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De Magistris condannato: “Non mi dimetto”, ma la legge Severino lo obbliga

Grasso: “Inevitabile applicare la legge Severino” – Ma il Sindaco di Napoli replica: “Si dimettano i giudici. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti” – L’Associazione nazionale magistrati: “Parole gravi e inaccettabili”.

De Magistris condannato: “Non mi dimetto”, ma la legge Severino lo obbliga

La condanna di Luigi De Magistris sta facendo un gran rumore, e la causa principale è proprio il diretto interessato, che rifiuta di dimettersi. Il sindaco di Napoli ha ricevuto in primo grado dal Tribunale di Roma una pena di 15 mesi per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta Why Not, che creò le basi per la caduta del secondo goveno Prodi.

Insieme al suo consulente informatico Giocacchino Genchi, De Magistris è accusato di aver acquisito tra il 2006 e il 2007, senza le necessarie autorizzazioni delle Camere di appartenenza, i tabulati delle utenze di cinque parlamentari: Romano Prodi, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Marco Minniti e Antonio Gentile.

“Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti – ha scritto il sindaco su Facebook –. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato”. 

Oltre alla pena, è stata chiesta per l’ex pm di Catanzaro l’interdizione ai pubblici uffici, come prevede la legge Severino. Per i due imputati è stata disposta anche la sospensione della pena principale e di quella accessoria e il risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite e una provvisionale. In tutto, 20mila euro.

Secondo il presidente del Senato, Piero Grasso, “De Magistris valuterà al meglio la situazione. Sa benissimo che se non lo dovesse fare ci sarebbe comunque un provvedimento da parte del prefetto non appena si renderà esecutiva oppure si depositerà la motivazione. La legge Severino va applicata, è stata già applicata anche ad altri sindaci. Penso sia inevitabile. Poi naturalmente ci sarà il seguito dell’appello, dell’impugnazione che potrà eventualmente dare un contorno definitivo alla vicenda”. 

A fargli eco, il vicepresidente del Senato, il grillino Luigi De Maio – che non ha mancato di ricordare al sindaco le promesse non mantenute a Napoli –, Marco Travaglio, un duro editoriale di Demarco sul Corriere, e anche il presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone. 

Di dimissioni, però, proprio non si parla a Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli: “Vorrebbero applicare per me la sospensione breve – commenta De Magistris –. Lo chiede in base alla legge Severino un ex ministro della Giustizia che guarda caso è difensore della mia controparte nel processo a Roma. E la norma è stata approvata mentre il processo era in corso. Mi chiedono di dimettermi per questa condanna, ma guardandosi allo specchio e provando vergogna devono dimettersi quei giudici. Sono fiducioso che questa esperienza di governo possa andare avanti fino al 2016”. 

Duro, quindi, l’attacco frontale ai suoi ex colleghi, ma l’Anm ha replicato in una nota, giudicando “gravi e offensive le dichiarazioni rese da Luigi de Magistris nei confronti dei giudici del Tribunale di Roma. Pur non entrando nel merito della vicenda giudiziaria, l’Associazione osserva che le espressioni usate vanno ben oltre i limiti di una legittima critica a una sentenza, perché esprimono disprezzo verso la giurisdizione. Si tratta di parole tanto più inaccettabili poiché provenienti da un uomo delle istituzioni che ha per anni anche svolto la funzione giudiziaria”. 

“Gravi e offensive le dichiarazioni rese da Luigi de Magistris, nei confronti dei giudici del Tribunale di Roma – scrive in una nota l’Associazione Nazionale deimagistrati. “Pur non entrando nel merito della vicenda giudiziaria, [l’Anm] osserva che le espressioni usate vanno ben oltre i limiti di una legittima critica a una sentenza perché esprimono disprezzo verso la giurisdizione. Si tratta di parole tanto più inaccettabili poiché provenienti da un uomo delle istituzioni che ha per annianche svolto la funzione giudiziaria”. Oltre alla chiara incoerenza di fondo, ben denunciata dall’Associazione dei magistrati italiani, ci sono precedenti illustri cuisarà difficile fuggire. Su tutti, l’allontanamento di Silvio Berlusconi dai pubblici uffici in merito alla condanna per evasione fiscale. 

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