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“C’è anche domani”: Ennio Doris, mister Mediolanum vede rosa nel futuro dell’Italia

“C’è anche domani”: presentata l’autografia di Ennio Doris, il Buffett italiano che fondò Mediolanum con Silvio Berlusconi e che ne ha fatto una fabbrica di soldi – Inguaribile ottimista: “Le cose sono destinate ad andare meglio” – “Continuerò a sostenere Silvio, ma Renzi ha fatto una cosa giusta tagliando il cuneo: lo tagli del 20% e l’economia farà boom”.

“C’è anche domani”: Ennio Doris, mister Mediolanum vede rosa nel futuro dell’Italia

L’appuntamento con il “primo cent” da miliardario in stile Paperone per Ennio Doris, il”padre” di Mediolanum, è arrivato nel 1981. “C’era una possibilità su un milione, anzi su un miliardo – racconta – che in quel giorno di primavera potessi fare la conoscenza di Silvio Berlusconi. Era la prima volta della mia vita che andavo che andavo a Genova e decisi di fare una deviazione per Portofino. Era un giovedì qualsiasi, ma la sorte volle che, per caso, quel giorno Berlusconi fosse lì per dei lavori alla sua villa”. 

“Un’altra combinazione – continua – Il mese prima Capital aveva pubblicato un servizio di copertina su di lui. E così l’ho subito  riconosciuto e mi sono presentato”. In quell’articolo il patron di Milano 2 aveva dichiarato “se qualcuno ha una buona idea per un nuovo business non vada da De Benedetti o da Agnelli che non lo riceveranno nemmeno. Venga da me”. E il giovane Doris, promettente stella nascente nella rete dei promotori Diva , lo prese in parola. “Mi avvicinai e gli spiegai la mia idea: una rete in grado di collocare gli immonili creati da Fininvest ma anche capace di collocare i prodotti assicurativi e finanziari connessi alla casa. Caro dottore, gli dissi, alla Dival mi è capitato di vendere certificati di case costruite da lei: perché regalare ad altri una parte dei guadagni?”.

Così cominciò l’avventura, meno facile di quel che può apparire 33 anni dopo. “Mesi dopo venni convocato ad Arcore – ricorda ancora –. Nel frattempo Berlusconi non era stato con le mani in mano. Ma non aveva trovato un manager di suo gradimento per guidare l’iniziativa. O meglio, la risposta di tutti fu: guadagno tanto, mi offra di più”. E lei? “Io dissi: dottore, io in Dival guadagno bene, cento milioni che all’epoca erano un signor stipendio. Ma rinuncio a tutto e riparto da zero. Ad una condizione: facciamo 50 per cento a testa”.

Questo e molto altro si trova in “C’è anche domani” il libro autobiografia di mister Mediolanum presentato ieri a Milano che racconta la storia di questo miliardario atipico, l’unico che possa aspirare al ruolo di Warren Buffett italiano. Al saggio di Omaha Doris assomiglia per più ragioni a partire dal linguaggio, ovvero la straordinaria capacità di trasmettere in maniera semplice all’uomo comune i concetti chiave dell’arte di investire. Anche perché, come Buffett, Doris appare sempre come un figlio del popolo, il figlio di un’umile famiglia del Nord- Est ricca solo di bocche da sfamare nell’Italia che usciva dalla guerra. Un’Italia da ricordare con affetto ma senza particolari nostalgie perché, ammonisce mister Mediolanum “la cronaca ci presenta casi estremi tipo la madre che elimina i figli per la disperazione economica. Ma conosce tanti casi di mamme che ancor oggi sanno sacrificarsi per i propri figli ma anche per chi ne ha bisogno”. Del resto, il welfare che funziona sta a Milano 3. “Io ho voluto l’asilo nido attaccato all’azienda – dice – erano tutti contrari, a partire dal capo del personale. Il risultato? I posti dovevano essere 58, siamo saliti a 128. L’opportunità di avere un contratto flessibile ed un asilo a portata d’ufficio ha fatto esplodere le nascite, una delle tante cose di cui vado fiero… Io non credo all’uomo d’affari spietato che si trasforma in benefattore nel tempo libero. Un uomo è ricco per davvero se si realizza in un ambiente dove tutti sono contenti”.

Sembra facile, ma la storia di Doris è soprattutto quella di una grande fatica sopportata con il sorriso sulle labbra. Fin dagli inizi, in quel di Tombolo, dove una grave malattia (“mi sono salvato perché è arrivata la penicillina”) l’ha tenuto lontano dai campi, a vantaggio della scuola (“Ho subito capito che il bicchiere mezzo vuoto in realtà è mezzo pieno”). Lì il piccolo Doris, quello che non tagliava le pagine dei libri per poterli rivendere come nuovi (tanto imparavo tutto in classe, ascoltando le lezioni”) si rivela un genio della matematica, come dirà la professoressa Marangoni dopo un compito in classe di ragioneria in cui l’allievo si era permesso di fare osservazioni migliorative al bilancio. “Doris – fu il voto – un domani lei dirigerà una grande azienda”. Per questo gli insegnanti premevano perché amdasse all’università. “Ma io dissi di no – conclude – c’era bisogno di un stipendio in più a casa”. Rimpianti? “Neanche un po’”.

“Se ci inconteremo tra un anno – aggiunge parlando dell’Italia – scoprirete che ho ragione io: le cose sono destinate ad andare molto meglio”. Anche per merito di Matteo Renzi (“non lo voterò perché sono legato al mio amico di sempre, Silvio, che continuerà a far politica a modo suo”). “Ha fatto una cosa giusta con il cuneo fiscale, ma gli consiglio di fare di più: passi dal 10 al 20% e ci sarà un boom dell’economia e delle entrate fiscali”. Già, un uomo così fortunato si compiace quando si guarda alle spalle ed ammira il lavoro compiuto. Ma resta convinto che la prossima sfida è quella più divertente. Suscita invidia un carattere così, forse più dei quattrini. “E’ molto meglio essere invidiati che invidiare” sentenzia il saggio di Tombolo, versione made in Italy del saggio di Omaha. Ma c’è una differenza: nella cucina di casa Doris, da sempre, si mangia meglio che al Mc Donald’s preferito da Warren Buffett. 

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