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Cdp: con il Pnrr i Comuni potranno spendere il 60% in più

Uno studio del Cdp Think Tank analizza le opportunità e le sfide per i Comuni nell’ambito del Pnrr e presenta una stima del loro fabbisogno di investimenti

Cdp: con il Pnrr i Comuni potranno spendere il 60% in più

Le amministrazioni comunali saranno coinvolte nell’attuazione operativa di progetti per almeno 30 miliardi di euro entro il 2026. I Comuni con la popolazione più giovane e meno personale specializzato sono quelli con il maggior fabbisogno di spesa. Sarà fondamentale potenziare e affiancare le strutture amministrative comunali, specialmente nelle fasi di progettazione e affidamento dei lavori. Sono alcuni dei risultati del nuovo brief del Cdp Think Tank dal titolo “Il Pnrr e le sfide per i Comuni italiani”.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede che entro il 2026 i Comuni saranno coinvolti direttamente, o tramite le loro partecipate, nella messa a terra di progetti per un importo di almeno 30 miliardi di euro, che potrebbe raggiungere i 50 miliardi di euro a seconda del volume di iniziative che coinvolgeranno gli enti territoriali nelle fasi di attuazione. Ciò potrebbe far aumentare la capacità annua di spesa dei Comuni di almeno il 60%. Considerando che, negli ultimi 15 anni, la spesa in conto capitale dei Comuni si è ridotta in media del 3% l’anno, questo flusso di risorse rappresenta un’importante opportunità per rispondere al fabbisogno di investimenti, rimasto in parte insoddisfatto, delle amministrazioni comunali.

Se l’aspetto quantitativo è rilevante, lo è ancor di più quello qualitativo. La vera sfida che attende i Comuni riguarda il “dove” e “come” verranno effettivamente impiegate le risorse dei fondi del Pnrr.

Per quanto riguarda il dove, secondo le analisi condotte dal Cdp Think Tank, il fabbisogno non soddisfatto di investimenti risulta maggiore nei Comuni caratterizzati da: una popolazione più giovane; una maggiore distanza dalle principali arterie infrastrutturali; una recente contrazione dell’organico o una bassa presenza di personale specializzato.

Le restrizioni alle assunzioni nel primo decennio degli anni 2000, per limitare la spesa pubblica, hanno portato tra il 2007 e il 2017 ad una contrazione del personale comunale del 20%, riflettendosi anche sull’età media: il 67% dei dipendenti a tempo indeterminato ha un’età superiore a 50 anni.

Mentre per il “come”, risulta particolarmente significativo il volume dei fondi in arrivo se paragonato all’ammontare di spese in conto capitale tradizionalmente gestito. Infatti, il pieno impiego delle risorse previste dal Piano richiederebbe un aumento della capacità annua di investimento dei Comuni di almeno il 60%.

Inoltre, lo studio sottolinea l’importanza di affiancare i Comuni nella realizzazione dei progetti, soprattutto nelle fasi di progettazione e affidamento dei lavori. Il completamento di queste fasi richiede in media ai Comuni tempi ben superiori rispetto a quelli per l’attuazione dei lavori.

In particolare, lo studio evidenzia che i Comuni intermedi (da 50mila a 100mila abitanti) registrano tempi di attuazione più lunghi, oltre i 5 anni. Dal report emerge anche che negli anni si è accentuata la differenza tra la performance migliore, in termini di velocità di attuazione, ottenuta dalle Regioni e quella peggiore registrata dai Comuni intermedi, che va da circa 9 mesi e mezzo a oltre i 20.

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