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Crisi Argentina: lo spettro Kirchner più forte di Macri e Fmi

L’aggravarsi della crisi economica e la debolezza delle riforme del presidente Macri rilanciano, malgrado gli aiuti del Fondo Monetario, l’ipotesi del ritorno in campo di Cristina Kirchner a soli sei mesi dalle elezioni

Crisi Argentina: lo spettro Kirchner più forte di Macri e Fmi

Mancano sei mesi alle prossime elezioni presidenziali, ma la nemesi argentina non dà scampo ad una paralisi economica alleviata, solo parzialmente, dall’esborso della terza tranche del prestito del Fondo Monetario Internazionale, accordato a giugno dello scorso anno per tre anni, per totali 50 miliardi di dollari. Non bastassero gli effetti delle migrazioni forzate dalla grave crisi umanitaria venezuelana e l’aumento esponenziale della violenza in Colombia e Brasile, anche il rafforzamento del dollaro ha aiutato un peggioramento del quadro valutario per tutti i Paesi emergenti e in articolare per quelli latinoamericani e per la Turchia.

Il recente balzo del 5% del dollaro seguito alle dichiarazioni delle banche centrali a sottolineare il differenziale di crescita del Pil Usa rispetto al resto del mondo ha portato il peso argentino sopra i 46 dollari ai minimi dell’anno. Per i Paesi dove l’esposizione debitoria è in dollari, questa situazione è decisamente più grave, soprattutto dal momento che la Banca centrale ha supportato e lasciato libero sfogo all’utilizzo di speculazioni sui cambi, e i tassi legati alla valuta locale rispetto al dollaro, attraverso il metodo della “bicicleta financiera”, ovvero del carry trade. Il peso argentino ha così perso dall’inizio dell’anno il 19% e la decisione di fissare una banda di intervento tra i livelli di 39,75 e 51,45 favorisce ulteriori aspettative di alti rendimenti, assicurati esponendo il Paese a possibili attacchi mirati a provocare l’intervento della Banca Centrale come già avvenuto in passato con Paesi che hanno annunciato soglie simili.

E se non bastasse il calo della raccolta fiscale e l’innalzamento della soglia di povertà dal 28,2% nel 2017 al 33,6% nel 2018, in molte regioni si supera il livello del 40% ed il 70% degli anziani hanno un terzo del necessario per arrivare a fine mese. Una povertà indotta dalla lentezza delle riforme avviate dal Governo di Macri e da un’inflazione che resta l’annoso problema del Paese e che adesso è balzata al 4,7% mensile portando il dato su base annua oltre il 50%, il dato peggiore degli ultimi 27 anni.

Il programma economico e sociale annunciato a metà aprile per circa 200 milioni di euro pare ben poca cosa rispetto alle vere esigenze e comprende: il blocco dei prezzi, un freno ai rincari delle bollette, gli sconti sui farmaci ed un credito agevolato ai pensionati. Il rapporto debit/Pil è tornato al 90% e tenendo conto che circa l’80% delle emissioni di debito argentino sono in dollari è facile comprendere come si moltiplichino su YouTube e sulle televisioni che accolgono il dibattito elettorale parole di fuoco che fanno temere una nuova grave crisi per il 2020 se non prima.

Lo spettro di Cristina Kirchner, già due volte Presidente, si concretizzerà nelle 600 pagine del su nuovo libro “Sinceramente”, a giorni nelle librerie e già richiestissimo. Un lancio inedito per una candidatura che ormai tutti danno per scontata e che ripropone non solo un testa a testa con Macri alle prossime elezioni ma anche una ripresa della retorica disfattista con il Fondo Monetario Internazionale. A nulla valgono le molteplici accuse di corruzione e malversazioni per la senatrice, che definisce il Presidente in carica come il presidente del “caos”.

Dall’attentato antisemita del 1994 che fece 85 morti sino alla morte sospetta del procuratore generale Alberto Nisman che aveva riaperto l’indagine, accusando proprio l’entourage dei Kirchner e la loro connivenza con i servizi segreti iraniani, la scia di sospetto è lunga e non aiuta i toni del dibattito politico che si fanno sempre più aspri, tornando a sbandierare il rischio default. Non deve stupire quindi se i principali fondi comuni di investimento dedicati al mercato azionario dei Paesi latinoamericani abbiano drasticamente ridotto la quota di azioni argentina sotto il 2% e siano pochissimi ad aver mantenuto un peso superiore al 5%. Soprattutto a fronte di un livello dei credit default swap che nel mese di aprile supera i 1.000 punti base, al livello peggiore degli ultimi 5 anni.

La preoccupazione si tramuta in fuga di investitori e quindi di capitali in uno scenario che permane recessivo e con l’occupazione che vola verso la doppia cifra per lo “studente modello” del Fondo Monetario Internazionale, che vede ora un serio rischio di ripiombare in una spirale negativa che neanche l’austerità della legge finanziaria varata con un certo ritardo a ottobre dello scorso anno potrà evitare.

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