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Cashless society: troppo contante nell’area euro

FOCUS BNL – Secondo le statitische della Bce le operazioni con carte di pagamento o con moneta elettronica sono aumentate dell’11% mentre i prelevamenti di contanti dagli ATM o dai tradizionali sportelli hanno subito variazioni solo modeste ma i passi fare per superare il contante sono anche tanti

Cashless society: troppo contante nell’area euro

La strada verso una “cashless society” basata su modalità di pagamento alternative al contante è ancora lunga. Secondo le statistiche Bce, nel 2016 nell’area euro le operazioni con carte di pagamento o con moneta elettronica sono aumentate dell’11,3% a/a (+8,4% in valore) a fronte di prelevamenti di contanti dagli ATM o presso i tradizionali sportelli che, nelle principali economie, hanno segnato variazioni solo moderate sia in termini di numerosità sia in valore.

La prima indagine sulle abitudini di pagamento delle famiglie dell’eurozona condotta dalla Bce evidenzia la persistente preferenza per il contante: nel 2016, su un totale di 163 miliardi di transazioni, il 79% è stato regolato cash e il 19% con carte di pagamento; in termini di valore le rispettive quote sono 54% e 39%. In Germania, Austria, Slovenia e nei paesi del sud Europa l’80% circa delle transazioni è regolata in contanti; nei Paesi Bassi, Estonia e Finlandia, viceversa, la frequenza dell’utilizzo di somme liquide si posiziona tra il 45% e il 54%.

In alcuni paesi scandinavi e in Australia i pagamenti con moneta virtuale già superano quelli in contanti e nel prossimo decennio questi paesi potrebbero divenire delle vere e proprie economie cashless. Accanto ai vantaggi un tale scenario propone alcune criticità soprattutto in tema di tutela della privacy. In Italia gli strumenti alternativi al contante rimangono ancora piuttosto sottoutilizzati nel confronto con l’eurozona: nel 2016 le operazioni annue con carte pro-capite sono state 51, meno della metà di quanto rilevato per la Uem.

Tuttavia, in Italia la dinamica è decisamente più vivace: nel periodo 2013-2016 la crescita media annua è stata del 13,8% rispetto all’8,8% ell’eurozona. L’86% delle transazioni delle famiglie italiane è regolato in contante (79% area euro) pari al 68% dell’ammontare in valore (54% area euro).

Numerose le innovazioni nelle modalità di pagamento

A cinquanta anni dalla nascita del primo bancomat e con la sempre maggiore diffusione e diversificazione dei mezzi di pagamento elettronici, ci si interroga spesso sul futuro del contante. Da qualche tempo il tema è sul tavolo delle autorità europee: a gennaio 2017 la Commissione europea, su suggerimento del Consiglio Ecofin, ha avviato una consultazione relativa alla proposta di restrizione dei pagamenti in contanti di importo rilevante (e in criptovalute) con l’intento principale di contrastare il finanziamento di attività illecite o terroristiche, tutelare i consumatori e le aziende dal rischio di frodi, contrastare il riciclaggio di denaro e l’evasione fiscale, ridurre i costi di gestione del contante e quelli di produzione associati all’emissione di nuove banconote e monete.

Anche la decisione della Bce di sospendere l’emissione della banconota da €500 dalla fine del 2018 è un segnale della volontà di limitare la circolazione di importi rilevanti in contanti. Nonostante alcune economie dell’Unione abbiano già adottato delle soglie limite, oggi manca ancora una normativa comunitaria che armonizzi la misura del vincolo nei diversi stati. Le indicazioni ricevute dai (pochi) rispondenti alla consultazione della Commissione europea non sono infatti risultate favorevoli all’adozione di un importo massimo per le transazioni. La Germania, dove circa l’80% delle transazioni avviene cash, è stato l’ultimo paese in ordine cronologico (inizio 2016) a tentare di introdurre un limite all’uso di banconote e monete; dopo aver provato a fissare una soglia per i pagamenti con denaro liquido a €5.000 (un valore piuttosto elevato), il Governo ha rinunciato a causa delle numerose voci di dissenso e oggi nel paese non esiste alcun limite come anche in Austria, Paesi Bassi, Slovenia e in molti altri paesi Uem.

La tracciabilità delle transazioni, con conseguente compromissione della privacy, è la motivazione principale che ostacola l’adozione di una soglia. In effetti, attualmente solo pochi paesi hanno fissato un limite alle transazioni in contanti e piuttosto ampio risulta il campo di variazione: dai €500 della Grecia, ai €1.000 di Portogallo, Spagna e Francia (abbassato all’indomani dell’attacco terroristico a Charlie Hebdo), ai €3.000 del Belgio e dell’Italia (unico paese in cui la soglia è stata rivista al rialzo, con la legge di Stabilità per il 2016); in Slovacchia il limite è pari a €5.000.

Un ulteriore contributo alla riduzione della circolazione di somme liquide, ma anche a un’attenuazione dell’operatività via bancomat e carte di credito, potrebbe venire dall’attuazione della PSD2 (Payment Services Directive 2, la cui entrata in vigore è prevista dal 18 gennaio 2018). La PSD2 è tesa a favorire lo sviluppo di servizi di pagamento digitale: grazie a delle app installate sui cellulari, i clienti permetteranno a società autorizzate (TPP, Third party providers) l’accesso ad alcune informazioni che consentiranno il pagamento attraverso il proprio conto corrente. Si tratta di un‘innovazione per cui gli istituti di credito hanno già da tempo iniziato a lavorare per cercare di bilanciare il vantaggio che avranno i nuovi competitor sottoposti a una regolamentazione meno severa di quella prevista per il sistema bancario.

Il denaro liquido non perde appeal

Nonostante la diffusione di nuovi mezzi di pagamento offerti dall’innovazione tecnologica, gran parte delle transazioni al dettaglio ancora oggi viene regolata in contanti. Le rilevazioni sui sistemi di pagamento della Bce, pur registrando tassi di crescita significativi del numero di operazioni concluse nell’eurozona tramite carte e sistemi elettronici (+8,8% nel periodo 2016), evidenziano una perdurante attrazione per il denaro liquido. I dati sui prelevamenti (sia presso ATM sia OTC, vale a dire allo sportello) mostrano nelle principali economie dell’area oscillazioni solo moderate: nel 2016, le operazioni di approvvigionamento del contante sono diminuite dello 0,3%, dello 0,6% e dell’1,7% rispettivamente in Francia, Italia e Spagna.

In termini di ammontare dei prelevamenti le variazioni sono state pari a -1,3% e a -2,5% per Italia e Spagna, mentre le somme risultano aumentate in Francia (+1,6%) e Germania (+0,5%). Per superare i limiti delle indicazioni desumibili dai dati aggregati e dai valori medi riferiti all’insieme del settore privato non finanziario, la Bce ha da poco concluso la prima indagine campionaria sulle abitudini di pagamento delle sole famiglie che ha consentito di fotografare la tipologia e l’ammontare delle spese ma anche di ottenere un quadro delle caratteristiche socio-demografiche degli utilizzatori. Agli intervistati è stato chiesto di tenere un diario giornaliero dei pagamenti, dei prelievi e delle operazioni di ricarica, informazioni integrate poi con un questionario relativo all’offerta di servizi di pagamento.

L’indagine, riferita al 2016, mette in evidenza come l’utilizzo del contante sia predominante nel regolare le transazioni delle famiglie: su un totale di circa 163 miliardi di operazioni di acquisto presso i punti vendita dell’eurozona il 79% è stato pagato in contanti per un ammontare pari al 54% del totale degli importi mentre il 19% dei pagamenti è stato regolato con l’uso delle carte, equivalente al 39% del valore degli acquisti effettuati. I pagamenti tramite assegno, addebito in conto, bonifico e disposizione elettronica sono  utilizzati per perfezionare il restante 2% delle operazioni di acquisto. Pur considerando che il contante è riservato prevalentemente alle spese di importo contenuto, la frequenza di utilizzo è circa quattro volte quella delle carte.

Non sono solo i paesi del sud Europa a preferire i pagamenti liquidi ma anche Germania, Austria e Slovenia con circa l’80% delle transazioni effettuate cash; viceversa Paesi Bassi, Estonia e Finlandia si distinguono per avere un’incidenza delle transazioni in contanti tra le più basse con percentuali che vanno dal 45% al 54% del totale degli acquisti. In termini di valore, la quota di pagamenti in contante più alta si registra in Grecia, Cipro e Malta (sopra al 70%) mentre la più bassa nell’area Benelux, Estonia, Francia e Finlandia (al di sotto del 33%).

L’importo medio delle transazioni cash risulta piuttosto contenuto: rispetto ad un valore medio di €12,4, Cipro, Lussemburgo e Austria si collocano al di sopra (circa €18); inferiore ai €10 è invece l’ammontare medio dei pagamenti in contanti in Spagna, Lettonia, Francia e Portogallo. Di importo relativamente più elevato risultano gli acquisti effettuati con le carte: il valore medio di ogni transazione è poco al di sotto di €40 e varia dai €15 della Lettonia ai €70 del Lussemburgo. Ad assegni, bonifici e addebiti si ricorre invece per spese di ammontare più elevato, circostanza che conferma l’ampia letteratura sul tema dei pagamenti che sottolinea come l’entità della spesa influisca sul metodo di pagamento scelto: in generale gli acquisti fino a €45 (vale a dire il 91% delle spese) si effettuano cash, oltre questa soglia (ovvero il 9% delle spese) si utilizzano le carte.

Alla decisione contribuisce anche l’ammontare di contante che si ha abitualmente a disposizione: in media, nel portafoglio dei residenti nell’area euro sono disponibili €65, un importo che varia tra i circa €30 di Portogallo e Francia e gli oltre €100 di tedeschi e lussemburghesi. Al di sopra del valore medio (tra €80 e €90) si posizionano Grecia, Cipro e Austria. Interessanti risultano le evidenze socio-demografiche di coloro che detengono e utilizzano maggiormente il denaro liquido: gli uomini risultano disporre di €12 in più rispetto alle donne, gli anziani di €43 più dei giovani mentre sembra non avere influenza il livello di istruzione.

Nella scelta del mezzo di pagamento, oltre all’importo dell’acquisto, rileva anche presso quale tipologia di attività commerciale viene effettuata la spesa: in generale, in tutti i comparti ben oltre la metà delle transazioni è regolata in contanti trattandosi spesso di spese giornaliere presso punti di vendita al dettaglio; a questa regolarità però sfuggono i pagamenti relativi all’acquisto di beni durevoli, quelli effettuati in strutture ricettive e presso i punti di rifornimento di carburante. Nel considerare l’utilizzo delle diverse modalità di pagamento non è poi da sottovalutare la propensione ad accettare strumenti alternativi al contante. Cash e card sembrano infatti legati da una correlazione negativa: nei paesi in cui vi è disponibilità a ricevere pagamenti con le carte, l’utilizzo del contante risulta più contenuto e viceversa nel caso di scarso gradimento delle carte da parte del ricevente.

In generale tutte le determinanti di utilizzo sia del cash sia delle carte tendono a rafforzarsi vicendevolmente: la diffusione di un particolare strumento di pagamento dipende infatti dalla sua accessibilità e fruibilità; allo stesso tempo l’offerta è in parte influenzata dalle caratteristiche della domanda e dalle abitudini dei consumatori. Svezia, Danimarca e Norvegia sono già a buon punto per la realizzazione della “cashless society”, come pure l’Australia. In questi paesi già oggi i pagamenti virtuali superano quelli in contanti. Accanto ai vantaggi un tale scenario propone alcune criticità soprattutto in tema di tutela della privacy e di discriminazione verso i soggetti non bancari.

Italia: il divario c’è ma può essere colmato

Le statistiche a disposizione concordano nel sottolineare il ritardo del nostro paese nel confronto internazionale nell’adozione di strumenti di pagamento alternativi al contante. Nelle rilevazioni aggregate in Italia nel 2016 le operazioni pro-capite con carte di pagamento e con mezzi elettronici sono state 51, meno della metà della media dell’area euro (105). Tuttavia, in Italia la dinamica è decisamente più vivace: nel periodo 2013-2016 la crescita media annua è stata del 13,8% rispetto all’8,8% dell’eurozona.

Anche le evidenze dell’indagine Bce sottolineano la distanza che ancora ci separa dalle consuetudini registrate nell’eurozona: l’86% delle transazioni delle famiglie italiane è regolato in contante (79% area euro) pari al 68% dell’ammontare in valore (54% area euro). In effetti ci collochiamo tra coloro che hanno in portafoglio più liquidità della media degli abitanti dell’eurozona (€69 vs €65).

Il mercato italiano dei pagamenti alternativi si presenta però ricco di potenzialità come evidenziano fattori sia di offerta sia di domanda: il numero dei POS installati (2,2 mln) è superiore a quello dei principali paesi europei e la diffusione di carte (soprattutto prepagate) denota la crescente domanda per strumenti di pagamento flessibili e multifunzione. L’elevato numero dei POS risulta però sottoutilizzato: nel nostro paese ogni terminale effettua 1.230 operazioni contro le quasi 4.700 dell’area euro.

Sulla domanda dei pagamenti alternativi al contante potrebbe influire il recente provvedimento del Governo italiano teso a ridurre le commissioni interbancarie sui pagamenti elettronici quali bancomat e carte di credito: si passa da una media dello 0,50% a un tetto dello 0,20% del valore della transazione per carte di debito e prepagate, e da una media dello 0,70% a un tetto dello 0,30% per le carte di credito.

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