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De Rita: le imprese di famiglia restano al centro dell’economia italiana

Le imprese di famiglia sono una realtà centrale in Italia nata a fine Medioevo e sopravvissuta per oltre 700 anni. E’ quanto affermato dal presidente del Censis, Giuseppe De Rita, nel corso di un convegno tenutosi oggi presso l’Università di Roma Lumsa. Gagliardi (segretario generale Unioncamere): Ecco le dinamiche occupazionali nelle aziende di famiglia

De Rita: le imprese di famiglia restano al centro dell’economia italiana

La situazione economica di oggi, dopo un lungo periodo di recessione e un accenno alla ripresa, è particolare, complessa proprio come quella che caratterizzò la fine del Medioevo. Quando si posero le basi dell’attuale sistema imprenditoriale familiare. E’ il parallelismo usato dal presidente del Censis, Giuseppe De Rita, nel corso del convegno ‘Le imprese di famiglia nell’economia italiana’ organizzato dall’Università di Roma Lumsa e dalla Fondazione Telos, per spiegare la centralità di una realtà, quella dell’impresa di famiglia per l’appunto, sopravvissuta per ben 700 anni e cardine della “nostra storia”.

Oggi come stiamo? Si è chiesto e ha chiesto alla platea De Rita. La risposta è nella piccola e media impresa che, pur con tante difficoltà, sta bene. Si pensi che su 7000 aziende, circa 4000 sono imprese di famiglia (pari al 56%). E “non si tratta di aziende o ‘roba’ da serie B, sono realtà con oltre 50 milioni di fatturato l’anno”.

“Attualmente – ha commentato il presidente del Censis – c’è una sorta di ubriacatura nell’annunciare che la piccola impresa non potrà innovarsi e dunque sopravvivere. C’è distorsione nell’affermare che l’imprenditoria familiare è legata al sommerso e all’evasione fiscale. Ma le imprese di famiglia sono una realtà”.

E’ errato, sempre secondo quanto sostenuto da De Rita, parlare di familismo amorale o di nanismo per definire le piccole aziende. Si tratta di strutture vitali, spesso in crescita e proiettate verso la media impresa. “D’altra parte – ha spiegato il presidente – se l’imprenditoria familiare è riuscita a resistere alla forte crisi economica è perchè possiede quei tre fattori ‘medievali’ di fondamentale importanza: lo scheletro contadino, tipico del nostro Paese, quello mercantile e una solida base artigianale, seppur con le dovute differenze temporali (oggi possiamo parlare di artigiani del digitale)”.

Se l’Italia ha vissuto e vive una profonda recessione, la causa non è da ricercare nel “piccolo imprenditore”, ma nel debito pubblico o nel ceto medio incolto o ancora nell’aver speso in passato più di quanto si poteva. E sembrano riecheggiare i floridi anni ’80 quando la spesa pubblica era a maglia larga.

“Bisogna dar fiducia alle imprese di famiglia – ha concluso De Rita – e sostenerle a livello finanziario ricordando che queste sono le uniche in grado di mantenere il rapporto con il territorio e il rapporto con il tempo”. Poichè solo le aziende radicate a livello locale riescono ad andare avanti, come ha anche sostenuto Diego Della Valle in un’intervista di qualche giorno fa. E poichè solo le medie e le piccole aziende non sono “malate di short time”, vivendo sul lungo periodo senza l’attesa delle quotazioni in Borsa.

Perchè contano le imprese di famiglia? Perchè, come ha sostenuto il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, in riferimento soprattutto al Quarto Capitalismo delle medie imprese (vedi link 1) fin dal 2000, il loro bilancio aggregato è sempre stato in utile. Il roi è superiore di un terzo rispetto a quello dei gruppi maggiori italiani. L’export arriva al 47% del fatturato e il 57% delle vendite è ottenuto nei mercati extra-Ue.

E’ proprio la famiglia che crea occupazione e impiego per motivazioni differenti: per collocarsi o ricollocarsi professionalmente (50%), per sfruttare le proprie conoscenze o competenze nel mercato di riferimento (48%), per successo personale e economico (8%), per sfruttare un’idea innovativa (4%), per le agevolazioni fiscali (3%).

“Le piccole imprese – ha concluso Gagliardi – sono inoltre quelle più attente all’ambiente e all’ecosostenibilità”.

Per aiutare le aziende di famiglia in crisi una proposta, basata sull’aumento e il rafforzamento del fondo di garanzia, è stata avanzata da Zeno Rotondi di Unicredit. 50 milioni di garanzie parziali da porre a beneficio di molteplici settori (vedi link 2).

Nel corso del convegno sono intervenuti il Rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, il presidente della Fondazione Telos, Giovanni Castellani, il professore di Politica economica della Lumsa, Luigino Bruni, il comandante generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo, il consigliere della Suprema Corte di Cassazione, Carlo Piccinini.


Allegati: soc_fam_new.pdfhttp://firstonline-data.teleborsa.it/news/files/896.ppt

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