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Bulgari: “Il lusso riparte e il made in Italy è sempre al top”

INTERVISTA a LELIO GAVAZZA, vicepresidente esecutivo di Bulgari: “Cina e Usa sono sempre i mercati trainanti, ma in futuro punteremo di più sui clienti italiani, anche se hanno meno potere d’acquisto”. “Il Covid ha accelerato il digitale, che però non sostituirà i canali fisici”

Bulgari: “Il lusso riparte e il made in Italy è sempre al top”

Da dove riparte il mercato del lusso? Ovviamente da Cina e Usa, i due mercati di riferimento che secondo lo studio presentato all’Altagamma Consumer Insight sono più che mai i motori della ripresa post Covid, con gli americani questa volta più veloci del previsto a riavviare i consumi domestici. “Ma il primato della Cina proseguirà e anzi si rafforzerà da qui al 2025”, commenta con FIRSTonline Lelio Gavazza, vicepresidente esecutivo di Bulgari, storico marchio del lusso made in Italy e socio di Altagamma, la fondazione che dal 1992 raduna i protagonisti dell’industria creativa e culturale italiana ed è presieduta da Matteo Lunelli (anche lui ottimista: “Nel 2021 più di un terzo dei consumatori internazionali prevedono di aumentare la spesa in beni ed esperienze di alta gamma”). Secondo Gavazza però non si vive solo di America e Cina: “La pandemia ci ha fatto capire che vanno coccolati pure i clienti locali, anche se hanno meno potere d’acquisto”. Ecco l’intervista sui nuovi scenari del lusso italiano ed internazionale.

Presidente Gavazza, in questa fase il mercato del lusso sembra trainato più dagli Stati Uniti: ci sarà un sorpasso sulla Cina?

“Il primato della Cina è destinato a proseguire e anzi si rafforzerà nei prossimi anni. Sta semplicemente cambiando la modalità di acquisto: prima della pandemia i cinesi acquistavano per il 60% nei loro viaggi all’estero e per il 40% sul mercato interno, il Covid invece ha determinato un’esplosione dei consumi interni che credo sarà mantenuta anche con la riapertura delle frontiere. Ricordiamoci che il mercato del lusso in Cina è ripartito già ad aprile 2020, mentre negli Usa solo dopo l’estate, anche se c’è stata una grande accelerazione che prosegue ancora nel 2021. Con la ripresa dei viaggi gli americani torneranno anche ad acquistare in trasferta, mentre sul versante cinese, anche per le strategie politiche del governo, non si tornerà ai valori pre-Covid. Tuttavia come numeri assoluti credo che i viaggiatori del lusso cinesi rimarranno di più”.

A proposito di riapertura delle frontiere, la variante Delta vi preoccupa?

“Un po’ sì, vedremo cosa succederà. La pandemia ci ha insegnato che non siamo così infallibili e che quindi dobbiamo stare attenti. Al momento comunque c’è voglia di ripartire”.

Anche perché il lusso vive anche di “experience” e non solo di canali digitali.

“Sulla digitalizzazione, il Covid non ha fatto altro che accelerare un fenomeno già in atto. Da diversi anni l’online guadagnava sempre più spazio soprattutto nel soft luxury, cioè la moda, un po’ meno nell’hard luxury, cioè la gioielleria, che è il nostro settore. Nel solo 2020 abbiamo fatto un salto nella digitalizzazione che si era previsto fare in cinque anni, con crescita a doppia o tripla cifra soprattutto in Cina e negli Usa, meno sul mercato europeo. Questo salto ci ha permesso di guadagnare tempo e non si tornerà più indietro, anche se nel futuro il digitale non sostituirà del tutto l’esperienza fisica. Ci sarà, come già avviene, un mix. E’ ormai comprovato che quando la vendita online è supportata da un canale fisico (ad esempio: trovare un prodotto in rete e poi acquistarlo in negozio) lo scontrino medio è più alto”.

Nel post-Covid secondo Altagamma crescerà la voglia di lusso, soprattutto tra i più ricchi: le categorie Beyond Money e Top Absolute hanno già raddoppiato la loro quota di mercato nel 2020. L’effetto rimbalzo è dovuto solo alla pandemia che ha arricchito i ricchi o c’è anche il fattore psicologico di voler spendere e “coccolarsi” dopo mesi di chiusure e risparmi? 

“Sicuramente la ripresa molto veloce dell’economia e i rally dei mercati azionari hanno garantito introiti notevoli a chi aveva già un grande patrimonio e che dunque ora si trova con più soldi da spendere. Lo stiamo notando attraverso lo scontrino di spesa del consumatore del lusso, che è mediamente aumentato, soprattutto in Cina. Sempre dalla Cina però ci sono arrivate anche le immagini delle code davanti ai negozi di lusso, subito dopo il lockdown. Questo testimonia la voglia di tornare a vivere e a spendere. Soprattutto nell’hard luxury, ad esempio i gioielli, che sono considerati beni rifugio”.

La ricerca di Altagamma e BCG sui consumatori del lusso parla di “polarizzazione nei valori dei brand tra lo stile occidentale e quello orientale”. Che cosa significa e che conseguenze ha per Bulgari, che è un brand occidentale ma molto amato anche in Asia? 

“Prima della pandemia la preferenza generale era per prodotti più trendy, se vogliamo più stravaganti. Prevalevano i valori estroversi. Dopo il Covid il mercato occidentale, quindi Nordamerica e Europa, si è invece orientato su uno stile più sobrio, mentre gli asiatici hanno confermato un gusto più esplicito, stravagante. Cosa cambia per noi? Credo che il Dna di un brand non vada stravolto. La sfida casomai è mantenere la nostra identità cogliendo però le sfumature dei vari mercati. Il brand però deve rimanere uno solo, mentre i diversi orientamenti si possono raccogliere anche solo con collaborazioni, limited edition o collezioni particolari”.

Il mercato del lusso può reggere sostenuto solo da Usa e Cina, o sarà necessario individuare almeno un terzo asse?

“Nei prossimi cinque anni il lusso crescerà del 3-5% CAGR e sarà trainato soprattutto da Usa e Cina. L’asse sino-americano rimarrà dunque fondamentale ma non l’unico, anzi la pandemia ci ha fatto capire che alcuni brand erano troppo dipendenti soprattutto dalla Cina. Con il Covid il mercato del lusso si è reso conto che non si può vivere solo di pochi mercati, seppur facoltosi. Intanto io vedo in grande crescita anche i mercati russo e mediorientale, ma soprattutto ritengo che vadano coccolati i clienti locali, nel nostro caso gli italiani, anche se hanno meno potere d’acquisto. Infine ricordiamoci che l’Asia non è solo la Cina: c’è pure il Giappone e soprattutto la Corea, sulla quale vale la pena puntare di più”.

Bulgari, così come altri brand italiani, da tempo fa parte del gruppo LVMH. Questo sta provocando una “francesizzazione” del brand o l’italianità è ancora pienamente riconosciuta sul mercato? 

“Bulgari è un marchio italiano e a parte gli orologi che vengono fatti in Svizzera, produce tutto in Italia. Anzi, entrando in LVMH abbiamo rafforzato la nostra italianità: il nostro head quarter è sempre a Roma e siamo sempre presenti sul territorio, da Firenze fino al distretto orafo di Valenza. Siamo ancora più italiani di prima”.

Tuttavia un altro studio di Altagamma sul turismo del lusso rivela che l’Italia ha perso parte del suo primato, a vantaggio di altre destinazioni come Francia e Uk. Segnale che il made in Italy qualche colpo lo sta perdendo?

“L’Italia è il Paese più bello del mondo e ce lo riconoscono tutti. Per quanto mi riguarda abbiamo sempre un grande appeal e dopo la pandemia torneremo ad essere una meta amata e visitata. Altagamma comunque lavora a stretto contatto con le istituzioni per rafforzare lo sviluppo del turismo, che sosterrà di nuovo il lusso esperienziale”.

La sostenibilità è il paradigma del momento: per voi è solo una responsabilità sociale o oggi sono proprio i clienti ad esigerla?

“La sostenibilità è un obbligo per tutti. LVMH ha una policy a 360 gradi che va dalla tutela della biodiversità, al rigoroso rispetto delle regole per l’estrazione delle materie prime, all’economia circolare. Anche Bulgari si muove su questo asse: per noi sostenibilità è ambiente ma anche etica, diversità e salute. Da anni collaboriamo con l’associazione Save The Children, alla quale abbiamo donato complessivamente 100 milioni di dollari; durante la pandemia abbiamo prodotto gel disinfettanti per la Protezione Civile e poi abbiamo una serie di progetti sull’arte e la cultura. A Roma ad esempio abbiamo contribuito alla ristrutturazione delle Terme di Caracalla e della scalinata di Piazza di Spagna. Comunque sì, anche in consumatori ci fanno sempre più caso alla sostenibilità, soprattutto i più giovani: i Millennials e la Generazione Z non accettano di acquistare da aziende che non si preoccupano di tutelare il pianeta”.

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