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Ciclismo e doping, dalla Francia sono sicuri: Pantani utilizzò Epo nel Tour del ’98

Il destino di Pantani è quello di non avere pace nemmeno da morto: il suo nome è il primo della lista dei corridori che secondo Le Monde fecero uso di Epo durante il Tour del 1998, che il Pirata vinse alla grande.

Ciclismo e doping, dalla Francia sono sicuri: Pantani utilizzò Epo nel Tour del ’98

Il destino di Pantani è quello di non avere pace nemmeno da morto. Il suo nome è il primo della lista dei corridori che hanno fatto uso di epo durante il Tour del 1998, che il Pirata vinse alla grande. Nessuno gli toglierà quel Tour ma la sua impresa si macchia di una verità che molti sospettavano visto in che epoca il campione romagnolo correva, quella del doping ematico dilagante. “Un periodo brutto per il ciclismo in cui mi sono trovato nel mezzo anche se ho sbagliato a seguire la corrente”, dice oggi Lance Armostrong, l’icona bruciata di quel ciclismo di imbrogli. Ma Armstrong, che quand’era maglia gialla ha detto tante bugie, da ex ciclista – che si è visto annullare tutti i sette Tour vinti – va ripetendo una verità amara che indigna solo chi vuole bendarsi gli occhi: “Così facevano tutti. Nel gruppo c’erano solo tre o quattro corridori che non facevano uso di Epo. Il doping non l’ho inventato e non è finito con me”. 

Lo ha ripetuto anche in questi giorni in occasione di una corsa cicloturistica nella Iowa in cui si è rivisto il texano di nuovo in sella. Una dichiarazione, fatta in concomitanza con le notizie che filtrano dalla Francia secondo cui nel Tour del 1998 non solo Pantani, il vincitore, ma anche tantissimi altri ciclisti, tra cui Jan Ullrich, secondo, e l’americano Bobby Julich, terzo, avevano fatto uso di Epo. A scriverlo è “Le Monde” anticipando i risultati della relazione che il Senato francese, tramite la sua commissione antidoping, presenterà  oggi.  Sotto la presidenza di Jean-Francois Humbert, la commissione ha lavorato dal 14 marzo scorso interrogando un totale di 84 persone. Oggetto della ricerca sull’efficacia della lotta al doping in Francia sono decine di campioni di sangue prelevati durante il Tour de France 1998, riesaminati nel laboratorio di  Chatenay-Malabry con tecniche di controllo che nel 1998 non esistevano. L’associazione dei corridori aveva protestato contro la pubblicazione dei nomi, che in un primo momento era sta decisa per il 18 luglio, mentre era in pieno svolgimento il Tour de France, già inondato di sospetti per le sbalorditive performance di Chris Froome. Da tempo era uscito un nome, quello di Laurent Jalabert, l’amato Jaja dei francesi che di fronte all’evidenza ha ammesso l’assunzione, dando subito dopo le dimissioni da commissario tecnico della nazionale francese. Nell’elenco figurerebbero anche il tedesco Erik Zabel, miglior sprinter ai Tour del 1998 e del 1999 e, tra i corridori francesi,  oltre a  Jalabert, anche Jacky Durand e Laurent Desbiens.

Il presidente dell’Uci, Pat McQuaid, in un primo momento, aveva lasciato intendere che nel caso in cui si provasse l’uso dell’Epo, si sarebbe potuto togliere il Tour a Pantani. Poi ha fatto marcia indietro motivando l’impossibilità di invalidare il risultato di quel Tour, già inquinato dal clamoroso caso Festina, con  un cavillo burocratico: cioè,  i controlli in esame non rispondono ai requisiti e alle procedure Uci allora in essere. Un motivo tecnico  che non cancella la realtà di un’epoca in cui – come dice Armstrong – “prendere l’Epo era come gonfiare d’aria i tubolari”. Anche perché, per diverse stagioni, negli anni  Novanta, furono le stesse autorità dell’Uci ad ammettere un ematocrito entro il 50%, legittimando di fatto l’utilizzo di artifici per alzarlo fino al limite consentito, rispetto a valori che normalmente oscillano tra 38 e 42%. Ben venga che a Pantani, comunque vada, non si tolga il Tour: sarebbe una dolorosa quanto inutile punizione contro un’atleta che non c’è più. D’altra parte prima di lui, nel ’96 e nel ’97 vinsero il Tour Bjarne Riis e Jan Ullrich, l’uno più dopato dell’altro, entrambi rei confessi a posteriori. Con una giustizia retroattiva, come è stata applicata – in maniera esemplare, quasi talebana – contro  Armstrong, dovrebbero esser cancellati anche quei Tour. Di questo passo il ciclismo, che si continua ad autoflagellare, dovrebbe annullare almeno tre lustri della sua storia, quella degli anni del doping ematico che non veniva rilevato in corsa. Era l’epoca dell’Epo, l’oro rosso come la chiamava Armstrong,  quando nel backstage del Tour, l’eroe che vinse il cancro, tolta la maglia gialla, vestiva i panni di Mister Hyde per iniettarsela: “perché senza l’Epo il Tour non si può vincere”. Una convinzione generalizzata anche nella gente che guarda oggi a Froome, vincitore del Tour del centenario, con sospetto più che con ammirazione.

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