Il ministro dell’Economia argentino Martin Guzmán si dimette, segnando la più grande uscita di scena del governo del presidente Alberto Fernandez dopo l’inasprirsi delle lotte all’interno della coalizione di governo su come gestire la crescente crisi economica argentina alle prese con un’inflazione alle stelle e la carenza di gasolio. Inoltre, le dimissioni di Guzmán coronano una settimana di tensione sui mercati valutari, con il dollaro ai massimi storici dopo la decisione della Banca Centrale di imporre maggiori restrizioni all’accesso delle imprese alla valuta estera per pagare le importazioni, una misura volta a proteggere le scarse riserve valutarie del Paese.
Guzmán cede alle pressioni del kirchnerismo e si dimette
Ministro dalla fine del 2019 e stretto alleato del Presidente Alberto Fernandez, il trentanovenne Guzmán non ha spiegato i motivi delle sue dimissioni. Ma in una lettera di sette pagine pubblicata su Twitter, ha suggerito che le battaglie interne sono state almeno in parte la ragione della sua decisione, chiedendo a Fernandez di ricucire le divisioni in modo che il “prossimo ministro non soffra” le stesse difficoltà che ha avuto lui.
Guzmán, che si era scontrato con la vicepresidente Cristina Fernandez de Kirchner, leader dell’ala di estrema sinistra, ha dichiarato di mantenere “la fiducia nella mia visione del percorso che l’Argentina dovrebbe seguire”. “Dal giorno in cui argentini e argentine capimmo che lei poteva diventare il presidente della Nazione decisi di cercare di diventare il ministro dell’Economia del suo governo”, ha aggiunto.
Il ministro – allievo prediletto del premio Nobel per l’Economia statunitense 2001, Joseph Stiglit – è stato messo sotto pressione mentre gli argentini lottano contro un’inflazione che supera il 60% (che alla fine del 2022 potrebbe toccare il 70%). La scossa solleva anche dubbi sulla capacità dell’Argentina di rispettare il recente negoziato di rifinanziamento di un debito – contratto nel 2018 – da 45 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale, i cui obiettivi per il secondo semestre sono considerati dagli economisti privati “troppo impegnativi da raggiungere”.
Ma i legislatori alleati con il vicepresidente de Kirchner, che ha chiesto maggiori spese per alleviare i livelli di povertà, hanno votato contro l’accordo con il FMI, passato al Congresso solo grazie al sostegno dell’opposizione di centro-destra.
La stessa Kirchner ha criticato la gestione dell’inflazione, del mercato valutario e delle riserve da parte del governo lo scorso maggio. In un discorso tenuto sabato per commemorare il 48° anniversario della morte di Juan Domingo Perón – prima della pubblicazione della lettera di dimissioni di Guzmán – ha nuovamente criticato la politica economica.
Seconda dimissione in un mese: prima di Guzmán anche Kulfas
La mossa assesta anche un colpo alla base del potere di Fernandez, che si sta indebolendo. Le dimissioni di Guzmán sono le seconde in meno di un mese dal gabinetto del governo.
All’inizio di giugno, sempre in seguito alle tensioni con il vicepresidente, Matías Kulfas, un altro uomo vicino al presidente e figura chiave nella gestione della politica industriale, si è dimesso da ministro dello Sviluppo produttivo.
L’ufficio del presidente ha dichiarato di non sapere ancora quando verrà annunciato il sostituto. Fernandez ha convocato i membri del suo gabinetto e i suoi alleati per una riunione d’emergenza, ha dichiarato una fonte governativa.