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Unicredit: a ruba anche i diritti inoptati

La cessione si è chiusa in anticipo – L’ammontare della vendita dei diritti non esercitati venduti in mattinata è stato pari a 15 milioni. La Fondazione Manodori dimezza la sua partecipazione

Unicredit: a ruba anche i diritti inoptati

Si è chiusa con successo l’operazione di aumento di capitale di Unicredit. Il gruppo, infatti, ha completato in anticipo la mega-ricapitalizzazione, completando così l’importo previsto di 13 miliardi e riportando il Cet1 all’11,15%.

Vendita -lampo anche per i diritti inoptati. La vendita dei 1.469.645 diritti di opzione non esercitati nel periodo di offerta si è rivelata una formalità, chiudendosi in mezza mattina. L’ammontare complessivo ricavato dalla cessione è pari a 15 milioni di euro. I diritti acquistati dovranno essere esercitati, a pena di decadenza, entro il 2 marzo 2017. Saranno messi a disposizione degli acquirenti tramite gli intermediari autorizzati aderenti al sistema di gestione accentrata di Monte Titoli S.p.A. e potranno essere utilizzati per la sottoscrizione delle Nuove Azioni – aventi le stesse caratteristiche di quelle in circolazione e godimento regolare – al prezzo di 8,09 euro per azione, nel rapporto di 13 nuove azioni ogni 5 diritti inoptati.

In questo modo la banca guidata da Jean Pierre Mustier chiude l’operazione di aumento con qualche giorno di anticipo sulla tabella di marcia, in tempo per l’appuntamento del pagamento delle cedole sugli strumenti AT1 scadenza 2021.

Intanto, a Piazza Affari il titolo Unicredit avanza dello 0,66%, in linea con l’andamento del listino.

Emergono infine ulteriori dettagli sulla ricapitalizzazione. La Fondazione Manodori ha comunicato di aver aderito in modo parziale all’aumento di capitale. La Fondazione ha venduto 1.206.000 diritti e ne ha esercitati 786.000, acquistando circa 2.000.000 di azioni che portano il totale della partecipazione della Manodori nell’istituto di credito a 4.000.000 di azioni e scende così dallo 0,32% allo 0,18%
rispettando, sottolinea il comunicato, “le indicazioni del protocollo siglato tra l’Acri, che associa le fondazioni bancarie italiane, e il ministero dell’Economia e delle Finanze, che prevede che l’investimento delle fondazioni in un solo titolo sia inferiore ad un terzo del patrimonio dell’ente”.

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