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Casa, nuovi modelli di gestione: dall’housing collaborativo a quello di comunità

La domanda di edilizia sociale nelle aree metropolitane continua a crescere e la risposta dello Stato non è più adeguata: un nuovo libro edito dal Mulino mette a fuoco ii modelli di gestione innovativi e sostenibili nel settore dell’housing pubblico e sociale.

Casa, nuovi modelli di gestione: dall’housing collaborativo a quello di comunità

Le città sono cambiate, non sono più delle realtà compiute, statiche, con spazi ben definiti e sistemi organizzativi gerarchici. Oggi le città sono sempre più un insieme intricato e mutevole di reti connesse e di soggetti che prendono decisioni interdipendenti necessarie a mantenere in equilibrio un sistema a crescente complessità e customizzazione.

Le attuali dinamiche sociali, culturali ed economiche, conseguenza anche della polarizzazione ed erosione del ceto medio, impattano sulla domanda sempre crescente di edilizia sociale nelle aree metropolitane.

I dati degli ultimi cinque anni indicano che circa 1,7 milioni di nuclei famigliari sono in uno stato di forte disagio economico e spesso, di conseguenza, abitativo.

Il sistema di edilizia residenziale pubblica, che rappresenta in Italia la quasi totalità di offerta abitativa sociale, si trova nella condizione di esaurimento di una fase storica. Con la regionalizzazione e la chiusura della tassa di scopo che finanziava il settore (Gescal), le condizioni mantenute dal 1998 non rispondono più alle esigenze attuali. Spetta quindi al decisore pubblico ridefinire una visione e un assetto di tale settore.

È uscito a novembre 2019 con il Mulino il volume curato da Christian Iaione, Monica Bernardi ed Elena De Nictolis “La casa per tutti. Modelli di gestione innovativa e sostenibile per l’adequate housing“, che raccoglie i risultati del lavoro di indagine svolto dall’unità di ricerca di Luiss LabGov.City, coordinata dal prof. Christian Iaione, nell’ambito del progetto Casa Bene Comune. Dall’housing collaborativo all’housing di comunità.

La ricerca, realizzata con il sostegno di Federcasa, ha avuto come oggetto un’analisi giuridica ed empirica svolta a livello nazionale e internazionale al fine di identificare modelli di gestione innovativi e sostenibili nel settore dell’housing pubblico e sociale.

Il libro mette in luce la tensione verso spazi urbani più equi, accoglienti e sicuri, ma anche democratici e collaborativi, capaci di alimentare stili di vita e modelli funzionali che contribuiscono a “implementare la qualità della vita”. Obiettivo che dovrebbe essere irrinunciabile per chi governa la città e le sue trasformazioni.

Oggi le nuove strategie e visioni sull’edilizia devono necessariamente tenere conto dei cambiamenti strutturali della società, cambiamenti che passano per forza di cose dalle “rigenerazioni delle periferie”, vere e proprie frontiere dove si gioca la sfida per una città più vivibile, giusta e democratica. Ragionamento che vale per l’edilizia in generale e ancor di più per quella sociale.

Una rigenerazione che va al di là dell’aspetto meramente infrastrutturale, necessario comunque all’aumento del numero di alloggi per rispondere alla domanda reale, e che mette al centro “temi di riprogettazione e co-progettazione degli spazi e modelli di governance” (condivisione nell’uso, collaborazione nella gestione, policentrismo nella proprietà). Una strada che vede i cittadini non più soltanto come dei fruitori passivi di un bene ma agenti attivi del cambiamento.

Negli ultimi decenni è emersa in tutta Europa una vasta gamma di forme di edilizia residenziale promosse e gestite dai residenti in cui, accanto agli alloggi privati, spazi e servizi comuni sono condivisi tra i residenti e con il quartiere. Queste “forme alternative” di edilizia residenziale sono caratterizzate da una maggiore attenzione a valori sociali, quali sostenibilità ambientale, inclusione e coesione sociale, rigenerazione urbana.

Possono rientrare in tale categoria una grande varietà di forme e iniziative: cohousing, habitat participatif, cooperative di residenti, comunità residenziali ecologiche (eco-villaggi), iniziative di recupero di immobili sfitti o abbandonati (self-help housing), community asset ownership, Community Land Trust (CLT).

Ancora oggi in Italia l’edilizia sovvenzionata, ovvero la locazione di alloggi pubblici che comporta oneri a totale carico dello Stato, sembrerebbe l’unico strumento attraverso il quale si garantisce, o si dovrebbe riuscire a garantire, la protezione delle fasce più deboli della popolazione.

Il Piano Casa e il Piano nazionale edilizia abitativa prevedono la possibilità di utilizzare fondi immobiliari chiusi come strumento per finanziare la realizzazione di alloggi sociali. Ad oggi, sono circa 30 gli investimenti deliberati e i fondi immobiliari locali creati su supporto del FIA (Fondo Investimenti per l’Abitare).

Prendendo in considerazione le varie forme possibili, procedurali e di finanziamento, nel testo sono stati analizzati oltre 73 sperimentazioni abitative presenti o da avviare a breve nel territorio italiano.

Nella maggior parte dei casi, i destinatari degli interventi sono soggetti della cosiddetta fascia grigia. Il target giovani è quello maggiormente intercettato. Meno di frequente i progetti sono rivolti a soggetti che vivono situazioni di maggiore fragilità, o comunque le quote loro riservate sono molto ridotte sul totale degli alloggi disponibili.

Persiste un forte divario numerico tra i progetti avviati nel Centro e nel Nord del Paese e quelli posti in essere al Sud.

In materia di rigenerazione urbana, la rimessa in circolo di immobili pubblici in disuso o privati ceduti in concessione non è la norma. Alcune progettualità prevedono la costruzione ex novo dell’immobile.

L’analisi dei casi-studio ha confermato l’esistenza dei cinque principi di disegno istituzionale elaborati nell’approccio analitico della Co-Città:

  • la co-governance (condivisione, collaborazione, policentrismo)
  • il ruolo di promotore e successivamente di facilitatore giocato dall’autorità pubblica
  • la creazione e/o la connessione con forme di economia e impresa prodotte per effetto della co-governance, economie a loro volta caratterizzate da un approccio collaborativo e soprattutto da obiettivi di sostenibilità come l’economia circolare o l’economia sociale o solidale
  • la giustizia tecnologica (avanzamenti tecnologici e transizione digitale nel settore dell’housing)
  • lo sperimentalismo, verso nuovi processi decisionali o gestionali pubblici adatti o adattabili al “cambiamento costante e impetuoso che la transizione ecologica e digitale richiede

Le aziende di gestione dell’edilizia residenziale pubblica (dagli Istituti autonomi per le case popolari, alle aziende, fino alle Spa) amministrano in Italia un patrimonio di 836mila alloggi popolari.

Dall’analisi condotta risulta evidente la necessità, per questi attori, di ritrovare una nuova centralità nella “complessa e articolata architettura delle politiche pubbliche che si occupano di disagio abitativo”. Ritenendo problematica anche in questo settore l’eccessiva privatizzazione di enti pubblici e la dismissione di beni e funzioni pubbliche protrattasi negli anni in base al postulato indimostrato” che il privato, qualunque tipologia di privato, è di per sé più efficiente e idoneo a rispondere a un bisogno della collettività.

La presenza del soggetto pubblico (azienda di edilizia popolare o ente locale) nella funzione di promozione, supporto, facilitazione, moderazione, monitoraggio, in veste di piattaforma abilitante gli attori coinvolti nei progetti di housing, appare invece elemento chiave per garantire un maggior grado di successo e sostenibilità delle diverse forme di condivisione, collaborazione e policentrismo nell’abitare.

A conclusione dell’indagine traspare come sia tutto ancora da verificare l’andamento nei prossimi anni, in quale misura e a quali condizioni sarà possibile o meno garantire scalabilità e replicabilità, nonché sostenibilità sociale ed economico-finanziaria ai modelli di co-governance nel settore dell’abitare.

Risulta anche necessario coinvolgere gli investitori pazienti o di lungo termine, come le casse previdenziali e i fondi pensione, per rinforzare le infrastrutture di housing sociale esistenti e andare oltre il sistema dei fondi immobiliari, attraverso un modello che garantisca la redditività degli investimenti ma anche la sostenibilità sociale e climatica, minimizzando così rischi normalmente correlati a questo tipo di progetti.

Bibliografia di riferimento
La casa per tutti. Modelli di gestione innovativa e sostenibile per l’adequate housing, a cura di Christian Iaione, Monica Bernardi, Elena De Nictolis, Società Editrice ilMulino, Bologna, 2019

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