Piazza Affari fanalino di coda, Wall Street in rialzo per il terzo mese consecutivo. Salgono dollaro (+2,6% contro l’euro) e petrolio (+3,8%, dopo +21% ad aprile e +11% a marzo), battuta d’arresto per l’oro (-6% nel mese). Così i mercati finanziari hanno archiviato il mese di maggio che, dopo aver fatto temere il peggio, si è chiuso senza provocare grossi danni.
La Borsa italiana, complice ancora una volta la crisi delle banche, ha accusato nel mese un calo del 2,5% che si riduce ad un più modesto -0,3% se si tiene conto dello stacco dei dividendi. Ma il risultato resta il peggiore: Francoforte archivia maggio con un guadagno del 2,3%, a New York l’S&P 500 sale del 2% circa. Da inizio anno la perdita è del 15%.
Anche giugno, nonostante l’ottimismo sul fronte delle sofferenze manifestato da Ignazio Visco nelle Considerazioni Finali di Banca d’Italia, si annuncia problematico: l’aumento di Veneto Banca si sta rivelando un flop, nubi minacciose si profilano per l’operazione del Banco Popolare, sale la tensione tra i soci di Unicredit.
GIAPPONE: CANCELLATO L’AUMENTO DELL’IVA, SE NE RIPARLA FRA 3 ANNI
I mercati, intanto, fanno i conti con i dati contrastanti in arrivo dall’economia reale. Doppia lettura in Cina per l’indice Pmi, che segnala l‘andamento degli acquisti delle imprese: il dato ufficiale è di 50,1 punti, un soffio sopra il confine tra crescita e stagnazione. Ma per l’autorevole Caixin l’asticella si ferma a quota 49,2. Piatta la Borsa di Shanghai, ancora in rialzo Shenzhen (+0,9%): cresce l’attesa per il possibile ingresso delle azioni A-Shares nell’indice Morgan Stanley Global.
Contradditori i dati in arrivo dal resto dell’Asia: prende velocità l’economia della Corea del Sud, soffre Taiwan. Il Giappone, pur in contrazione (-4,2% gli investimenti del primo trimestre) fa meglio del previsto. La Borsa di Tokyo (-0,5%) scivola però in rosso dopo cinque giorni di rialzo. In lieve rialzo lo yen.
Stamane il premier Shinzo Abe ha fatto l’annuncio più atteso: l’aumento dell’Iva, già previso per il prossimo aprile, slitta all’ottobre 2019.
SALGONO I CONSUMI USA. AMAZON SORPASSA FACEBOOK
Anche la seduta di Wall Street è stata condizionata dai numerosi dati macro in arrivo. Alla fine, complice la frenata del comparto energia (-0,56% l’indice di settore), le quotazioni hanno virato verso il basso: S&P -0,4%, Dow Jones -0,7%. Quasi invariato il Nasdaq (-0,03%), sostenuto da Apple. Nel coso di maggi la Mela ha recuperato il 6,5% dopo il tonfo della trimestrale. Intanto la capitalizzazione di Amazon (340,03 miliardi di dollari) ha superato ieri quella di Facebook (339,95 milioni).
I riflettori sono ora concentrati sui numeri in uscita di qui a venerdì, decisivi per valutare l’orientamento della Fed: l’indice Ism che rileva l’andamento dell’attività manifatturiera, le vendite di autoveicoli a maggio e, più ancora, l’andamento delle assunzioni nel settore privato (domani)in attesa del dato complessivo sul mercato del lavoro (in uscita venerdì). La probabilità di un rialzo tra 2 settimane è prevista dal 24% degli operatori, minimo da 2 settimane. Resta invece sopra 50% la probabilità di una mossa nel FOMC del 27 di luglio.
A giustificare la prudenza del mercato è l’incertezza sulla forza della ripresa. Il dato più forte riguarda l’andamento dei consumi, che registra la maggior crescita dall’agosto del 2009. Frena invece l’indice della fiducia dei consumatori elaborato dal Conference Board ha registrato in maggio un calo a 92,6 da 94,2 di aprile, il consensus si aspettava un incremento a 96,1. Sono sotto le attese anche due indicatori sull’attività economica nella zona di Dallas e di Chicago. L’inflazione “core” risulta stabile (1,6%).
SONDAGGI FAVOREVOLI ALLA BREXIT, LA STERLINA VA GIÙ
Giornata all’insegna dei ribassi ieri anche per i maggiori listini europei, con i volumi degli scambi che continuano a mantenersi su livelli bassi. Ad agitare le acque nel pomeriggio ha contribuito l’uscita di due sondaggi che davano in vantaggio i fautori dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. L’effetto Brexit, oltre a deprimere la sterlina (-1,1%) e in minor misura l’euro, ha favorito il rimbalzo dei titoli di Stato della zona “core”. Parigi ha chiuso a -0,5%, Francoforte a -0,7% e Londra a -0,6%. La Borsa peggiore, condizionata dalle vendite sul comparto bancario, è stata Milano: -1,5%, l’indice Ftse Mib ha chiuso a 18.025 punti.
A BUND E BTP L’OSCAR DEL MESE
Poco mossi i titoli del debito, il comparto vincente di maggio; nel corso del mese il Bund decennale ha guadagnato l’1,2%, tiene il passo anche il Btp (+1%). Strepitoso il progresso dei titoli di Stato ellenici grazie all’accordo con i creditori (+10%). In frenata invece i Treasury bond americani: l’attesa di un rialzo dei tassi ha fatto perdere al decennale lo 0,3%.
LO SPETTRO DI VENETO BANCA SPAVENTA LE BANCHE
Il grande malato del listino di Piazza Affari resta il settore del credito. In realtà, a giudicare dalle nuove perdite di Deutsche Bank ieri -2% (-29% da inizio anno) il malessere è generale: l’indice Eurostoxx Banks cede oltre il 2%.
Ma su Piazza Affari incombe l’incubo degli aumenti di capitale, necessari per rispondere alle richieste della Bce. Dopo il flop della Popolare di Vicenza il mercato è ora alle prese con l’esito, altrettanto deludente, dell’operazione di Veneto Banca; le adesioni del mercato all’operazione (un miliardo) sono in pratica nulle, nonostante il prezzo di emissione a 0,10 euro. Anche stavolta, come a Vicenza, dovrà venire in soccorso il fondo Atlante, rilevando almeno il 75% del capitale. Il resto, se va bene, potrebbe esser comprato dagli attuali soci, permettendo così la creazione di un flottante sufficiente per l’ammissione in Piazza Affari. Per ora, però, l’incertezza resta sovrana anche su questo punto.
Lo spettro di un nuovo fallimento pesa sulle sorti del Banco Popolare (-7,3%), alla vigilia dell’operazione di aumento necessaria prima della fusione con la Popolare di Milano (-4,8%). La Banca veneta è la peggior blue chip del 2016: -65%.
In forte calo anche il resto del settore. Monte Paschi cede il 3,8%, nonostante l’ad Fabrizio Viola abbia detto che la Banca sta valutando le offerte non vincolanti per vendere un pacchetto di sofferenze per 200 milioni. Giù anche Mediobanca (-2,8%), che pure ha smentito l’acquisto di azioni Veneto Banca, così come Ubi (-4%). Anche Intesa, che ha ceduto al fondo Atlante l’onere della garanzia dell’aumento della banca di Montebelluna, lascia sul tappeto il 3,2%.
Cresce intanto in Unicredit (-4%) il malessere degli investitori internazionali per le modalità scelte per la ricerca di successore di Federico Ghizzoni. Intanto Allianz ha deciso di cambiare la sua rappresentanza nel Cda: esce Helga Jung, sostituita da Sergio Balbinot. Ha dato le dimissioni “per motivi personali” anche Manfred Bischoff. “Non sono assolutamente candidata a presidente”, ha intanto detto l’economista Lucrezia Reichlin. Gli analisti di Equita Sim (presieduta da Alessandro Profumo) hanno affermato che un aumento di capitale da almeno 5 miliardi di euro sia l’unica opzione realistica per portare il CET1 della banca sopra il 12%.
Tra tanti ribassi brilla l’eccezione Carige (+3%): il Cda ha preparato le linee guida del nuovo piano industriale da presentare oggi alla Bce.
DOPO L’ESTATE L’OFFERTA DEL 29,7% DI POSTE: VALORE 2,7 MILIARDI
In calo Tutte in calo le società del risparmio gestito, soprattutto Anima (-3,8%). Debole anche Poste Italiane (-0,07%), che si annuncia temibile concorrente per le banche nella corsa alla raccolta del denaro degli investitori. Ieri, infatti, un decreto del Consiglio dei Ministri ha autorizzato la vendita del residuo 29,7% nelle mani del Tesoro dopo il passaggio alla Cdp del 35% della società. Le azioni saranno offerte in Borsa dopo l’estate: incasso previsto tra 2,7 miliardi (l’attuale valore di Borsa) e 3,2 miliardi.
DEBOLI LE BLUE CHIPS, S&P PROMUOVE LUXOTTICA
Sotto tono le altre blue chip. Deboli petroliferi e utility: Eni -1,1%, Saipem -1,6%, Enel -0,6%, A2A +0,1%. Tra gli industriali rimbalzo di Cnh Industrial (+1%). Fiat Chrysler +0,1%. In calo Leonardo (-1,2%) e StM (-1,5%). S&P ha rivisto al rialzo l’outlook su Luxottica (-1,42%) a ‘positivo’ da ‘stabile’ grazie ai “solidi risultati raggiunti dal gruppo in termini di generazione di cassa”. Confermati i rating A/A-2.
RECORDATI FA SHOPPING. VOLANO ISAGRO E DIGITAL BROS.
Brillano sul listino le multinazionali tascabili di casa nostra. L’Oscar tocca senz’altro a Recordati (+0,04%), uno dei titoli migliori di Piazza Affari (+88% l’anno scorso). La società pharma ha acquistato il controllo di Italchimica con un’operazione di 130 milioni di euro finanziata interamente con il cash aziendale.
Digital Bros schizza su del 24% a 7,10 euro, ai massimi da gennaio: sono passate di mano 700mila azioni, il quantitativo più elevato degli ultimi due anni. La società attiva nei giochi elettronici ha annunciato la vendita a Starbreeze AB dei diritti di Payday e si aspetta che l’accordo al 30 giugno 2016 generi maggiori ricavi consolidati per 25,5 milioni di euro oltre che un maggior utile lordo di 22,5 milioni.
Vola anche Isagro (+7%). La società degli agrofarmaci (sia di origine chimica che biologica), ha annunciato che la sua biosolution ECODIAN SL ha ottenuto dal ministero della Sanità l’autorizzazione alla commercializzazione sul territorio italiano.