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Borse, tutti i riflettori sul petrolio e sullo Stretto di Hormuz dopo l’attacco di Trump all’Iran. Per ora la corsa ai beni rifugio non c’è

Ci si aspettava un calo rovinoso all’apertura dei mercati stamane, dopo l’attacco degli Usa sui siti nucleari iraniani. Invece i cali ci sono ma contenuti. Si attendono gli sviluppi. Borse europee viste aprire in calo. A Piazza Affari occhi soprattutto sull’Eni

Borse, tutti i riflettori sul petrolio e sullo Stretto di Hormuz dopo l’attacco di Trump all’Iran. Per ora la corsa ai beni rifugio non c’è

La cartina al tornasole degli avvenimenti bellici del weekend è il petrolio. Dopo l’attacco degli Stati Uniti sui siti nucleari iraniani di sabato notte, la palla ora passa all’Iran che ha minacciato ritorsioni sui siti statunitensi, ma anche sullo stretto di Hormuz, l’importante arteria da cui passa gran parte del petrolio e il gas naturale mondiale. Il prezzo del greggio ha visto un’impennata del 5,7%, ma poi nelle prime ore di oggi mostra un rialzo limitato al 2%. La maggior parte dei movimenti di mercato è stata contenuta e non ci sono per ora segnali di una corsa ai beni rifugio: l’oro è in lieve calo a 3.360 dollari l’oncia. I future sull’S&P 500 Usa sono in calo solo dello 0,1% e i future sul Nasdaq in calo dello 0,2%. Le borse asitiche sono in un calo modesto. Non si è registrato alcun segno di una corsa verso la tradizionale sicurezza dei titoli del Tesoro, con i rendimenti decennali Usa in aumento di 2 punti base al 4,395%. I più ottimisti sperano che l’Iran faccia marcia indietro ora che le sue ambizioni nucleari sono state ridotte, o addirittura che un cambio di regime possa portare al potere un governo meno ostile.

La palla passa nel campo dell’Iran. L’attenzione è per lo stretto di Hormuz

L’attenzione del mondo è su quali saranno i prossimi passi dell’Iran che ieri ha promesso di difendersi dopo che gli Stati Uniti si sono uniti a Israele nella più grande azione militare occidentale contro il paese dalla Rivoluzione islamica dal 1979, nonostante le richieste di moderazione e di ritorno alla diplomazia provenienti da tutto il mondo. Le immagini satellitari commerciali hanno indicato che l’attacco statunitense di sabato alla centrale nucleare sotterranea iraniana di Fordow ha gravemente danneggiato o distrutto il sito interrato e le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio che ospitava, ma lo stato del sito non è stato confermato, hanno affermato gli esperti. Trump ha invitato l’Iran a rinunciare a qualsiasi ritorsione e ha detto che il governo “deve ora fare la pace” altrimenti “gli attacchi futuri saranno molto più grandi e molto più facili”.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’organismo di controllo nucleare delle Nazioni Unite, ha dichiarato che non sono stati segnalati aumenti dei livelli di radiazioni esterne dopo gli attacchi statunitensi. Rafael Grossi, direttore generale dell’agenzia, ha dichiarato alla CNN che non è ancora possibile valutare i danni subiti nel sottosuolo. Una fonte iraniana di alto livello ha dichiarato a Reuters che la maggior parte dell’uranio altamente arricchito di Fordow era stato trasferito altrove prima dell’attacco. Teheran, che nega che il suo programma nucleare abbia scopi diversi da quelli pacifici, ha lanciato una raffica di missili contro Israele in seguito all’attacco statunitense, ferendo decine di persone e distruggendo edifici a Tel Aviv.

Ma la sua principale minaccia di ritorsione è quella di colpire le basi statunitensi o bloccare le spedizioni di petrolio che attraversano lo Stretto di Hormuz. Tentare di strangolare l’approvvigionamento di petrolio del Golfo chiudendo lo stretto potrebbe far schizzare alle stelle i prezzi globali del petrolio, colpire l‘economia mondiale e allargare il conflitto con l’imponente Quinta Flotta della Marina statunitense di stanza nel Golfo. Gli Usa hanno chiesto alla Cina di mediare con Teheran.

Il parlamento iraniano ha approvato una misura per chiudere lo stretto, che l’Iran condivide con l’Oman e gli Emirati Arabi Uniti. L’emittente televisiva iraniana Press TV ha affermato che qualsiasi misura del genere richiederebbe l’approvazione del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, un organo guidato da un membro nominato dalla Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei.

Intanto un post pubblicato ieri sulla piattaforma Truth Social, Trump ha provocato l’Iran con la prospettiva di un “cambio di regime”. “Non è politicamente corretto usare il termine ‘cambio di regime’, ma se l’attuale regime iraniano non è in grado di RENDERE L’IRAN DI NUOVO GRANDE, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime??? MIGA!!!” ha scritto. Il post di Trump è arrivato dopo che alcuni funzionari della sua amministrazione, tra cui il vicepresidente statunitense JD Vance e il segretario alla Difesa Pete Hegseth, hanno sottolineato che non stavano lavorando per rovesciare il governo iraniano. I funzionari israeliani, dall’ inizio alle ostilità con un attacco a sorpresa contro l’Iran il 13 giugno, hanno sempre più espresso la loro ambizione di rovesciare l’establishment religioso musulmano sciita di linea dura.

Petrolio ai massimi da gennaio. Possibili ulteriori aumenti

Proprio il terrore di un’interruzione di flussi di petrolio nello stretto di Hormuz, attraverso il quale transita circa un quinto dell’offerta mondiale di greggio, ha fatto lievitare i prezzi del petrolio che, dopo un’impennata del 5,7% durante la notte, stamane hanno ridotto i guadagni ma rimanendo al massimo da gennaio. I future sul greggio Brent sono saliti di 1,52 dollari, pari all’1,97%, a 78,53 dollari al barile stamane. Il greggio West Texas Intermediate statunitense è avanzato di 1,51 dollari, pari al 2,04%, a 75,35 dollari. L‘Iran per altro è il terzo produttore di greggio dell’OPEC.

Gli operatori prevedono ulteriori aumenti dei prezzi,. Goldman Sachs ha detto in un rapporto di ieri che il Brent potrebbe raggiungere il picco di 110 dollari al barile. Dall’inizio del conflitto, il 13 giugno, il Brent è aumentato del 13%, mentre il WTI ha guadagnato circa il 10%.

Asia in calo, ma non troppo

In Asia Pacifico le borse sono deboli con l’indice MSCI Asia Pacific a -1%.

In Cina sia l’Hang Seng di Hong Kong che l’indice CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen sono poco sotto la parità. In calo dell’1% il Taiex di Taipei. Morgan Stanley vede un potenziale aumento della volatilità dei mercati cinesi nei prossimi mesi, e indirizza gli investitori verso i titoli tecnologici e di internet forti nell’intelligenza artificiale. È sempre più probabile che si verifichino condizioni di maggiore volatilità con l’avvicinarsi di molteplici date commerciali e tariffarie, scrivono in una nota gli analisti. Le date chiave includono il 9 luglio, la fine di una pausa di 90 giorni sulle tariffe reciproche degli Stati Uniti verso paesi diversi dalla Cina, e il 12 agosto, la fine di una pausa di 90 giorni specifica per la Cina su alcune tariffe statunitensi.

La notizia dell’inversione di rotta di due superpetroliere in transito a Hormuz contribuisce a spingere al rialzo i noli marittimi e le azioni delle società di navigazione. In Cina, Ningbo Marine sale del 10%. Nanjing Tanker +10%, Phoenix Shipping +10%. Fujian Guohang Ocean Shipping +13%. In Corea del Sud, le azioni di HMM salgono del 7%, Pan Ocean +5,8%, Korea Line +6%.

La borsa di Tokyo è in calo dello 0,3%. Indice Kospi di Seul -0,5%. Ha aperto in calo di circa l’1% l’azionario dell’India. Ribasso di circa il 2% dell’indice PSE delle Filippine.

In calo le società dell’high tech, in particolare quelle dell’industria dei chip: il Wall Street Journal ha scritto sabato che il governo degli Stati Uniti intende revocare i permessi speciali che autorizzavano alcune società della Corea e di Taiwan di vendere in Cina prodotti assemblati anche con chip Made in USA.

Lo yen, un altro degli indicatori dello stress, segnala una buona tenuta della propensione al rischio, la valuta giapponese si indebolisce per il terzo giorno consecutivo a 146,9.

Borse europee viste aprire in calo. Occhi a Eni

Le borse europee sono viste aprire in calo in base alle indicazioni date dal Future Euro Stoxx 50 a settembe in calo dello 0,73%

Eni: intesa con con il big statunitense Ares per cedere il 20% di Plenitude. Deal da 2 miliardi di euro. L’operazione, spiega una nota, è basata su un equity value di Plenitude pari a 10 miliardi, corrispondente a un enterprise value di oltre 12 miliardi. L’accordo con Ares rientra nel quadro dello sviluppo del modello satellitare di Eni e segue l’acquisizione di una partecipazione pari al 10% del capitale sociale di Plenitude da parte del fondo di investimento Energy Infrastructure Partners. Il completamento dell’operazione è subordinato al rilascio delle autorizzazioni da parte delle autorità competenti. L’ad, Claudio Descalzi, in un’intervista all’FT di domenica, ha detto che “è troppo presto” per dire se resterà alla guida della società, il cui cda scade l’anno prossimo. “Siamo in una situazione molto volatile, non è facile cambiare leader molto spesso. Ma ovviamente un ceo non può restare per sempre”, ha aggiunto.

Unicredit ha completato l’internalizzazione del business bancassicurativo Vita in Italia acquisendo il pieno controllo delle joint venture con Cnp Assurances e Allianz. Riprende l’Ops su Banco Bpm; termina il 23 luglio.

Popolare Sondrio. Al termine della prima settimana, la percentuale di adesioni all’offerta Bper sul capitale di Pop Sondrio si attesta allo 0,056%.

Tim. La presidenza del Consiglio ha deliberato il non esercizio dei poteri speciali legati alla normativa del golden power in merito alla modifica dell’oggetto sociale dello statuto, ha detto nota venerdì.

Lottomatica. I fondi Fidelity sono il primo azionista della società con il 9,99%, secondo l’ultimo aggiornamento del sito web del gruppo.

Italgas ha concluso il periodo di offerta in opzione dell’aumento di capitale con la sottoscrizione del 98,7% circa delle azioni offerte per un ammontare di poco superiore a un miliardo di euro. I diritti di opzione non esercitati saranno offerti il 23 e 24 giugno.

Leonardo. Venerdì ha annunciato la nascita della joint venture, denominata Edgewing: i due partner sono BAE Systems e Japan Aircraft Industrial Enhancement. La nuova società si occuperà dello sviluppo dell’aereo da combattimento di nuova generazione (GCAP). Lo stallo provocato dal veto della Spagna è stato superato, nella notte si è trovata un’intesa alla Nato per i target di spesa al 5%. La Spagna si è assicurata un’esenzione.

StM. Il Wall Street Journal ha scritto sabato che il governo degli Stati Uniti intende revocare i permessi speciali che autorizzavano alcune società della Corea e di Taiwan di vendere in Cina prodotti assemblati anche con chip Made in USA.

Stellantis. Antonio Filosa, che da oggi assume ufficialmente l’incarico di Ceo del gruppo, ha nominato la nuova squadra di manager che lo affiancherà, tutta interna al gruppo, mantenendo per sé il compito di guidare le attività in Nord America e gli American Brands.


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