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Recovery Plan, Bankitalia: “Senza riforme è solo debito”

Le indicazioni di Bankitalia al Parlamento sono uno stimolo alla riscrittura del piano: “Spendere non basta, bisogna creare sviluppo con le riforme, altrimenti i problemi aumenteranno” – E l’Ufficio parlamentare di bilancio raffredda le speranze di crescita

Recovery Plan, Bankitalia: “Senza riforme è solo debito”

Buona parte delle risorse in arrivo dal Recovery Fund “andranno restituite”, perciò, se “non saranno impiegate in maniera produttiva, i problemi non saranno alleviati ma accresciuti dal maggiore indebitamento: l’attuazione del Piano va collocata nella prospettiva di una strategia di progressiva riduzione del peso del debito pubblico sul Pil”. Questo l’avvertimento lanciato da Fabrizio Balassone, capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, nel corso di un’audizione parlamentare sul Recovery Plan.

La bozza del Piano cui fa riferimento via Nazionale è superata, perché senza dubbio il governo Draghi riscriverà il documento in modo sostanziale. L’istituto centrale ribadisce però implicitamente alcune preoccupazioni già espresse da Bruxelles sull’impostazione data al piano dall’esecutivo uscente, che sembrava orientato a usare gran parte degli aiuti per sussidi a pioggia. In questo modo – è il ragionamento – le risorse fornirebbero un ristoro immediato alle imprese, ma non aiuterebbero a creare nuovi posti di lavoro né ad aumentare la produttività. Bankitalia sottolinea quindi la necessità di innescare un processo di sviluppo nel medio-lungo periodo, in modo che la crescita permetta di ridurre stabilmente il rapporto debito/Pil.  

SPENDERE NON BASTA

Il solo aumento della spesa pubblica non è sufficiente a fornire il necessario incentivo a un aumento duraturo dell’accumulazione privata, indispensabile ad assicurare più elevati livelli di crescita – continua Balassone – Serve piuttosto la massima attenzione nella definizione puntuale degli interventi e nella gestione della loro realizzazione. Occorre dare corso a un insieme di riforme che possa sostenere il processo di sviluppo oltre il breve termine, migliorando l’efficacia dell’azione pubblica, l’ambiente in cui si svolge l’attività di impresa, il funzionamento del mercato del lavoro. Su questo le indicazioni presenti nel Piano non sono ancora adeguatamente sviluppate. Si tratta però di una componente cruciale, da completare nei tempi molto stretti previsti nell’ambito di Next Generation Eu”.

INVESTIMENTI, RIFORME E GOVERNANCE

La Banca d’Italia entra quindi nel merito, precisando che “gli investimenti in ricerca e sviluppo possono avere ricadute positive anche molto rilevanti sulla produttività totale dei fattori e sul potenziale di crescita – spiega ancora Balassone – Questi effetti andranno potenziati con quelli che potranno derivare dalle riforme della giustizia e della Pa, nonché dagli investimenti in capitale umano. Gli effetti moltiplicativi saranno tanto maggiori quanto più sarà efficiente l’impiego delle risorse; per questo serve una netta discontinuità con il passato, una struttura di governo degli interventi adeguata alla complessità dell’impresa”.

LE PREVISIONI SUL PIL

Quanto alle previsioni macroeconomiche, sulla base dell’attuale bozza del Recovery Plan “si può stimare che il livello del Pil possa aumentare fino a quasi 2 punti percentuali entro il biennio 2023-24, un valore sostanzialmente in linea con quanto indicato nella bozza del Piano”, conclude Balassone.

Secondo una simulazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, invece, “l’effetto espansivo del programma Ngeu sull’economia italiana sarebbe pressoché uniformemente distribuito nel periodo considerato, raggiungendo oltre un punto percentuale di Pil entro i primi tre anni (2021-23) e un incremento ulteriore di simile entità nel successivo triennio”, spiega Chiara Goretti, componente del Consiglio dell’Upb, davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

“Nel complesso, al termine del periodo di programmazione, nel 2026, l’utilizzo delle risorse Ngeu innalzerebbe il Pil dell’Italia di circa 2,5 punti percentuali – continua Goretti – Nel confronto con le stime, anch’esse preliminari, presentate nel Pnrr si osserva che nei primi tre anni dell’orizzonte di simulazione non vi sarebbero rilevanti disallineamenti con quelle dell’Upb, mentre nel successivo triennio gli effetti espansivi presentati nel Pnrr tendono a essere più elevati: al termine dell’orizzonte dell’esercizio il PIL sarebbe al di sopra di quello dello scenario di base di tre punti percentuali nelle stime del Pnrr e di quasi 2,5 punti nell’esercizio dell’Upb”. La crescita prevista nell’ultima bozza del Recovery Plan supera quindi di oltre mezzo punto percentuale le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio.

“Le ragioni di tale scostamento possono essere molteplici – conclude Goretti – La valutazione del Pnrr si basa sull’ipotesi che la spesa sia di qualità ed efficienza elevate, in modo da innalzare strutturalmente la produttività e quindi il potenziale di crescita nel medio-lungo periodo. Tuttavia, tali caratteristiche qualitative della spesa non sono valutabili allo stadio attuale di definizione del piano”.

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