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Christina World: la malinconia di un pittore come Andrew Wyeth

Christina World: la malinconia di un pittore come Andrew Wyeth

Christina’s World” opera del 1948 dipinta da Andrew Wyeth raffigura una giovane donna vista da dietro, che indossa un abito rosa e giace in un campo erboso. Sebbene appaia in una posizione di riposo, il suo busto, appoggiato sulle sue braccia, è stranamente vigile; la sua sagoma è tesa, quasi congelata, dando l’impressione di essere fissata al suolo. Fissa una fattoria lontana e un gruppo di annessi, antichi e grigi in armonia con l’erba secca e il cielo coperto. L’opera è nelle collezioni del MoMA.

Andrew Wyeth nasce negli Stati Uniti nel 1917. Di lui si parla come di un pittore realista, realista al punto che venne soprannominato “pittore della gente”. Imparò a disegnare da giovanissimo, quando suo padre che faceva l’ illustratore lo prese con sé nel suo studio. Il giovane imparò ben presto l’arte pittorica. A vent’anni tenne la sua prima mostra a New York e vendette tutti i suoi lavori. Dal carattere cordiale amava chiacchierare con i contadini, con i bottegai e i bambini che correvano per strada, è già nessuno poteva dire che non fosse capace di dipingere. Quando John F. Kennedy fu eletto presidente degli Stati Uniti invitò alla cerimonia diversi artisti, tra cui, Wyeth, il quale però declinò l’invito perché aveva da finire un dipinto. L’anno seguente fu nuovamente invitato alla Casa Bianca, e questa volta ci andò. Kennedy disse “Sono felice che – allora – avete lavorato su quel quadro” – lo aveva visto esposto in una mostra – “Il risultato, lo meritava”.

Wyeth amava stare spesso nel suo studio, anche se divideva il tempo tra la residenza estiva del Maine e quella invernale in Pennsylvania, riteneva che le sue dimore erano più che sufficienti per ispirarsi e trovava superfluo cercare altrove nuovi stimoli. Diceva alla moglie “Non ho ancora esaminato il fondo di ciò che mi sta intorno, perché non dovrei restare dove sono e scavare un po’ di più?”

La sua arte racchiudeva la vita – di tutti i giorni – dei suoi personaggi, immersi com’erano in quel contesto ambientale dove la figura affiora in tutta la sua forma emotiva. Una pittura realista, che accoglieva già negli anni ’60 tutto il favore degli intenditori, e dei profani. Ma definirlo un puro realista era come dargli torto, perché non si limitava a riprodurre ciò che vedeva. Anzi!

Può essere che un suo quadro rappresenti un fienile, ma siamo sicuri che sia un fienile? Diciamo che appare come un fienile che raccoglie la vita che lo circonda intorno ad un movimento, un sentimento pieno di emozioni.

Spesso gli commissionavano opere invitandolo ad andare a vedere una valle piuttosto che una montagna, ma lui si rifiutava, “Sarà un posto bellissimoma bisogna che io lo senta”. Ed è per questa sua qualità che nega l’astrattismo come espressione artistica suprema. “Le astrazioni mi piacciono fino ad un certo punto, mi piace il loro dinamismo, il loro fermento, ma mi fermo qui”. Diceva!

Nel suo quadro più famoso ritrae una donna gracile distesa in un prato, una donna che guarda una vecchia casa di legno in cima alla collina. Lei è Christina Olson, poliomielitica e sua vicina di casa nel Maine. Il quadro nacque perché un giorno Wyeth si affaciò alla finestra e vide sull’erba la ragazza con un abito rosa tenue che la fasciava, e qualcosa lo scosse al punto di desiderare di dipingerla. Per lui era quello “Il mondo di Christina”…e null’altro.

Un giorno gli proposero di acquistare un vecchio mulino – era quello dove veniva macinato il grano per i soldati di George Washington – gli piacque così tanto che decise di comperarlo e restaurarlo. A poco a poco, con una cura infinita, divenne il suo studio preferito oltre che un bel mulino antico. Non c’erano tappeti sul pavimento di pietra, né tende alle finestre, nessun fiore sui tavoli, eppure era tutto di grande fascino e calore. Egli viveva non in mezzo alle cose finte, ma in mezzo alle realtà quotidiane che ricostruisce nei suoi quadri con estrema semplicità. Il suo atteggiamento verso l’arte è una rara umiltà. Mentre prende sul serio la sua arte, non prende mai sul serio sé stesso.

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