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Champions al Liverpool, la rivincita di Klopp

Dopo due sconfitte in finale, la prima col Borussia e la seconda un anno fa sempre alla guida dei Reds, il tecnico tedesco riesce finalmente a vincere la coppa dalle grandi orecchie: il suo Liverpool è meritatamente sul tetto d’Europa.

Champions al Liverpool, la rivincita di Klopp

E venne il giorno di Jurgen Klopp. Il tecnico tedesco, dopo sei finali perse tra coppe nazionali e non, alza al cielo la Champions League e regala al Liverpool il titolo di campione d’Europa. Il Tottenham di Pochettino torna a Londra mesto, consapevole di aver gettato al vento un occasione ghiotta, per non dire unica, di conquistare il trofeo più importante di tutti. Perché la finale di Madrid ha dimostrato al mondo che questa non era affatto la sfida tra le più forti d’Europa e il discorso, evidentemente, vale soprattutto per gli Spurs: ottima squadra, ci mancherebbe, ma molto lontana come valori generali da tante altre costrette a fare solo da spettatrici.

Il Wanda Metropolitano, anche se non lo ammetteranno mai, ha estremizzato all’ennesima potenza le frustrazioni di Manchester City e Juventus, le due che, se il calcio fosse una scienza esatta, sarebbero arrivate quantomeno a confrontarsi con i Reds, per non dire a farsi una finale da sole. Ma siccome non lo è, ecco che è stato il Tottenham a giocarsi la finalissima contro il Liverpool, col risultato che la coppa, dopo 14 anni d’attesa (e la cocente delusione dell’anno scorso), è tornata a colorarsi di rosso. Questa volta, a difendere la porta di Klopp, non c’era lo sciagurato Karius impallinato da Benzema e Bale nel dentro o fuori di Kiev ma un certo Alisson, ceduto a peso d’oro dalla Roma e diventato, assieme a Van Dijk, il simbolo di un trionfo.

Già, perché nel calcio spettacolare del tecnico tedesco, da ieri ufficialmente sul podio del mondo, la difesa ha avuto una componente fondamentale: il salto di qualità rispetto all’anno scorso, infatti, si deve alla costruzione di un muro invalicabile, conditio sine qua non per esaltare il trio delle meraviglie composto da Salah, Firmino e Mané. Che poi, a guardar bene, nelle notti decisive di questa Champions i veri protagonisti sono stati altri. Prendiamo Origi, tanto per fare un esempio: eroe “casuale” dell’epica rimonta sul Barça e anche ieri, non a caso, partito dalla panchina, eppure capace di segnare il gol del 2-0 proprio nel momento migliore del Tottenham, quando il pareggio sembrava essere nell’aria.

Va detto che questo match si è deciso molto prima, per la precisione al minuto numero uno: lì lo sciagurato Sissoko ha regalato un rigore al Liverpool per un fallo di mano tanfo ingenuo quanto netto, permettendo a Salah di sbloccare subito l’empasse (2’) e ai Reds di impostare una gara di contenimento. Una vera rarità per Klopp, e infatti non si può certo dire che la prestazione dei suoi sia stata indimenticabile, di certo però passerà alla storia perché questa volta si è conclusa con un trionfo. Vedere il tedesco, a 20’ dalla fine, ordinare un 4-4-2 di pura gestione avrà forse fatto storcere il naso ai puristi, ma forse è l’immagine più simbolica possibile di questa sesta Coppa dei Campioni conquistata dai Reds: perché va bene divertire ma vincere, alla fine, è decisamente meglio. 

“E’ stata una grande lotta, sognavamo entrambe la Champions – le parole colme di gioia del neo campione d’Europa. – Non è stata la partita più bella del mondo ma dovevamo soltanto vincere e i ragazzi ci sono riusciti. E’ pazzesco quello che abbiamo fatto, sono veramente orgoglioso di questo club, questa gioia la dedico alla mia famiglia, in tutte le finali che ho giocato e perso hanno sofferto e ora la vittoria è per loro”. Solo applausi invece, per la stagione s’intende, per Pochettino, costretto a fare i conti con una grossa delusione: il tetto d’Europa, infatti, sarebbe stato un bel biglietto da visita per la sua carriera, ferma al palo per quanto concerne la voce “trofei”. Certo, il tecnico argentino può comunque gonfiare il petto di fronte a una finale raggiunta a spese di avversari ben più titolati (vero Guardiola?), nella speranza che questo, per il suo Tottenham, sia solo un punto di partenza. 

“Dobbiamo essere orgogliosi del lavoro fatto, abbiamo lottato fino in fondo per la vittoria – la sua analisi. – Il rigore ha sconvolto tutti i piani, ma bisogna essere comunque molto orgogliosi: il Tottenham ha raggiunto per la prima volta la finale di Champions e questo fa ben sperare per il futuro”. A “naso”, come si suol dire, nessuno dei due lascerà le rispettive squadre, il che porta ad escluderli dalla corsa alla panchine della Juve. Non a caso i favoriti sono da tempo Sarri (ieri il suo agente Ramadani ha ottenuto il via libera dal Chelsea: resta da sciogliere il nodo indennizzo) e Guardiola, che per quanto più staccato resta di gran lunga il preferito dai tifosi. A questo però si penserà solo da oggi, perché ieri è stata la notte di Klopp e Pochettino: e a salire sul trono d’Europa è stato il tedesco, felicissimo di strapparsi di dosso l’etichetta di perdente di successo.  

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