Sui dazi voluti da Donald Trump c’è sempre una novità. Mentre i mercati si interrogano sulle prossime mosse di Washington, tra prime lettere già inviate – tra cui quelle a Giappone e Corea del Sud – e nuove tariffe in arrivo dal 1° agosto, ecco che il presidente statunitense apre un nuovo fronte commerciale, questa volta puntando dritto su uno dei metalli più strategici: il rame.
Il presidente americano ha annunciato l’intenzione di introdurre dazi del 50% sul rame importato, ampliando ulteriormente il perimetro della guerra dei dazi: “oggi è il turno del rame“, ha dichiarato Trump nel corso di una riunione alla Casa Bianca, “il dazio sarà del 50%“.
La reazione dei mercati è stata immediata con i future sul rame a New York che sono balzati del 13%, toccando 5,69 dollari per libbra, massimo storico secondo i dati FactSet. Mercoledì mattina il prezzo si è stabilizzato a 5,57 dollari. Dall’inizio dell’anno, l’incremento è di circa +37%, mentre le aziende si affrettano ad acquistare prima che la misura entri in vigore. Secondo l’amministrazione, l’obiettivo è stimolare la produzione interna e ridurre la dipendenza dall’estero. Attualmente, gli Stati Uniti importano circa la metà del rame consumato, con Cile, Canada e Perù tra i principali fornitori.
Ma le mire protezionistiche non si fermano qui. Trump ha anche annunciato l’intenzione di imporre dazi “molto, molto alti, anche del 200%” su alcuni farmaci importati. Alle aziende sarà concesso un periodo di 12-18 mesi per trasferire la produzione negli Stati Uniti. “Presto faremo un annuncio anche sui farmaci“, ha anticipato il presidente. La misura rientra in una strategia più ampia di reshoring industriale, con l’obiettivo di riportare in patria la produzione nei settori ritenuti cruciali: energia, salute, tecnologia.
Rame ai massimi storici, cosa succede
Il provvedimento sul rame ha colto di sorpresa anche gli operatori. JPMorgan si attendeva una tariffa del 25%, mentre Citi parla di “punto di svolta per il mercato del rame nel 2025“. Per Goldman Sachs, l’effetto immediato sarà un’accelerazione delle spedizioni verso gli Stati Uniti prima dell’entrata in vigore della misura.
Le prime reazioni internazionali sono arrivate da Cile e Canada, principali fornitori del metallo rosso. Rosario Navarro, presidente della Confindustria cilena, ha avvertito che la decisione potrebbe “danneggiare gravemente le relazioni commerciali“. Dal Canada, Pierre Gratton (Mining Association) ha sottolineato la mancanza di raffinerie sufficienti negli Usa, che restano quindi dipendenti dall’estero.
Il rame è cruciale per elettronica, costruzioni, auto, data center e reti elettriche. Secondo molti osservatori, l’aumento dei dazi rischia di innescare rincari lungo tutta la filiera e alimentare spinte inflazionistiche. La capacità di estrazione interna, senza adeguate infrastrutture di trasformazione, potrebbe non bastare nel breve termine.
E Prysmian ringrazia
Se per alcuni il dazio è una minaccia, per altri è un’opportunità. Ne è esempio Prysmian, gruppo italiano dei cavi con forte presenza industriale negli Stati Uniti. Il titolo sta guadagnando oltre il 3%, sostenuto dalla prospettiva di un vantaggio competitivo legato alla produzione locale di rame. “Anche se servirà tempo per valutare gli effetti complessivi, i dazi potrebbero avere un impatto positivo per noi“, ha dichiarato un portavoce. Il gruppo, leader nel mercato statunitense, è integrato nella filiera del rame tramite la controllata Encore Wire.
“Siamo il maggiore acquirente singolo di rame a livello globale – ha spiegato ancora l’azienda – e lavoriamo a supporto del reshoring americano, della rete elettrica nazionale e dello sviluppo dei data center, inclusa l’intelligenza artificiale. Il rame, come l’alluminio, è al centro degli obiettivi strategici dell’amministrazione Usa”.
Dazi: verso lo scontro (o l’accordo) con l’Ue
Il fronte più caldo dei dazi resta quello con l’Unione Europea, verso cui Washington ha già imposto tariffe sul 70% del commercio bilaterale a partire da febbraio. Trump ha definito Bruxelles “più dura della Cina” in fase negoziale, ma ha aggiunto che “ora stanno trattando molto bene“.
Durante una riunione di gabinetto, ieri, il presidente ha annunciato che entro due giorni verrà inviata una lettera formale all’Ue per comunicare quali tariffe entreranno in vigore dal 1° agosto. “Una lettera equivale a un accordo“, ha dichiarato, confermando però che alcune merci – come auto e acciaio – potrebbero subire tariffe del 25% o addirittura del 50%.
Dal canto suo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha confermato l’intenzione di “raggiungere un’intesa quadro temporanea” con Washington. “Stiamo cercando un quadro chiaro, da cui continuare a costruire. Restiamo fedeli ai nostri principi, ma continuiamo il lavoro in buona fede”, ha detto intervenendo all’Europarlamento.
Dazi Ue più alti rispetto a Londra? L’analisi del FT
Secondo il Financial Times, l’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea potrebbe portare dazi medi del 10%, più alti di quelli applicati tra Usa e Regno Unito, soprattutto per settori come acciaio e automotive, in cui Bruxelles non riuscirebbe a ottenere lo stesso livello di accesso al mercato americano.
L’obiettivo di fondo resta quello di evitare un’escalation, ma le posizioni restano distanti. Bruxelles si prepara “a tutti gli scenari“, come ha chiarito von der Leyen, tra cui anche l’ipotesi di controdazi se la diplomazia dovesse fallire.
Dazi al 35% all Italia
Al 50% ad alcuni paesi dell UE