Condividi

Delitto e castigo nelle cucine dei grandi cuochi

Le norme sociali sono ritenute un sostituto efficace dei diritti di proprietà intellettuale nei settori in cui l’innovazione è importante, ma la protezione è assente o difficile da far valere: è il caso dei grandi cuochi e dei loro “trasferimenti di conoscenze”…

Delitto e castigo nelle cucine dei grandi cuochi

Uno studio di Gianmario Verona della Sda Bocconi e coautori mostra che le norme sociali sono un sostituto imperfetto dei diritti di proprieta’ intellettuale. La loro efficacia e’ limitata quando il trasgressore gode di buona reputazione o la trasgressione e’ minore, e la percezione di un costo insito nell’amministrazione delle sanzioni puo’ prevenire la circolazione della conoscenza.

Le norme sociali sono ritenute un sostituto efficace dei diritti di proprietà intellettuale nei settori in cui l’innovazione è importante, ma la protezione è assente o difficile da far valere. L’alta moda, l’accademia, lo spettacolo dal vivo e il software ne sono chiari esempi. Un contributo importante alla comprensione di  come funzionano le sanzioni sociali viene da un paper di Gianmario Verona (Dipartimento di Management e Tecnologia) della Sda Bocconi), Giada Di Stefano (HEC Paris) e Andrew King (Dartmouth College) sull’alta cucina: Sanctioning in the Wild: Rational Calculus and Retributive Instincts in Gourmet Cuisine (Academy of Management Journal, 2015, Vol. 58, No. 3, 906-931, doi:10.5465/amj.2012.1192).

Le sanzioni sociali sembrano funzionare attraverso modalità decisamente inattese secondo lo studio, diviso in una fase esplorativa di tipo qualitativo (23 interviste individuali a grandi cuochi), servita a delineare i motivi che spingono ad amministrare una sanzione, e una fase di verifica sperimentale delle conseguenti ipotesi, condotta attraverso la somministrazione di questionari basati su scenari a tutti gli chef italiani della Guida Michelin (con 534 questionari restituiti).

Lo scambio di conoscenza tra chef è regolato da norme sociali ben definite. Quando uno chef trasferisce a un collega informazioni su una ricetta o una tecnica di preparazione, si applicano tre comandamenti sociali: il collega (1) non copierà pedissequamente la ricetta o la tecnica di preparazione, ma la userà come fonte di ispirazione per creare qualcosa di nuovo; (2) se la copierà pedissequamente citerà la fonte di ispirazione della ricetta, includendo nel suo menù il nome dello chef ispiratore; e (3) non passerà l’informazione ottenuta a terzi senza prima chiedere l’autorizzazione allo chef originale. “Le norme del settore”, scrivono gli autori, “aiutano a incoraggiare gli scambi regolando quando e come gli chef possano usare la conoscenza trasferita. Queste norme forniscono una sorta di ‘copyright mentale’ che incoraggia l’innovazione e lo scambio”.

Quando, nonostante tutto, si verifica una violazione, vengono comunemente inflitti tre tipi di sanzione: (1) il rifiuto di futuri trasferimenti di conoscenza; (2) il rifiuto a condividere scambi materiali, come nel caso di bisogno di ingredienti mancanti o di personale; (3) la circolazione di gossip negativo nella comunità professionale.

Verona e i colleghi tuttavia osservano che a una violazione non fa automaticamente seguito la sanzione. Solitamente gli chef decidono se sanzionare attraverso un calcolo razionale, perché la sanzione ha un costo sociale, e alcuni trasgressori hanno maggiore possibilità di farla franca. Secondo la teoria la comunità  dovrebbe approvare la sanzione in caso di violazione di norme sociali, ma nella realtà (il “in the wild” del titolo dell’articolo) gli chef ritengono che la risposta della comunità costituisca il principale costo sociale: ci sono buone possibilità che gli altri chef interpretino la sanzione stessa come una violazione e non come un mezzo per ristabilire l’ordine sociale. La reputazione del trasgressore è la caratteristica che più influenza la propensione a sanzionare: quando il trasgressore è uno chef con una buona reputazione, la propensione a sanzionare diminuisce del 17,2%.

La concorrenza (intesa come vicinanza dei locali) è un’altra considerazione importante e i trasgressori più vicini hanno il 18,4% in più di probabilità di essere sanzionati. La razionalità può però essere messa da parte in caso di violazioni gravi. “Abbiamo osservato casi in cui gli chef sembravano dimenticare completamente il calcolo razionale e andavano su tutte le furie per la violazione. Le violazioni gravi sembrano scatenare una reazione emotiva”, scrivono gli autori. Le reazioni più istintive si registrano nei casi di violazioni che riguardano le ricette, in particolare quelle dei piatti che più caratterizzano uno chef (i cosiddetti ‘signature dish’), rispetto alle violazioni che riguardano le tecniche di preparazione, che sono più “invisibili” agli occhi di clienti e critici.

Una conseguenza inattesa e perversa del costo percepito del sanzionamento è la limitazione alla circolazione della conoscenza. Se gli chef percepiscono che un trasferimento di conoscenza rischi di concludersi con una violazione che loro dovranno sanzionare, preferiscono evitare del tutto il trasferimento, per evitare di incorrere nel costo sociale associato all’amministrazione della sanzione. I risultati dell’esperimento evidenziano una diminuzione del 18,2% nella propensione a trasferire conoscenza quando la propensione alla sanzione è superiore al livello mediano. 

Commenta