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Borse, Piazza Affari maglia nera: banche e industria in profondo rosso

La Borsa di Milano perde oltre il 2,5% – Sprofonda Wall Street – Pesano la caduta del Pil tedesco e l’inversione della curva dei rendimenti dei bond Usa che fa temere la recessione – Banche e titoli petroliferi e industriali sotto pressione.

Borse, Piazza Affari maglia nera: banche e industria in profondo rosso

La schiarita è durata un giorno solo, perché oggi la paura della recessione ha riportato una tempesta di mezza estate in Borsa e i listini europei chiudono in netto calo, mentre Wall Street, dopo un’apertura negativa, procede con perdite del 3% su DJ, Nasdaq e S&P 500. 

In Europa Francoforte arretra del 2,13%; Parigi -2,08%; Madrid -1,91%; Londra -1,45%. Piazza Affari è la peggiore, -2,53%, sul filo dei 20mila punti (20.020), con le banche che pagano i guadagni di ieri e gli industriali sotto scacco. Nessuna blue chip si ferma in territorio positivo. Atlantia (che controlla Autostrade per l’Italia) perde il 4,07% nel primo anniversario della tragedia del Ponte Morandi, mentre il vicepremier Luigi Di Maio torna sulla revoca delle concessioni e i familiari delle vittime chiedono alla delegazione aziendale di lasciare la commemorazione a Genova. La borsa di Milano, con Atene, Vienna e Varsavia, sarà chiusa domani per la festa di Ferragosto.

Gli acquisti si riversano sui beni rifugio e sui titoli di Stato. Anche la carta italiana archivia una buona seduta, nonostante le incognite politiche che gravano sul futuro del governo del paese e il debito pubblico abbia toccato a giugno un nuovo record (2.386,2 miliardi). Il rendimento del Btp 10 anni è 1,52%, mentre il differenziale con il decennale tedesco arretra del 3,25% a 217 punti base. Un tale risultato arriva mentre il rendimento del Bund 10 anni scende a un nuovo minimo storico a -0,65%.

Ad impensierire gli investitori però è anche questa corsa ai titoli di stato e soprattutto l’inversione della curva che, dopo molti timori, tocca i bond Usa, con i Treasury 10 anni che, per qualche minuto, rendono meno di quelli a 2 anni (al momento sono invece rispettivamente 1,588% e 1,567%). L’inversione aveva già riguardato decennale e trimestrale, ma non si era ancora estesa al titolo a due anni. Il Terasury trentennale ha toccato invece un minimo storico a 2,041%.

È un evento che non si vedeva dal 2007 e che fa molta paura alla luce delle statistiche degli ultimi 50 anni, perché è quasi sempre stato un segno anticipatore della recessione. L’inversione della curva si è registrata anche sui titoli inglesi di pari durata. Accanto a questi segnali ce ne sono altri che, già in mattinata, avevano oscurato i cieli europei, in particolare la frenata della locomotiva economica della zona euro, con il calo del pil tedesco nel secondo trimestre 2019 (-0,1%), +0,4% su anno, cioè il ritmo più lento da sei anni a questa parte. Un altro dato macroeconomico inquietante è quello relativo alla produzione industriale cinese, in rialzo del 4,8% ritmo più lento degli ultimi 17 anni. 

In questa cornice lo yen si è avvicinato ai massimi da un anno e mezzo sul dollaro; l’euro sta perdendo terreno contro la divisa statunitense e si muove in area 1,1141. L’oro è ripartito in quarta e ora viaggia a 1527,75 dollari l’oncia (+0,9%). Il petrolio retrocede rapidamente, anche a causa delle scorte Usa aumentate inaspettatamente la settimana scorsa: Brent -4,3%, 58,66 dollari al barile; Wti -4,7%, 54,4 dollari al barile. 

Sul listino principale di Piazza Affari il conto dei feriti parte proprio da un titolo oil: Tenaris, -5,2%. Il bilancio è ampiamente negativo per Saipem, -4,57% ed Eni -2,37%.

Le banche sono in profondo rosso a partire da Bper -4,92% e Unicredit -3,74%. Fuori dal listino principale si salva Mps, +0,93%. Fra i finanziari arretra Finecobank -4,89%.

Inversione a U, dopo i guadagni di ieri, per Stm -4,47%. In fondo al paniere Cnh -4%; Prysmian -4,02%; Pirelli -3,96%; Juventus -4,61%. Telecom, -2,02%, non riesce a frenare la caduta nel timore che un eventuale governo tecnico dovrebbe concentrarsi sul rispetto dei vincoli europei in materia di bilancio, mettendo in secondo piano l’ipotesi di rete unica, prospettiva che invece potrebbe liberare valore per il gruppo.

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