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La crisi delle grandi imprese e il ruolo perverso dello Stato dagli anni Venti a oggi

Le conclusioni di uno studio (allegato integralmente in Pdf), firmato da Stefano Micossi, Direttore generale di Assonime, e presentato al XXIV Convegno Annuale dell’Associazione Albese degli Studi di Diritto Commerciale.

La crisi delle grandi imprese e il ruolo perverso dello Stato dagli anni Venti a oggi

L’intervento dello Stato nelle crisi delle grandi imprese è stato una costante della nostra economia sin dagli inizi del secolo scorso. In ogni momento critico lo Stato è intervenuto a sostegno delle imprese per tutelare principalmente occupazione e ordine pubblico. Il ricorso allo Stato da parte della grande impresa ha impedito di sviluppare momenti rigenerativi e di crescita all’interno del sistema produttivo e di questo la nostra economia paga un conto pesante.

La dipendenza dallo Stato dell’economia della grande impresa e dell’impresa pubblica perdura, pur in un mutato contesto economico. La politica europea sugli aiuti di Stato ha in teoria ridotto lo spazio per interventi assistenziali di salvataggio, ciononostante, lo Stato italiano ha continuato a intervenire nella stessa logica, sempre in un’ottica di breve periodo, quasi mai riuscendo a ridare alle imprese coinvolte una solida base per riprendere a camminare sulle proprie gambe. L’amministrazione straordinaria presso il MISE è diventata una specie di lebbrosario, nella quale si entra malati e si esce quasi sempre solo da morti – dopo aver distribuito ingenti risorse ai vari stakeholder, inclusi naturalmente i commissari liquidatori.

Nel 2005 è stata scritta una nuova legge fallimentare, radicalmente diversa da quella precedente, anche se è rimasta nella cornice del regio decreto del 1942. A breve cambierà anche la cornice, ma il contenuto, pur con alcune novità di rilievo, resterà più o meno lo stesso. La legge fallimentare contiene gli strumenti, preventivi, concordatari, liquidatori per superare una crisi d’impresa, gestire i conflitti tra debitore e creditore, salvare l’impresa quando si può. La crisi non è evitabile, ma con questi strumenti l’impresa può ristrutturarsi tempestivamente e continuare, o essere liquidata, qualunque ne sia la dimensione. Il giudice è l’arbitro e nelle nuove regole dovrebbe essere più specializzato e la gestione della crisi dovrebbe essere affidata ai Tribunali più grandi, con maggiori competenze economiche e aziendalistiche.

In questo quadro non sembra restare molto spazio per una procedura amministrativa solo per le grandi imprese, salvo casi eccezionali, da individuarsi con criteri rilevanti e stringenti, e definiti ex ante dalla legge. Non va affatto in questa direzione il disegno di legge autonomo che è ancora all’esame del Parlamento, e che finisce con il raddoppiare le procedure generali per l’amministrazione straordinaria.

Il rapporto completo: “Crisi grandi imprese dagli anni Venti a oggi

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