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Bce e Fed: inflazione legata all’offerta, poi tornerà al 2%

Per la numero uno della Bce la ripresa “è la più forte dal 1975” ma l’incremento dei prezzi è legato a restrizioni dell’offerta e non a condizioni generalizzate dell’economia. D’accordo anche la Fed. La politica monetaria resterà espansiva per favorire la ripresa

Bce e Fed: inflazione legata all’offerta, poi tornerà al 2%

L’inflazione non è un problema e la ripresa in atto, per quanto sia “la più forte dal 1975” non porterà un surriscaldamento strutturale dei prezzi. Lo dicono sia Christine Lagarde numero uno della Bce , al Forum della Banca centrale, che Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, di fronte al Senato. Una singolare sincronia per rassicurare i mercati sul fatto che l’inflazione è piuttosto legata ai colli di bottiglia che surriscaldano l’offerta piuttosto che a condizioni generalizzate dell’economia come l’aumento dei salari o la corsa dei consumi. Tutto ciò va nella direzione, dice la Bce, di una politica monetaria ancora favorevole per favorire l’uscita dalla pandemia poiché la solidità della ripresa, le fa eco Powell oltre oceano, è certamente legata alla fine del tunnel da Covid-19.

La ripresa in atto è la più forte e la più rapida dal 1975, ha detto la numero uno della Bce, Christine Lagarde, intervenendo al Forum on central banking dedicato al tema del futuro della politica monetaria oltre la pandemia. “Dall’inizio della grande crisi finanziaria ci sono voluti sette anni perché il Pil dell’area dell’euro tornasse ai livelli precrisi – ricorda Lagarde – ma la crescita non è mai tornata al ritmo che credevamo possibile prima del 2008. Ora prevediamo che il Pil supererà il livello pre-pandemia entro la fine di quest’anno, tre trimestri prima di quanto previsto lo scorso dicembre, e dovrebbe avvicinarsi a riconnettersi con la sua tendenza precrisi nel 2023. Dal suo minimo, la ripresa del Pil è la più ripida nell’area dell’euro dal 1975”.

Quanto all’inflazione nell’Eurozona, grazie alle riaperture ha raggiunto il 3% ad agosto e “si prevede che aumenterà ulteriormente nei prossimi mesi – continua Lagarde – ma il basso livello di inflazione dello scorso anno e l’alto livello di quest’anno sono pari, facendo la media, al tasso di inflazione registrato nel 2019 prima della pandemia. Dunque il livello dei prezzi è ora praticamente lo stesso che avremmo avuto se l’inflazione fosse rimasta stabile ai suoi livelli pre-pandemici”.

Inoltre, “la politica monetaria normalmente deve guardare oltre l’inflazione determinata da restrizioni dell’offerta”, come quella attuale: “Stiamo monitorando con attenzione gli sviluppi – spiega ancora Lagarde – ma finora non vediamo segnali che l’inflazione stia prendendo piede nel corpo complessivo dell’economia”.

Per questo, conclude la numero uno della Bce, “la politica monetaria si impegna a preservare condizioni di finanziamento favorevoli per tutti i settori dell’economia durante il periodo di pandemia. E una volta arrivata la conclusione dell’emergenza pandemica, che si avvicina sempre di più, la nostra forward guidance sui tassi e sugli acquisti nell’ambito del programma di acquisto di attività garantiranno che la politica monetaria continui a supportare il raggiungimento del nostro obiettivo di medio termine dell’inflazione del 2%”.

Sulla stessa linea di Lagarde anche il presidente della Fed, Jerome Powell, che oggi interviene al Senato degli Stati Uniti: “L’inflazione è elevata e resterà probabilmente così nei prossimi mesi, prima di rallentare – si legge nelle anticipazioni diffuse alla stampa americana – Con l’economia che continua a riaprire e con il rimbalzo delle spese, stiamo vedendo pressioni al rialzo sui prezzi, dovute soprattutto ai colli di bottiglia nelle forniture in alcuni settori. Questi effetti sono più grandi e duraturi di quanto atteso, ma diminuiranno e, così facendo, l’inflazione dovrebbe tornare indietro verso il nostro obiettivo del 2% a più lungo termine. Il processo di riapertura dell’economia è senza precedenti, così come lo è stato la chiusura. Mentre la riapertura continua, i colli di bottiglia, le difficoltà di assunzione e altri vincoli potrebbero nuovamente rivelarsi maggiori e più duraturi del previsto, ponendo rischi al rialzo per l’inflazione. Se l’aumento dell’inflazione dovesse diventare una seria preoccupazione, risponderemmo sicuramente e useremmo i nostri strumenti per garantire che l’inflazione raggiunga livelli coerenti con il nostro obiettivo”.

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