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Bologna, eutanasia del Museo della storia petroniana: presto nel palazzo i quadri di Morandi

A Bologna, Palazzo Pepoli Vecchi in comodato gratuito al Comune che vi collocherà a breve i quadri di Giorgio Morandi. Ma che fine faranno le opere da trasferire?

Bologna, eutanasia del Museo della storia petroniana: presto nel palazzo i quadri di Morandi

Tutto muore prima o poi, persino i musei e forse, quando non se la passano troppo bene, le istituzioni danno loro una mano. È quanto accade a Bologna dove l’eutanasia istituzionale sta per colpire il Museo della storia petroniana, un percorso giovane e divertente, quasi un parco giochi, un tracciato diviso in 34 sezioni tematico-cronologiche, che raccontano la città e le sue genti, dalla Felsina etrusca alla contemporaneità.

Il museo, inaugurato nel 2012, fu un’idea di Fabio Roversi Monaco, ex rettore ed ex presidente della Fondazione Carisbo, che grazie a questa iniziativa restituì nuova vita anche a uno degli edifici più belli e antichi di Bologna, Palazzo Pepoli Vecchio, nella centralissima via Castiglione. 

Bologna, la sede del Museo in comodato al Comune

Secondo quanto scrivono i giornali locali, proprio la Fondazione, oggi presieduta da Patrizia Pasini, ha deciso di liquidare la creatura di Roversi e di concedere la sede del museo in comodato gratuito al Comune. L’edificio, a quanto sembra, dovrà essere consegnato vuoto già nel mese di maggio, quindi sfratto e trasloco dovrebbero essere imminenti. Il sindaco Matteo Lepore e la sua giunta vogliono alloggiare in questa immensa casa di oltre seimila metri quadrati il Museo Giorgio Morandi e risolvere così anche un’annosa questione sull’eredità del grande pittore.

Bologna, una soluzione per i quadri di Giorgio Morandi

I quadri di Morandi meritano sicuramente una collocazione degna, anche se la loro rarefatta poetica sembra un po’ in contraddizione con la sfavillante bellezza di Palazzo Pepoli, oggetto di una ristrutturazione interna visionaria e ultramoderna pensata per un museo del nuovo millennio, firmata dall’architetto Paolo Bellini, che ha posto al centro della costruzione una “Torre del Tempo” (omaggio alla città detta la “turrita”), struttura in vetro e acciaio inondata dall’alto di luce naturale.

Eppure Bologna guarda con apatica indifferenza alla fine del Museo che racconta la sua storia e Roversi Monaco probabilmente non ha né la forza, né la voglia di difendere il suo progetto. Ad andare in soffitta sarà poi l’intero percorso museale della Fondazione ideato durante il suo mandato e denominato Genus Bononiae, di cui il Museo della città era il centro. Gli altri quattro musei collegati resteranno, ma la Fondazione Carisbo sta cercando dei privati disposti a gestirli e il bando per le manifestazioni d’interesse scade il 20 marzo.

Museo della Storia, addio segnato: che fine faranno le opere?

L’addio è segnato e tra poche settimane si spegneranno le luci su un angolo di bellezza, su una delle grandi idee che hanno cercato di vivacizzare la vita culturale bolognese negli ultimi dieci anni.  

I pezzi importanti che fine faranno? Non si sa. I reperti archeologici, i dipinti del Guercino, dei Carracci, di Giacomo Balla? La statua di Lucio Fontana, due enormi murales di Blu, uno dei quali alto quanto un condominio? E la copia, a grandezza naturale, di una monumentale pianta prospettica della città, affrescata nella Sala Bologna del Palazzo apostolico vaticano? Per ora non ci sono risposte.

Per i pezzi meno importanti il futuro potrebbe essere peggiore: i grandi pannelli illustrativi, con la grafica di Italo Lupi, i filmati che accompagnano i visitatori e per i quali si resero disponibili Lucio Dalla, Massimo Valerio Manfredi, Philippe Daverio, Giorgio Albertazzi, Alessandro Bergonzoni, Francesco Guccini, Loriano Macchiavelli e Umberto Eco? Gran parte di questo patrimonio finirà probabilmente in un deposito, i quadri forse torneranno in altre sale della Fondazione, di sicuro morirà l’idea, l’identità originale di questo luogo. Perché? A questa semplice domanda non è facile ottenere una risposta. Probabilmente costa troppo per una Fondazione che, dopo il Covid, ha deciso di ridurre gli investimenti in cultura, probabilmente tanti interessi si  incontrano in una città poco sensibile a questo gioiello incastonato nel suo cuore. Non è nemmeno chiaro quanti visitatori continuino a frequentare il museo e d’altra parte la pubblicità e gli eventi attrattivi scarseggiano, persino l’ottimo ed elegante bar che animava la hall ha chiuso i battenti anni fa.

Così finisce un’epoca, così muore un’idea, così cambiano i tempi e le genti e se qualcuno vuole vedere il Museo della storia di Bologna per la prima volta o per dargli il suo ultimo saluto è bene che si affretti, il tempo stringe.

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