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Btp, vale ancora la pena investire

Spiega Claudia Vacanti, responsabile investimenti Bg Sgr: “A fine novembre un Btp a 5 anni agosto 2017 valeva 90 con un rendimento del 7,5%, oggi vale 107 con un rendimento del 3,85%. Il guadagno di chi ha avuto allora il sangue freddo di comprare questi titoli si aggira oggi attorno al 20%” – Domani nuova asta di Btp a dieci anni.

Btp, vale ancora la pena investire

Chi ha creduto nel debito italiano e non si è fatto prendere dal panico ha portato a casa un bel guadagno in questi mesi: un Btp decennale comprato a novembre quando rendeva oltre il 7% e venduto oggi che paga sotto il 5% ha reso ben il 18%.

“Chi ha sottoscritto a quell’epoca titoli di Stato ha fatto ottimi guadagni – spiega Angelo Drusiani di Banca Albertini Syz – sono i decennali e i trentennali che hanno avuto il maggior miglioramento. Oggi la prospettiva sembra ancora buona. L’unico problema è rappresentato dalla situazione politica: bisogna vedere se i partiti che stanno sostenendo il Governo entreranno in fibrillazione in vista delle amministrative. Penso che valga ancora la pena sfruttare il decennale: se non succede nulla di particolare sul fronte politico e internazionale credo abbia ancora buone prospettive. Per chi ha poca propensione al rischio meglio invece i 3 anni, un Btp al 2015 rende oggi attorno al 2,70-2,80%”.

Spiega anche Claudia Vacanti, responsabile investimenti Bg Sgr: “A fine novembre un Btp a 5 anni agosto 2017 valeva 90 con un rendimento del 7,5%, oggi vale 107 con un rendimento del 3,85%. Il guadagno di chi ha avuto allora il sangue freddo di comprare questi titoli si aggira oggi attorno al 20%, con rendimenti leggermente più bassi per durate più corte e leggermente più alti per durate più lunghe”.

Come hanno affrontato questi mesi di turbolenza dello spread i gestori?: “Con il cambio dell’esecutivo e la nuova manovra lentamente il mercato ha cominciato a far rientrare le tensioni dopo che a inizio settembre avevamo assistito a un allargamento drammatico dello spread e di discesa dei prezzi. Dal primo dicembre Il mercato ha attraversato tre fasi: si è chiuso lo spread sui titoli più corti che sono stati i primi a recuperare; poi è stata la volta dei titoli fino a 5 anni; infine da gennaio sono andate anche le parti lunghe. Noi da metà settembre in avanti abbiamo comprato titoli corti mentre con il cambio dell’esecutivo abbiamo allungato le scadenze cavalcando le tre onde”, spiega Vacanti. Certo, probabilmente le occasioni migliori sono ormai alle spalle. Ma il trend di chiusura dello spread ha ancora della strada da fare. Per il futuro le scadenze a due/tre anni saranno poi aiutate dai due Ltro della Bce.

“Con tutti i soldi che la Bce ha immesso nel sistema – continua Vacanti – riteniamo che lo spread sulle parti corte sia destinato a chiudersi ulteriormente ed è quello che sta già succedendo. Al momento lo spread sul Btp a due anni è attorno a 175 punti base e a 3 anni a 230, senza pensare a tornare ai 30 punti base di quando il mercato non prezzava il rischio nell’Eurozona, c’è ancora margine di recupero. I finanziamenti della Bce a tre anni hanno infatti tolto il rischio per questo lasso di tempo, naturalmente i guadagni saranno ridotti rispetto al passato ma anche il rischio di oscillazioni più basso”. Chi punta a un capital gain maggiore assumendosi anche maggiori rischi guarda però ora al decennale.

“Con i Btp a dieci anni – dice Vacanti – se c’è una riduzione di 50 punti base dello spread si può guadagnare di più perché hanno più leva di duration. Per fare un esempio se oggi il Btp rende il 4,85% e lo spread scende a 250 il titolo si può rivalutare di 3-4 punti percentuali da aggiungere alla cedola. Penso sia uno scenario alla nostra portata. Se nel 2013 riusciamo ad avvicinarci al pareggio di bilancio, ci troveremmo in uno scenario unico e con a quel punto un avanzo primario consistente nonostante un alto debito”.

Ma non è solo Btp. Tra primi a soffrire in maniera evidente già da luglio sono stati anche i titoli a tasso variabile Cct: il mercato li ha trattati come uno zero coupon sulle scadenze a 7 anni e in poche settimane hanno perso 10 punti percentuali di prezzo, che per un titolo a tasso variabile non è poco. “Il Cct a 7 anni – fa notare Vacanti – è precipitato, poi durante l’estate è rimasto lì dimenticato e ha recuperato solo recentemente. Per esempio il Cct 15 ottobre 2017 ha toccato un minimo a fine novembre a 76, solo a metà gennaio ha iniziato la ripresa e ora quota a 93 con un discount margin di 221 punti e rendimento del 3,35% e c’è ancora spazio di recupero. I Cct sono titoli che hanno meno mercato professionale ma più di cassettisti perché è più difficile fare hedging”.

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