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Acqua bene comune? Sì, ma con servizio efficiente

Dall’8 al 11 ottobre a Bari il Festival dell’acqua di Utilitalia sarà l’occasione per affrontare i tanti problemi del settore idrico italiano – Ci sarà anche il ministro del Mezzogiorno, Claudio De Vincenti

Dal punto di vista economico è un mercato regolato. Dalla parte del sociale è una criticità insopportabile. Dal punto di vista etico è uno scandalo. Quando in Italia parliamo di acqua e di servizio idrico, affrontiamo tutte queste questioni insieme. In maniera ancora più brusca dovremmo dire che siamo molto fuori dagli standard europei. Evidentemente non si tratta solo di competere con gli altri Paesi, ma di assicurare in lungo e in largo la disponibilità di un bene essenziale.

Potabile, per usi irrigui, industriali, agricoli, siamo sempre in emergenza. E quest’anno sta passando alla storia come uno dei più tragici degli ultimi 30 anni. L’acqua ha portato alluvioni, ma prima ci ha fatto soffrire con la siccità. Il suo peso nei cambiamenti climatici – questi sì, mondiali- non sfugge a nessuno. Ambientalisti e così sia? No. In Italia il settore conta 500 aziende da tenere presente.

Combattiamo contro strutture fatiscenti, bassi investimenti, tariffe periodicamente contestate e comitati mai a riposo. I territori soffrono di una disattenzione generale, multiforme che va avanti dal 1994, quando con la Legge Galli si tentò l’unica vera riforma del settore. A chi dobbiamo mettere in conto una tale disorganizzazione? A chi doveva fare ogni sforzo politico e manageriale per non affossare quella legge che assicurava un servizio adeguato alle esigenze.

Aveva tempi lunghi, quelli che, notoriamente, alla nostra classe dirigente non piacciono. Poi ci siamo ritrovati quartieri interi costretti a fare rifornimento con taniche e secchi. Per mettere ordine nelle tariffe è stata necessaria una riforma, di ampliamento dei poteri all’idrico dell’Autorità per l’Energia elettrica e il gas. Ogni pezzetto di territorio è entrato a far parte di ambiti, sub ambiti di gestione con confini diversi dalle moribonde Province e oggi ne contiamo 92. Un record.

In mezzo a tanta fantasia, un referendum equivoco sulla gestione dell’acqua pubblica. Che il bene sia pubblico non ci sono dubbi. Che la gestione debba essere esclusivamente pubblica, lo possono sostenere solo gli agit-prop di casa nostra. In questo contesto dall’8 all’11 ottobre si terrà a Bari il Festival dell’acqua di Utilitalia. Il caso Italia sarà inquadrato nel generale contesto tracciato dalle Nazioni Unite e dall’Agenda sullo sviluppo sostenibile. Qualsiasi discussione dovrà prendere in considerazione ritardi, autocritiche, scarsità di risorse, volontà positive.

Il ministro per la Coesione territoriale Claudio De Vincenti a nome del governo dovrà spiegare cosa davvero si pensa fare per risollevare il settore e non restare vittime di bizzarrie climatiche e deficit infrastrutturali. Ancora più interessante, sarà assistere ai dibattiti sulla «blue circular economy». Una strategia virtuosa che punta al riuso delle acque e alla valorizzazione energetica dei derivati. I dati dei Paesi con il sistema idrico in equilibrio, assestati sui principi dell’economia circolare, sono da capogiro. Attirano capitali e strateghi. Noi dobbiamo ancora sanare le perdite lungo le condotte.

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