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Decreti sicurezza, svolta benvenuta e verità sulle richieste d’asilo

Era ora che il Governo Conte 2 correggesse i decreti Salvini sulla sicurezza sulla base di valori tipici della sinistra riformista ma è bene anche fare luce sulle richieste d’asilo smontando la propaganda sovranista: di tutte quelle pervenute all’Unione Europea nel 2019 solo il 5% riguardano l’Italia.

Decreti sicurezza, svolta benvenuta e verità sulle richieste d’asilo

La modifica dei decreti sicurezza, imposti da Matteo Salvini alla coalizione giallo-verde, rappresentava un test importante a dimostrazione della ‘’discontinuità’’ tra il Conte 2 (e la sua attuale maggioranza) e il Conte 1. Il fatto che, nonostante il trascorrere dei mesi (13), quelle norme (ancorchè non applicate) continuassero a far parte dell’ordinamento giuridico era una ferita aperta non solo tra i due alleati della nuova maggioranza, ma anche all’interno del gruppo dirigente del Pd e del suo elettorato, nonché del mondo dell’associazionismo solidale. L’adozione di un nuovo provvedimento aveva un alto valore politico perché andava a colpire uno dei punti di forza del ‘’salvinismo’’ e uno degli argomenti che restano al centro della iniziativa politica delle destre.

Sulla questione dei migranti si è giocato, nel 2018 e 2019, gran parte del successo elettorale delle formazioni sovranpopuliste. Di conseguenza anche le forze di sinistra  hanno sempre considerato delicato e rischioso – sul piano del consenso politico – il tema dell’immigrazione, con particolare riferimento agli aspetti più spettacolari degli sbarchi sulle coste italiane, costrette così a rimanere sulla difensiva per tutto il tempo in cui Salvini, dal Viminale, gestiva l’annosa questione con una pochezza di argomenti inversamente proporzionale alla brutalità delle menzogne. In certi momenti, si è avuta persino l’impressione – i media portano gravi responsabilità – che settori importanti della opinione pubblica (magari quella più esposta, nelle periferie urbane, alle problematiche critiche della immigrazione ‘’clandestina’’) non volessero sentire ragioni né valutare in termini obbiettivi le conseguenze di un fenomeno strutturale connaturato ad una fase della storia dell’umanità, accontentandosi, invece, della minaccia di soluzioni dirette e semplici (come l’annunciata chiusura dei porti) senza neppure prendersi il disturbo di verificarne l’efficacia.

“Lo nero periglio che vien da lo mare’’ – come era scritto nella pergamena sottratta da Brancaleone – minacciava di invaderci (guai a spiegare che sui barconi, attraverso il Canale di Sicilia, arrivava soli il 3% dell’immigrazione clandestina), di violare i sacri confini della Patria (i naufraghi raccolti dalla nave militare Giorgetti non avevano bisogno di invadere nulla essendo già in territorio italiano). Non suscitava particolare scandalo le ricorrenti offese all’umanità come il definire ‘’pacchia’’ le peripezie di un migrante che raggiungeva il nostro Paese su di un barcone, a rischio della vita, dopo aver attraversato gran parte di un continente oppresso da una trasformazione climatica che distrugge le più elementare condizioni di sopravvivenza. Salvini – dopo essersi mandato a quel paese da solo dal Papeete – ha provato a suonare nuovamente la stessa musica, addirittura mettendo in stretta relazione la ripresa degli sbarchi e il contagio da Covid-19, accusando persino il governo di importare negher per tenere accesa la fiamma della pandemia altrimenti smorzata da un pezzo.

E naturalmente sta annunciando battaglia in Parlamento in occasione della conversione del decreto. Ecco perché è importante ingaggiare questa sfida col Capitano su di un terreno in cui per anni lo si è ritenuto invincibile, tanto che era lui a venire all’attacco. Il decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri rappresenta dunque una svolta, anche rispetto alle politiche adottate da Marco Minniti, quando era ministro degli Affari Interni. Come è stato scritto, si tratta di ‘’un complesso di norme che – nella direzione indicata dallo stesso presidente della Repubblica – restituisce centralità ai principi costituzionali e internazionali vigenti in materia e non penalizza più il soccorso in mare’’.

Molte le novità di cui ricordiamo quelle più significative: 1) non ci saranno più respingimenti nei confronti di coloro per i quali sussiste il rischio di essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti, oltre che per il rischio di tortura, e nei casi in cui il rimpatrio determini il rischio di una violazione del diritto alla vita privata e familiare; 2) torna ad essere ammessa la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro per i permessi di soggiorno per protezione speciale, concessi per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi e per assistenza minori; 3) la durata della protezione speciale diventa biennale; 4) non ricadono più in sanzioni le operazioni di soccorso (la norma riguarda le ONG), “immediatamente comunicate alle autorità italiane ed alle autorità dello Stato di bandiera e condotte nel rispetto delle norme di diritto internazionale e delle indicazioni del competente Centro di coordinamento dei soccorsi in mare”; 5) viene ripristinato il diritto all’iscrizione anagrafica per il richiedente protezione internazionale; 6) viene ‘riscritto’ il sistema complessivo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, dei beneficiari di protezione e dei minori stranieri non accompagnati; 7) è reintrodotta la possibilità di avviare i richiedenti protezione internazionale a lavori di utilità sociale; 8) il termine massimo dei procedimenti per il riconoscimento della cittadinanza passa da 48 a 36 mesi. 

E’ proprio il caso di dire alla sinistra riformista un “bentornata alla lotta’’ e alla messa in campo di valori propri che non somiglino più ad uno sconto buonista su quelli dell’avversario. In proposito sarebbe opportuno sfatare il mito dell’Italia trasformata in un centro d’accoglienza per tutta l’Europa (intanto è bene che il governo partecipi agli incontri sulla revisione del trattato di Dublino). Una tabella della Fondazione Leone Moressa dimostra che ci sono Paesi con problemi di accoglienza superiori o comunque non inferiori ai nostri.  

Delle 675.670 richieste di asilo presentate nell’Unione Europea nel 2019 – Regno Unito ancora compreso – la quota del nostro Paese (35mila) supera di poco il 5%. I partner più investiti dall’obbligo di accoglienza umanitaria sono risultati la Germania, la Francia e la Spagna, tutte con più di 100.000 richiedenti. Con andamenti siffatti, pur ammettendo che nel 2020 la quota italiana sia aumentata per effetto degli arrivi dei mesi estivi, un eventuale meccanismo di redistribuzione obbligatoria (quella rivendicata dalla ‘’banda del buco’’ sovranista) ci vedrebbe (come ha scritto Maurizio Ambrosini, su Avvenire del 29 settembre) “nella scomoda posizione di Paese destinato a ricevere quote aggiuntive di richiedenti asilo, anziché titolato a dirottarle verso altre destinazioni’’. 

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