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Unicredit-Banco Bpm, l’Ue boccia il golden power: “Potrebbe violare le regole europee”. Il Governo: “Risponderemo”

Dopo la parziale bocciatura del Tar arriva anche il parere preliminare della Commissione Ue, secondo cui il golden power sull’operazione Unicredit-Banco Bpm “potrebbe costituire una violazione dell’articolo 21 del Regolamento Ue sulle concentrazioni e di altre disposizioni del diritto dell’Ue”

Unicredit-Banco Bpm, l’Ue boccia il golden power: “Potrebbe violare le regole europee”. Il Governo: “Risponderemo”

Dopo la parziale bocciatura del Tar al golden power applicato dal governo all’ops di Unicredit su Banco Bpm, arriva anche il verdetto preliminare di Bruxelles. La Commissione europea ha inviato una lettera all’Italia in cui esprime il suo parere preliminare secondo cui il decreto emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri il 18 aprile 2025, che impone determinati obblighi all’entità risultante dalla fusione derivanti dall’acquisizione di Banco Bpm “potrebbe costituire una violazione dell’articolo 21 del Regolamento Ue sulle concentrazioni e di altre disposizioni del diritto dell’Ue”. La notizia è stata data dal portavoce della Commissione Europea, Thomas Regnier, durante il consueto briefing quotidiano.

Golden power: il parere della Commissione Ue

Nel dettaglio, “dal punto di vista della concorrenza, la Commissione Ue ha approvato l’operazione ai sensi dell’Eumre, subordinatamente a determinate condizioni, il 19 giugno 2025. Separatamente, l’Italia ha emanato un decreto che impone obblighi a Unicredit al completamento dell’acquisizione di Bpm, sulla base della normativa nazionale che autorizza le autorità italiane a esaminare gli investimenti in società attive in determinati settori di importanza strategica, tra cui il settore bancario (il cosiddetto ‘Golden Power’)”, spiega la Commissione.

“Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 4, del Regolamento Ue sul Mercato Interno (Rmue), gli Stati membri possono adottare misure appropriate per tutelare interessi legittimi, a condizione che siano compatibili con i principi generali e le altre disposizioni del diritto dell’UE e che siano appropriate, proporzionate e non discriminatorie. Tale obbligo è soggetto al vaglio della Commissione, in particolare per salvaguardare la propria competenza ai sensi del Regolamento Ue sul Mercato Interno ed evitare la frammentazione del Mercato Unico”, continua Bruxelles.

“Il 26 maggio 2025, la Commissione ha inviato una richiesta di informazioni all’Italia per una migliore comprensione del decreto. L’Italia ha risposto l’11 giugno 2025”, ricorda ancora l’esecutivo comunitario, che poi passa alle seppur preliminari conclusioni. 

“Dopo aver valutato attentamente la risposta dell’Italia, la Commissione conclude in via preliminare che il decreto potrebbe violare l’articolo 21 del Regolamento Ue sul Mercato Interno. La sicurezza pubblica costituisce, tra gli altri, un interesse legittimo ed è esplicitamente menzionata nell’articolo 21, paragrafo 4, del Regolamento Ue sul Mercato interno, ma la Commissione ritiene in via preliminare che la giustificazione delle condizioni sia attualmente carente di motivazione e che la Commissione avrebbe probabilmente dovuto riesaminare il decreto prima dell’attuazione“.

Bruxelles “rileva inoltre che il decreto potrebbe essere incompatibile con altre disposizioni del diritto dell’Ue, tra cui quelle sulla libera circolazione dei capitali e sulla vigilanza prudenziale da parte della Banca centrale europea. 

In virtù di queste considerazioni, la Commissione invita l’Italia “a presentare le proprie osservazioni” e “in base alla risposta dell’Italia alla valutazione preliminare e alla sentenza del Tar, la Commissione valuterà i prossimi passi”. 

Le reazioni alla sentenza del Tar 

Sabato il Tar del Lazio ha accolto parzialmente il ricorso presentato da Unicredit contro il golden power, ritenendo fondate le censure della banca su due delle quattro prescrizioni imposte dal governo. In particolare i giudici amministrativi hanno smontato gli obblighi relativi al mantenimento quinquennale del rapporto impieghi/depositi e al mantenimento, senza una data di scadenza, del livello del project financing. Il Tar ha ritenuto invece legittime le altre due condizioni imposte dal governo, ma l’obbligo di mantenere il livello attuale degli investimenti italiani gestiti tramite Anima Holding è stato trasformato in una indicazione programmatica a mantenere i titoli italiani in Anima, mentre sulla cessazione di tutte le attività di Unicredit in Russia entro il 18 gennaio 2026 non è stata rilevata nessuna inesattezza. 

Dal canto suo Unicredit ha sottolineato che la sentenza ha riconosciuto la fondatezza del ricorso dell’istituto contro il golden power e ha per altro ricordato che lo stesso Tar non ha piena giurisdizione in merito alla prescrizione del golden power che impone a Unicredit la cessazione delle attività, o la cessione degli asset, in Russia. Come indicato dalla sentenza del tribunale laziale, la competenza a valutare la questione è appannaggio della Bce.

Domenica, all’indomani della pubblicazione del dispositivo, Unicredit ha parlato di svolta, sostenendo che “la sentenza del Tar del Lazio è una prova inequivocabile che il golden power è illegittimo”. “Il decreto del governo è un atto unitario – continua Piazza Gae Aulenti in una nota – se ne viene modificata anche solo una parte, viene annullato. Per questo motivo, è necessario ora un nuovo Dpcm che autorizzi l’offerta sul Banco, operazione che altrimenti non può concludersi”. 

Diversa la posizione di Banco Bpm, che “prende atto della sentenza del Tar Lazio con la quale viene riconosciuto il corretto operato del Governo e, in particolare, viene confermata la sostanziale legittimità delle prescrizioni contenute” nel Dpcm sul golden power. “Alla luce della suddetta sentenza, Banco Bpm auspica che Unicredit faccia chiarezza sulle proprie intenzioni in merito a un’Ops – che si chiuderà il 23 luglio dopo oltre 8 mesi dall’annuncio – la quale, per effetto della passivity rule, ha limitato fortemente la flessibilità strategica della Banca in un momento chiave per il settore del credito nazionale, generando grave incertezza per azionisti, clienti e dipendenti”.

Palazzo Chigi: “Risponderemo con spirito collaborativo e costruttivo”

“In merito alla lettera della commissione Ue sull’applicazione dei poteri speciali all’offerta di Unicredit per Banco Bpm, il governo italiano con spirito collaborativo e costruttivo risponderà ai chiarimenti richiesti così come già fatto in sede giurisdizionale dinanzi al Tar nei termini e con motivazioni ritenute già legittime dai giudici amministrativi”. È quanto si legge in una nota diffusa da Palazzo Chigi che smorza i toni molto duri utilizzati qualche minuto prima dal vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini. “Penso che la Ue abbia cose più importanti delle quali occuparsi, per esempio trattare con Usa. Quindi invece di rompere le scatole al governo italiano su balneari, spiagge, motorini, auto elettriche e banche si occupi di poche cose, serie e lo faccia bene”, aveva detto Salvini, aggiungendo che “il dossier è sul tavolo del ministro Giorgetti che fino a oggi ha lavorato perfettamente e il sistema bancario e creditizio è un asset strategico per il Paese. Quindi l’italia può e deve normare come ritiene senza che da Bruxelles nessuno si permetta di intervenire“.

All’interno del governo, d’altronde, è proprio la Lega che, sin dal primo momento, si è opposta con maggiore veemenza all’operazione di Unicredit su Banco Bpm, tenendo in considerazione il forte legame politico esistente tra il partito e il territorio (la Lombardia, ndr.) in cui Piazza Meda è maggiormente radicata. Forza Italia, da parte sua, ha più volte espresso il proprio parere contrario all’uso del golden power con l’altro vicepremier, Antonio Tajani, che rispondendo a margine del convegno organizzato da Enel ad una domanda sull’applicazione del golden power, ha affermato: “L’Unione Europea si occupa di ciò di cui si deve occupare e questa è materia di competenza anche dell’Unione Europea”.

Cosa succede adesso?

La lettera inviata da Bruxelles rappresenta solo una “valutazione preliminare”. Ora il governo italiano avrà due mesi di tempo per rispondere e solo in un secondo momento ci sarà un’eventuale decisione da parte della Commissione Ue che diventerà immediatamente esecutiva e che potrebbe tradursi anche in una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.

Nel frattempo si attendono le possibili mosse di Unicredit in vista della chiusura dell’ops, fissata per il 23 luglio. Secondo le indiscrezioni, la banca guidata da Andrea Orcel potrebbe riunire nei prossimi giorni il cda allo scopo di esaminare la situazione e valutare le conseguenze della sentenza del Tar, della lettera della Bce, ma anche delle novità arrivate dalla Francia. Crédit Agricole ha infatti chiesto alla Bce l’autorizzazione a superare il 20% di Banco Bpm per poter così in teoria arrivare poco sotto il 30%, limite oltre il quale scatta l’obbligo di Opa. In virtù di quanto accaduto si aprono due strade: rinuncia alla condizione del prospetto che prevedeva un golden power senza prescrizioni e successivo rilancio sul prezzo. Oppure ritiro dell’offerta, in attesa – magari – di ripresentarla in un secondo momento quando le condizioni si saranno chiarite. 

In campo potrebbe scendere anche la Consob. Dopo la prima sospensione di 30 giorni stabilità ad aprile, l’Autorità per la vigilanza dei mercati potrebbe intervenire nuovamente, stabilendo un secondo stop o una proroga del periodo d’offerta. La partita è ancora aperta.

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