato a riproporre la riforma delle banche popolari quotate per un maggior controllo degli amministratori e un maggior coinvolgimento degli azionisti in assemblea anche mediante deleghe. “Un intervento legislativo è necessario; le modifiche statutarie, che pure abbiamo sollecitato, non possono essere risolutive”. Draghi ha poi aggiunto che “la qualità degli assetti di governo e controllo delle Fondazioni, i presidi di indipendenza e di prevenzione dei conflitti di interesse, l’efficienza e la trasparenza della gestione finanziaria sono cruciali per conciliare la loro presenza nel capitale delle banche con l’autonomia gestionale di queste”. 

– “Vasta sacca di giovani precari, bisogna riequilibrare il lavoro”.

“La diffusione nell’ultimo quindicennio dei contratti di lavoro a tempo determinato e parziale ha contribuito a innalzare il tasso di occupazione, ma al costo di introdurre nel mercato un pronunciato dualismo: da un lato i lavoratori in attività a tempo indeterminato, maggiormente tutelati; dall’altro una vasta sacca di precariato, soprattutto giovanile, con scarse tutele e retribuzioni. Riequilibrare la flessibilità del mercato del lavoro oggi quasi tutta concentrata nelle modalità d’ingresso, migliorerebbe le aspirazioni di vita dei giovani; spronerebbe le unità produttive a investire di più nella formazione delle risorse umane, a inserirle nei processi produttivi, a dare loro prospettive di carriera”.

– Le riforme rafforzano la politica.

Il Governatore ha posto l’accento sulla necessità di realizzare le riforme più importanti, a partire dalla giustizia civile (“La durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i mille giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 Paesi nelle graduatorie della Banca Mondiale”), dall’istruzione, dallo sviluppo della concorrenza nei servizi di pubblica utilità, nella dotazione di infrastrutture.  

– “La salda tradizione della Vigilanza”.

“Per la buona vigilanza non basta che le regole siano adeguate: senza forti prassi operative, senza un’azione serrata e efficace, le crisi non si evitano. L’esperienza di tempi drammatici lo ha messo in piena luce. Con la vigilanza della Banca d’Italia il nostro Paese ha potuto contare su una tradizione salda. Ne abbiamo rafforzato gli aspetti più validi; i principi di una supervisione rigorosa, che non si è mai convinta del ‘tocco leggero’; pronta a persuadere se possibile, a prescrivere se necessario, nei limiti della legge. Fatta di civil servants preparati e retti”. 

– “La crescita è stata il pallino del mio mandato, quante prediche inutili”.

“Non è un problema nuovo, ma rivendico alla Banca d’Italia il merito di averlo messo al primo posto nelle priorità di politica economica. Quale paese lasceremo ai nostri figli? Tante volte abbiamo indicato obiettivi, linee di azione, aree di intervento. A distanza di cinque anni quando si guarda a quanto poco di tutto ciò si sia tradotto in realtà, viene in mente l’inutilità delle prediche di un mio ben più illustre predecessore” (Luigi Einaudi, ndr).

– “La Bce continuerà sulla linea della stabilità prezzi, senza deflessioni”.

“La Bce ha il compito di assicurare la stabilità dei prezzi nel medio periodo; la stabilità monetaria è il suo fondamentale contributo alla crescita. Le future decisioni di politica monetaria saranno sempre guidate da questo obiettivo primario. Né la presenza di rischi sovrani, né la dipendenza patologica di alcune banche dal finanziamento della Bce possono far deflettere da questo obiettivo”.

– “L’Eurozona alla sua prova più dura, non ci sono scorciatoie”.

“La risposta alla crisi del debito sta innanzitutto nelle politiche nazionali, nella piena attuazione dei piani correttivi concordati”. La crisi del debito di Grecia, Irlanda e Portogallo rappresenta solo il 6% del Pil dell’area, eppure ha “il potenziale per esercitare rilevanti effetti sistemici”. Ma al tempo stesso “nel complesso dell’area dell’euro il deficit di bilancio dovrebbe attestarsi quest’anno attorno al 4,5 per cento del Pil, meno della metà di quello statunitense e giapponese; il debito pubblico, all`88 per cento del Pil, è pure inferiore a quello statunitense e lontano dai valori giapponesi; il saldo corrente della bilancia dei pagamenti è pressoché in pareggio. La ripresa economica si sta consolidando, con una crescita prevista per quest’anno non lontana dal 2 per cento”.

– “La ripresa dei Paesi avanzati non basta a ridurre la disoccupazione”.

“Occorre riportare sotto controllo i bilanci pubblici. Una prolungata politica espansiva mina la sostenibilità del debito, danneggia la crescita economica. In Europa il riequilibrio è iniziato. Era improcrastinabile, nonostante la debolezza della ripresa”. E al tempo stesso, ha affermato il titolare di Via Nazionale, bisogna procedere a ridurre gli squilibri finanziari internazionali. “Sono destinati a durare e dovranno essere finanziati. È perciò cruciale che il sistema finanziario sia solido. La riforma delle regole rimane una priorità dell`agenda internazionale; va completata”. Intanto, con “il rischio di inflazione in aumento, le politiche monetarie devono ora iniziare un percorso di rientro per impedire che si formino attese inflazionistiche”.

– “Le grandi banche sistemiche globali devono poter fallire”.

Dalla convinzione che queste Sifi non possano fallire “derivano serie distorsioni alla concorrenza ma soprattutto il fatto inaccettabile che i guadagni spettano ai privati, le perdite alla collettività”. La vigilanza su queste istituzioni “dovrà essere più intensa, commisurata ai rischi che esse possono generare. Ciò richiede, in molti paesi, un deciso rafforzamento dei poteri e dell`indipendenza delle autorità”.

– “Bankitalia fucina del Paese, preservare l’indipendenza”.

“Merito e indipendenza: sono queste le condizioni essenziali per la credibilità delle sue analisi, per l’efficacia della sua azione. Valori da preservare se si vuole che il Paese continui a giovarsi di una voce autorevole e senza interessi di parte. Sono stati i principi guida del mio mandato”. Draghi non ha risparmiato elogi alla dirigenza di via Nazionale, sostenendo che il patrimonio di competenze e l’indipendenza hanno permesso alla banca centrale di raggiungere gli obiettivi di cambiamento indicati all’inizio del suo mandato. Ora “il percorso di cambiamento andrà proseguito con determinazione, con spirito innovativo”. E la compagine del personale “è la nostra ricchezza”. 

Per leggere il testo integrale delle Considerazioni finali del Governatore:
http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2011/cf_10/cf10 


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