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Criptovalute: la frana si allarga. Anche BlockFi ricorre al fallimento nella scia di Ftx

Fondata nel 2017 dal giovanissimo imprenditore fintech Zac Prince e da Flori Marquez, BlockFi ha sede a Jersey City, ma ha uffici anche a New York, Singapore, Polonia e Argentina

Criptovalute: la frana si allarga. Anche BlockFi ricorre al fallimento nella scia di Ftx

Un’altra tessera del domino delle criptovalote è caduta: dopo il fallimento di Ftx all’inizio del mese, è ora la volta dell’istituto di credito di criptovaluta BlockFi a presentare istanza di protezione dal fallimento secondo il Capitolo 11.

Nell’istanza di fallimento presentata al tribunale del New Jersey, Blockfi fa l’elenco di oltre 100mila creditori, con asset incagliati compresi tra 1 e 10 miliardi di dollari. Il maggior creditore nel dossier di bancarotta è Ankura Trust Company, con un’esposizione di 729 milioni. Seguono Ftx – con una linea di credito di 275 milioni – e persino la Sec (la Consob americana) con 30 milioni. Il credito della Sec è relativo a un accordo da 100 milioni raggiunto al termine di un’indagine conclusa a febbraio che ha poi consentito alla società di continuare ad offrire regolarmente interessi sui cripto-depositi.

Emerge anche d’altro canto che BlockFi ha 256,9 milioni di dollari in contanti, che dovrebbero fornire liquidità sufficiente per supportare le operazioni dsa attuare nel corso del processo di ristrutturazione, dice la società in un comunicato stampa.

Criptovalute: chi è BlockFi ?

BlockFi è stata fondata nel 2017 dal giovanissimo imprenditore fintech Zac Prince, attuale amministratore delegato dell’azienda, e Flori Marquez. Ha sede a Jersey City, ma BlockFi ha uffici anche a New York, Singapore, Polonia e Argentina, secondo il suo sitoweb.

Prince ha annunciato di essere in crisi di liquidità soprattutto a causa della sua esposizione nei confronti della piattaforma FTX, tramite prestiti ad Alameda, la società che il fondatore di Ftx, Bankman-Fried, usava per investire i soldi dei clienti in operazioni speculative ad alto rischio. FTX aveva presentato istanza di protezione negli Stati Uniti questo mese dopo che i trader hanno prelevato 6 miliardi di dollari dalla piattaforma in tre giorni e la rivale Binance non ha dato seguito a un tentativo di salvataggio.
Secondo il Wall Street Journal i clienti vi avevano depositato tra i 14 e i 20 miliardi di dollari, e la società ne aveva prestati circa 7,5 miliardi. Nel frattempo aveva raccolto un miliardo di dollari in finanziamenti da investitori come Dan Loeb, Tiger Global e Bain Capital Ventures, che vedevano in BlockFi un pioniere nel mondo della cosiddetta DeFi, la finanza decentralizzata.

La dichiarazione di fallimento di BlockFi arriva dopo che due dei maggiori concorrenti di BlockFi, Celsius Network e Voyager Digital, hanno presentato istanza di fallimento a luglio, citando condizioni di mercato estreme che avevano portato a perdite in entrambe le società.

Bitcoin: cosa succede alla valuta digitale?

Il mercato delle criptovalute è nella tempesta. Il prezzo del Bitcoin, la valuta digitale di gran lunga più popolare, è sceso di oltre il 70% rispetto al picco del 2021. Recentemente è tornato in area 16.000 dollari (stamane è a 15.907,65 euro in rialzo dell’1,54%), mentre quello di Ethereum, la seconda cripto per capitalizzazione, è scivolato ancora sotto 1.200. stamane quota 1.172,68 euro (+3,93%) La capitalizzazione dell’intero settore – che un anno fa sfiorava i massimi vicino ai 3mila miliardi – è scesa a 775 miliardi.

Criptovalute: i timori per un ulteriore espandersi del contagio

Genesis Global Capital, la più grande società di finanziamenti in criptovalute, ha annunciato di aver assunto la banca d’investimento Moelis & Company per esplorare opzioni tra cui un potenziale fallimento qualora non riesca a raccogliere fondi per risanare la propria delicata situazione contabile che ha contagiato anche il servizio Gemini earn (offerto dai gemelli Winklevoss) che nel frattempo ha sospeso i prelievi. L’altro grande timore è che un’ulteriore frenata delle quotazioni possa spingere alcuni miners – quelli meno efficienti – ad essere costretti a liquidare una parte di Bitcoin in portafoglio. Alimentando il contagio.

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