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Gas, pagamenti in rubli o in euro? Ecco come funzionerà e le “scappatoie” alle sanzioni. Le mosse di Eni e Engie

Da Bruxelles arriva un’apertura sul gas. Il no ai pagamenti in rubli rimane, ma dopo aver versato quanto dovuto in euro le società con una autocertificazione potranno considerare rispettati i loro obblighi. Eni apre due conti presso GazpromBank, uno in euro l’altro in rubli

Gas, pagamenti in rubli o in euro? Ecco come funzionerà e le “scappatoie” alle sanzioni. Le mosse di Eni e Engie

Alcuni lo chiamano compromesso, altri lo considerano un cedimento, altri ancora parlano di semplice buon senso. Ciò che è certo è che le aziende che sfrutteranno “l’aria grigia” – come l’ha definita la settimana scorsa il Premier Mario Draghi – sui pagamenti del gas alla Russia saranno moltissime. E tra queste potrebbe esserci anche la nostra “Eni” che sta valutando quale sia la via da percorrere per evitare di violare le sanzioni occidentali, garantendo parallelamente l’arrivo in Italia del gas proveniente da Mosca. 

In ogni caso, grazie alle nuove dichiarazioni di Bruxelles, le forniture all’Europa dovrebbero continuare ad arrivare. Ma se sul gas ci si avvia a trovare una soluzione, sul petrolio la situazione diventa di giorno in giorno più complicata, con l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell che ha alzato bandiera bianca. 

Gas: l’apertura Ue sui pagamenti alla Russia

Sono due le condizioni poste da Bruxelles. Le aziende europee dovranno pagare il gas in euro o in dollari su un conto aperto presso GazpromBank (non sottoposta a sanzioni) e produrre una certificazione dove attestano “chiaramente che intendono adempiere ai propri obblighi ai sensi dei contratti esistenti” e di “considerare i propri obblighi contrattuali relativi al pagamento già adempiuto pagando in euro o dollari, in linea con i contratti esistenti”. Se poi, grazie all’apertura di un secondo conto in rubli da parte delle stesse aziende, che la commissione Ue non menziona nemmeno, i soldi europei saranno convertiti in moneta russa da un’azienda terza, sarà un affare che non riguarda la Ue. 

Eccola la cosiddetta “area grigia” che consentirà di far arrivare il gas naturale russo in Europa, accontentando sia Mosca che Bruxelles. Ricordiamo infatti che lo scorso 31 marzo il Cremlino aveva imposto l’obbligo di pagare il gas in rubli, nonostante i contratti prevedessero versamenti in altra valuta. Un’imposizione che ha creato non pochi problemi alla Ue che da allora ha sempre cercato di trovare una soluzione. Nel frattempo alcuni Paesi, tra cui Polonia, Paesi Baltici e Olanda hanno detto No alle richieste di Mosca, mentre altri, Germania in primis, hanno già provveduto al saldo. 

Il chiarimento della Ue arriva però in un momento topico, dato che in settimana dovranno essere versati i pagamenti relativi alle forniture del mese di aprile. 

Gas: ecco come funzioneranno i pagamenti

A questo punto la via più probabile è la seguente. Le aziende europee apriranno due diversi conti correnti presso Gazprombank: il primo, dove saranno versati i pagamenti, in euro, il secondo in rubli che servirà invece per effettuare la conversione. Del cambio di valuta si occuperà, secondo quanto assicurato da Gazprom, un’agenzia terza non sottoposta a sanzioni. Il tutto senza che venga coinvolta la Banca centrale russa, su cui invece pesano le sanzioni occidentali, che rimarrà dunque estranea al processo. 

Una volta effettuato il pagamento in euro, le società europee dovranno produrre una dichiarazione pubblica dove diranno di aver rispettato gli obblighi contrattuali senza violare le sanzioni. A questo punto, il divieto di pagare le forniture in rubli sarà considerato rispettato e la conversione sarà un “problema” interno alla Russia. 

Eni apre due conti in euro e rubli, Engie tratta

La questione riguarda direttamente l’Italia e l’Eni che importa nel nostro Paese la maggior parte del gas proveniente da Mosca. A partire dal 20 maggio andranno in scadenza i primi contratti e si dovrà dunque provvedere ai pagamenti per evitare che la Russia chiuda i rubinetti, lasciandoci a secco. 

Nel pomeriggio del 17 maggio, Eni ha annunciato di aver avviato “in via cautelativa le procedure relative all’apertura presso GazpromBank dei due conti correnti denominati K, uno in euro ed uno in rubli“.

“La decisione, condivisa con le istituzioni italiane – sottolinea la società guidata da Claudio Descalzi – è stata presa nel rispetto del quadro sanzionatorio internazionale e nel contesto di un confronto in corso con Gazprom Export”. 

Eni precisa inoltre che ogni eventuale costo o rischio connesso alla diversa modalità esecutiva dei pagamenti rispetto a quanto previsto dai contratti sarà a carico di Gazprom Export. Inoltre, l’esecuzione dei pagamenti con queste modalità “non riscontra al momento nessun provvedimento normativo europeo che preveda divieti che incidano in maniera diretta sulla possibilità di eseguire le suddette operazioni”. Eni “ha già chiarito che l’adempimento degli obblighi contrattuali si intende completato con il trasferimento in euro, e rinnoverà il chiarimento con l’apertura dei conti K.

Il gas, sottolinea ancora la società, continuerà ad essere pagato in euro “così come contrattualmente previsto. “Le attività operative di conversione della valuta da euro a rubli – prosegue – saranno svolte da un apposito clearing agent operativo presso la Borsa di Mosca entro 48 ore dall’accredito e senza coinvolgimento della Banca Centrale Russa”.

In Francia Engie, nella documentazione sulla trimestrale presentata martedì mattina 17 maggio, dichiara di essere “in trattative con Gazprom in merito alla richiesta russa di modificare lo schema di pagamento per la fornitura di gas russo”.

Petrolio, il No dell’Ungheria fa saltare l’embargo

“Sfortunatamente non siamo riusciti a raggiungere un accordo sull’embargo al petrolio russo”. Lo ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell dopo l’ennesimo tentativo di mediazione con l’Ungheria, che dall’oro nero russo è totalmente dipendente e che ha più volte confermato il suo No all’embargo. Della questione si riparlerà a fine mese, ma le speranze che arrivi finalmente la tanto attesa fumata bianca sono ridotte all’osso. 

La Commissione, nel tentativo di superare le resistenze del primo ministro, Viktor Orban, nella bozza del provvedimento aveva proposto un regime “speciale” per Budapest, concedendole un’esenzione all’embargo fino al 2024. Ma non è bastato. “Se vuole far passare l’embargo – ha chiarito il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó – si deve esentare il greggio via oleodotto”.”L’intera Unione Europea è ostaggio purtroppo di un Paese che non ci aiuta a trovare il consenso”, ha dichiarato il collega lituano Gabrielius Landsbergis, tra i più attivi nel perorare la causa dell’embargo. Sulla stessa posizione anche il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio:  “L’Italia – ha detto – non pone veti al sesto pacchetto di sanzioni, che va approvato il prima possibile; è evidente che l’Ue deve imboccare un percorso di riforme per superare il principio dell’unanimità, che le vieta di prendere rapidamente alcune decisioni”.

(Ultimo aggiornamento: ore 17.13 di martedì 17 maggio).

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