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Campari non soffre la recessione. L’aumento delle materie prime non pesa sull’Aperol Spritz

Campari chiude il 2022 con vendite, Ebit e utili in aumento. Il gruppo dribbla l’aumento delle materie prime e conferma dividendo e buyback. L’analisi di eToro sulle prospettive

Campari non soffre la recessione. L’aumento delle materie prime non pesa sull’Aperol Spritz

Bevi che ti passa. O no? Gabriel Debach, analista di eToro per il mercato italiano, ci fa sapere che l’inflazione ha colpito anche il rito dell’aperitivo, una delle abitudini che più si sono radicate in questi anni nel Bel Paese. E non solo. I prezzi del Prosecco (DOCG Conegliano-Valdobbiadene), utilizzato per il famoso Aperol Spritz – scrive – hanno registrato decisi rincari passando dai 2,75 euro del 14/12/2021 agli attuali 3,15 (prezzi rilevati dalla Borsa merci di Treviso) e con lui anche tutto il mondo degli aperitivi sta diventando un po’ più pesante per il portafoglio”.

Ma non così pesante da indurre i consumatori (giovani o non) a ripiegare sull’analcolico, a giudicare dai conti di Campari, la multinazionale milanese che ha saputo riscoprire un drink tradizionale, in pratica la vecchia ombra veneta, facendone un must mondiale, al punto da spingere Lvmh, depositaria dei segreti dei drink parigini, ad inventare uan  sorta di spritz gallico.

Campari conti 2022: aumentano vendite, Ebit e utile

Ma, almeno per ora, Campari regge alla concorrenza, allargando nel frattempo la sua rete ai vari spirits più prestigiosi e robusti. Il cuore di una delle più dinamiche e prestigiose multinazionali del quarto capitalismo di casa nostra resta la capacità di navigare i mercati negli anni difficili, condizionati dall’aumento delle materie prime. 

Campari ha chiuso il 2022 con un aumento del +16,4% delle vendite a parità di perimetro a 2,7 miliardi, grazie allo slancio sostenuto dei brand, ulteriormente rafforzato dagli aumenti di prezzo. Salgono sia l’Ebit (569,9 milioni di euro, da 435,2 milioni di un anno fa) che l’utile del gruppo che si attesta a 387,8 milioni (+26%). Risultati che rendono possibile sia la distribuzione di un dividendo invariato (0,06 euro) che il programma di buyback che nel 2022 ha totalizzato 121.1 milioni di euro.

Campari: aperitivi punto di forza, shopping e investimenti per aumentare la capacità produttiva

L’aumento dei costi, rilevato da e Toro non ha influito sui consumi, condizionati dal forte aumento delle materie prime che “non risparmia nessuno – avverte Debach – patate (vodka), orzo (whisky, birra, vodka), granoturco (gin) e naturalmente lo zucchero”. Fenomeni che vanno combinati con una congiuntura avversa: i  rialzi dei tassi d’interesse, l’effetto Russia, i blocchi cinesi, l’inflazione e le preoccupazioni di un rallentamento economico hanno penalizzato il comparto, con un colosso come Remy Cointreau a catalogare da gennaio 2022 la maggiore correzione (-20%). Cadute che tuttavia si sono mantenute ben al di sotto di altri settori di consumo.

“Guardando al 2023, rimaniamo fiduciosi sulla dinamica positiva del business nelle combinazioni chiave di brand e mercato grazie alla forza dei nostri marchi, con particolare riferimento agli aperitivi”, ha commentato il Ceo Bob Kunze-Concewitz. “Il contesto macroeconomico rimane in generale sfidante per l’inflazione – aggiunge – nonostante alcuni segni di moderazione; ciononostante rimaniamo fiduciosi di preservare l’attuale marginalità operativa sulle vendite al livello organico”. Senza trascurare la possibilità di fare shopping. Ulteriori investimenti sono stati dedicati all’espansione della capacità che garantirà il raddoppio della capacità produttiva complessiva nelle principali categorie di aperitivi, bourbon e tequila. Senza trascurare la possibilità di allargare la presenza nell’e-commerce, come dimostra l’investimento in Tannico. 

Nonostante i problemi generali, insomma, non c’è aria di crisi. Anzi, la recessione spaventa meno i consumi di aperitivi che non la birra. E’ l’opinione di Goldman Sachs che, guardando indietro alla storia negli Stati Uniti e analizzando l’impatto su volume, mix e prezzi durante le ultime sei recessioni, stabilisce che gli alcolici hanno guadagnato quote di mercato sulla birra. E nessuno tocchi l’aperitivo, ormai un rito classico del made in Italy.

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