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Borse Sudamerica in altalena ma pesano la sfiducia del Brasile in Lula e l’inflazione record in Argentina

Sui mercati finanziari le principali piazze continuano a procedere in ordine sparso anche nel mese di maggio, che è stato contrassegnato dalla contrastata riunione di tutti i leader nazionali, invitati a Brasilia dal presidente Lula, dalla galoppante inflazione argentina e dalle tensioni in Messico

Borse Sudamerica in altalena ma pesano la  sfiducia del Brasile in Lula e l’inflazione record in Argentina

Sudamerica unito, ma solo a parole. Sui mercati finanziari le principali piazze continuano a procedere in ordine sparso anche nel mese di maggio, che pure è stato contrassegnato – dal punto di vista politico – dalla riunione di tutti i leader nazionali, invitati a Brasilia dal presidente Lula. Per la prima volta dal 2019, quando era stato bandito da Bolsonaro, è stato concesso l’ingresso in Brasile anche al dittatore venezuelano Nicolas Maduro: la sua partecipazione è stata rivendicata da Lula con una disinvoltura al limite dell’autogol, visto che non è andata giù né al presidente dell’Uruguay, Luis Alberto Lacalle Pou, di centrodestra, né tantomeno al socialista Gabriel Boric, presidente del Cile. Entrambi hanno preso ufficialmente le distanze.

Il tentativo ambizioso di far sedere allo stesso tavolo tutti i leader dell’America Latina si è peraltro scontrato con le grandi differenze che ancora persistono tra le varie economie, come ha fatto notare Bloomberg nell’articolo dal titolo “Lula’s Dreams of Latin American Unity Ignore Brazil’s Economic Reality”. Il quotidiano sostiene, non a torto, che prima di sognare una piattaforma politica unita, Lula e gli altri presidenti dovrebbero piuttosto lavorare sull’integrazione economica del Mercosur, che ancora è lontana dal compiersi ad un livello paragonabile a quello visto ad esempio in Europa. Dal punto di vista delle Borse, il mese di maggio appena concluso ha infatti dato indicazioni ancora una volta contrastanti.

Brasile: a maggio il Bovespa guadagna il 7% malgrado la sfiducia in Lula

I mercati scommettono su una imminente riduzione dei tassi d’interesse e questo ha innescato una tendenza rialzista nel mese di maggio, in cui l’indice Bovespa della Borsa di San Paolo ha guadagnato circa il 7%, rispetto ad una prima parte dell’anno in ribasso, vista la sfiducia generale della comunità finanziaria nei confronti del rieletto presidente Lula (secondo un sondaggio di CNN Brasil, il suo operato non sta piacendo all’80% degli addetti ai lavori). Il ritorno dell’ex presidente del miracolo economico degli anni 2000 era stato inizialmente incoraggiato dal mondo finanziario, che però non ha gradito alcune interferenze del nuovo governo ad esempio nei confronti del colosso Petrobras, che in pochi mesi ha prima visto azzerarsi i vantaggi fiscali previsti da Bolsonaro e poi è stato invitato – essendo lo Stato primo azionista della società petrolifera – a rinunciare alla generosa politica dei dividendi (deciderà il Cda a luglio) e a ridurre il costo dei carburanti.

Proprio su Petrobras Lula ha dovuto invece chiudere un occhio sul piano per estrarre greggio dalla foce dell’Amazzonia, mettendosi contro la parte più ambientalista dell’esecutivo (ad incominciare dalla ministra per l’Ambiente Marina Silva) e parte dell’elettorato. Ai mercati invece non è dispiaciuto il via libera – ancora non definitivo – ad un nuovo grande progetto di estrazione, sebbene non proprio in linea con i paradigmi della finanza green. La soluzione potrebbe essere concedere la licenza per un periodo limitato, e nel frattempo Petrobras si sta già guardando intorno, annunciando investimenti in Bolivia, Guiana e Venezuela. Le nuove strategie e prospettive al momento convincono gli investitori: a maggio Petrobras ha guadagnato circa il 15%. In questo periodo sono andate bene anche le banche: Banco do Brasil +8% circa, ancora meglio Bradesco +15%, mentre Itaù chiude il mese intorno al +6%.

Argentina continua il rally di Borsa a dispetto dell’inflazione record

Continua invece il 2023 d’oro della Borsa di Buenos Aires, sempre più scollegata da un’economia reale che invece va in pezzi, tra il record storico dell’inflazione registrato a marzo (oltre il 100% su base annua) e la crisi climatica che sta mettendo in ginocchio le piantagioni soprattutto di soia, di cui fino a qualche anno fa l’Argentina era il primo esportatore al mondo, per poi farsi scavalcare dal Brasile anche per colpa di una siccità anomala iniziata nel 2020 e ancora in corso. A volte però sono proprio questi i meccanismi che innescano un rialzo in Borsa: il crollo della produzione di soia (e di altre materie prime agricole) farà lievitare i prezzi, a vantaggio delle singole imprese. 

Il rally dell’indice Merval, del resto, prosegue sulla scia del 2022, durante il quale era salito del 30,8%, anche in quel caso grazie all’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche e agricole sul mercato internazionale. Nel mese di maggio, rispetto alla chiusura di aprile, l’indice della Borsa di Buenos Aires ha guadagnato un ulteriore 16%, trascinato ancora una volta dagli energetici. Per fare alcuni esempi, Pampa Energia da inizio anno ha quasi raddoppiato il suo valore, e lo stesso si può dire per Transportadora de Gas del Norte e Transportadora de Gas del Sur.

Messico, Borsa in forte ribasso a maggio e manovre su Banamex

Male invece la Borsa di Città del Messico, che a maggio perde circa il 10%, dovuto soprattutto al crollo dell’11 maggio, alla vigilia della fine del regime di espulsione automatica per i migranti che attraversano la frontiera con gli Stati Uniti, secondo la legge voluta dall’allora presidente Donald Trump nel 2020. Dal 12 maggio si è tornato al vecchio regime, secondo il quale per lo meno viene valutata la richiesta d’asilo. Solo nel 2022, nonostante il divieto, 2,6 milioni di persone sono state arrestate nel tentativo di attraversare la frontiera, un record assoluto. E dal 2020 ad oggi le espulsioni di cittadini già entrati sono state 2,8 milioni. 

L’altra novità dal Messico, questa volta di carattere strettamente finanziario, è l’ultima trovata del presidente Andrés Manuel López Obrador, il quale ha annunciato che sta valutando di far acquisire dallo Stato la metà della filiale messicana di Citigroup, conosciuta come Banamex, dopo che il colosso bancario statunitense aveva fatto capire di volerla cedere. Secondo quanto riportato da Reuters, il governo starebbe dunque pensando di rilevare il 50% del capitale, con un investimento pari a 3 miliardi di dollari. L’operazione, secondo il presidente, avverrebbe attraverso un consorzio pubblico-privato, con la partecipazione di investitori privati messicani. Niente da segnalare invece dalle Borse di Cile e Colombia, sostanzialmente stabili tra aprile e maggio.

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