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Corsa ai beni rifugio: l’oro vola e rompe quota 1900 dollari l’oncia. Il dollaro invece sempre più debole

Sulla scia del nuovo disastro finanziario abbattutosi dopo il crack della Svb, gli investitori vendono l’incerto (dollaro e Borsa) e acquistano il bene considerato più sicuro: l’oro brilla

Corsa ai beni rifugio: l’oro vola e rompe quota 1900 dollari l’oncia. Il dollaro invece sempre più debole

Qual è il rifugio più adatto quando si abbatte la bufera sui mercati finanziari? Non sempre valgono gli stessi ombrelli, anche se il metallo giallo ha dimostrato di essere l’abito adatto per ogni occasione.
In questa nuova tornata di panico sui mercati, stavolta a causa del collasso di Silicon Valley Bank e della newyorkese Signature Bank, gli investitori vanno all’affannosa ricerca di beni rifugio, vendendo tutto ciò potrebbe creare problemi.
Nella bilancia degli investitori, oggi sul piatto degli acquisti sono andati l’oro e il mercato obbligazionario su attese di un rallentamento delle strette monetarie, sul piatto delle vendite invece hanno messo il dollaro e le borse.

L’oro schizza e rompe la soglia psicologica di 1900 dollari l’oncia

Il metallo giallo, nelle ondate di vendite generalizzate, ha invece raccolto buoni frutti. Il bene rifugio più ambito è stato acquistato a mani basse, tanto da essere riuscito oggi pomeriggio a rompere la soglia psicologica di 1.900 dollari l’oncia, fino a 1908.86, in rialzo dell’1,36% rispetto alla seduta precedente.

Acquisti sui titoli di stato: calo generalizzato dei rendimenti

Forti acquisti anche sui titoli di Stato in tutto il mondo, portando in calo i rendimenti poiché gli investitori che scommettono su una virata nella politica monetaria restrittiva delle banche centrali allo scopo di disinnescare i rischi di contagio legati al default della Svb. Gli strappi più importanti si registrano sui titoli di Stato a due anni dell’Eurozona, con il rendimento del Bund tedesco che scende di 44 punti base e quello dell’Oat francese di 46 mentre per il Btp il calo è ‘contenuto’ a 29 punti. I trader vedono il terminal rate della Bce ‘collassare’ al 3,56%.

“When it rains, it pours” : il dollaro sotto pressione

“Quando piove, diluvia” dicono gli inglesi e le vendite sono state diffuse per tutta la giornata e ovunque: nonostante il presidente Biden si sia detto certo della sicurezza del sistema finanziario Usa alcuni investitori temono “l’effetto contagio” e hanno innescato vendite soprattutto sugli asset americani, mettendo sotto pressione anche il dollaro, che invece in altre situazione veniva visto come valuta forte e quindi come un rifugio. Così la moneta unica torna sopra quota 1,07 dollari, ai livelli di metà febbraio, e passa di mano a 1,0722 (1,0586 alla chiusura di venerdi’). Adesso, gli occhi degli operatori sono tutti puntati proprio sul livello tecnico di 1,075, che aprirebbe le porte a un test del target tondo di 1,08.L’indice del dollaro ha perso fino allo 0,55% rispetto a un paniere di valute, vicino ai minimi di un mese a 103,67.

Occhi sulle prossime mosse delle banche centrali

Vendite anche sui listini azionari di tutta Europa con Milano che indossa la maglia nera, con il calo del Ftse Mib che tocca il 3,2%, affossato dal peso dei bancari sull’indice. Il governo statunitense ha annunciato diverse misure già durante le prime contrattazioni asiatiche, affermando che tutti i clienti di Svb avranno accesso ai propri depositi a partire da oggi.
Le autorità hanno anche dichiarato che i depositanti della Signature Bank di New York, chiusa domenica dal regolatore finanziario di New York, saranno risarciti senza alcuna perdita per i contribuenti.
La Fed ha annunciato che renderà disponibili ulteriori fondi attraverso un nuovo programma di finanziamento, chiamato Bank Term Funding Program, che offrirà prestiti fino a un anno agli istituti di deposito, garantiti dai Treasuries e da altri asset detenuti dagli istituti stessi.
Le turbolenze del mercato dovute al crollo di Svb hanno portato gli investitori a ipotizzare che la Fed non aumenterà più i tassi di interesse di 50 punti base questo mese. L’attenzione si concentrerà ora sui dati sull’inflazione di martedì, per valutare quanto è probabile una politica monetaria aggressiva della Fed.
Goldman Sachs ha detto di non aspettarsi più un rialzo dei tassi da parte della Fed nella riunione del 22 marzo.

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