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Una mostra per il nuovo Ospedale della Donna e del bambino di Reggio Emilia

Un grande progetto d’arte e una straordinaria operazione di solidarietà sono in programma ai Chiostri di San Domenico di Reggio Emilia dal 17 marzo al 25 aprile 2013 – Si tratta della mostra “Novanta artisti per una bandiera”, promossa dall’Associazione “Curare Onlus”, presieduta da Deanna Ferretti Veroni.

Una mostra per il nuovo Ospedale della Donna e del bambino di Reggio Emilia

Appuntamento ai Chiostri di San Domenico di Reggio Emilia dal 17 marzo al 25 aprile 2013 per la mostra “Novanta artisti per una bandiera”, promossa dall’Associazione “Curare Onlus”, presieduta da Deanna Ferretti Veroni.

Come indicato da una nota ufficiale, l’iniziativa oltre a presentare le opere di novanta artisti contemporanei, italiani e internazionali, che si sono confrontati sul tema della bandiera italiana, racchiude un obiettivo dal grande valore: costruire a Reggio Emilia un Ospedale della Donna e del Bambino.

Il nuovo edificio, sito all’interno dell’Ospedale Santa Maria Nuova, avrà come obiettivo la tutela della salute della donna, della gestante, della coppia, del neonato e del bambino, e si caratterizzerà come luogo accogliente e familiare, corredato dalle più moderne tecnologie e competenze, associate a caratteristiche che permettano le migliori modalità di care. I 12.500 metri quadrati totali, distribuiti in 5 piani (uno di questi interrato), ospiteranno le strutture di Pediatria, Ginecologia, Ostetricia, Procreazione Medicalmente Assistita, Neonatologia, Blocco Operatorio, Neuropsichiatria Infantile.

L’esposizione che si è aperta lo scorso 17 marzo, lo stesso giorno in cui, nel 1861, si decretò l’unificazione dell’Italia, proclamando il Regno d’Italia.

I 90 artisti coinvolti non hanno genericamente donato una loro opera a beneficio dell’iniziativa, ma si sono impegnati per realizzarne una partendo da una particolare bandiera, scelta tra quelle, donate dal Comune di Reggio Emilia, che nel 2011 furono esposte nella città del Tricolore in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Si tratta delle bandiere legate al sorgere dell’idea dell’Unità d’Italia: il tricolore adottato il 7 gennaio 1797 proprio a Reggio Emilia; quelle dell’età giacobina e napoleonica; le bandiere dei moti e delle insurrezioni popolari durante il Risorgimento; quelle degli stati preunitari; le bandiere dell’Unità e del Regno d’Italia; le varie versioni di bandiera adottate della Repubblica, per finire con quelle utilizzate, anche di recente, per obiettivi di grande valore sociale ed etico.

Diverse sono state le modalità di creazione delle opere: alcuni artisti sono intervenuti sulla bandiera stessa o su una sua parte; altri ne hanno utilizzato frammenti per inserirli, attraverso il collage, nei loro lavori; altri ancora ne hanno creata una del tutto autonoma: la bandiera loro assegnata è diventata fonte diretta di ispirazione per i riferimenti di colori, scritte e forme disegnate.

L’intero progetto, dal coinvolgimento degli artisti, alla realizzazione della mostra e del catalogo che lo accompagna, è stato curato da Sandro Parmiggiani, critico e storico dell’arte, già direttore di Palazzo Magnani a Reggio Emilia.

L’esposizione è promossa dall’Associazione CuraRE Onlus in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, che ha donato le bandiere consegnate agli artisti e sosterrà l’esposizione ai Chiostri di San Domenico, e si avvale del patrocinio di Regione Emilia Romagna e della Provincia di Reggio Emilia

Le bandiere “adottate” dagli artisti sono quelle che furono esposte per un anno nelle vie della città all’interno della rassegna “Le strade della Bandiera”, inaugurata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 7 gennaio 2011 nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e realizzata in collaborazione con l’Unità tecnica di Missione per le Celebrazioni del 150° Anniversario dell’Unità nazionale, l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

Dopo Reggio Emilia, l’obiettivo è di portare la mostra in altre città italiane, così che essa diventi emblematicamente il messaggero per il progetto dell’Ospedale della Donna e del Bambino e della nostra bandiera, simbolo dell’Unità d’Italia.

Successivamente, le opere saranno vendute per raccogliere fondi da destinare alla costruzione del futuro ospedale, con l’obiettivo tuttavia di preservare l’integrità della rassegna e farne una sorta di raccolta permanente.

Nel catalogo verranno riprodotte tutte le opere realizzate dai singoli artisti, i loro profili biografici e le bandiere, già esposte per il 150esimo, con le relative descrizioni storiche.

Curatore della mostra Sandro Parmiggiani, che scrive “Il particulare negato *” – Gli artisti vivono con particolare fastidio, e con molte ragioni, la consuetudine di andare a bussare alle loro porte per chiedere un’opera da destinare a un qualche scopo benefico. Questa pratica vanta una tradizione gloriosa, legata a tante nobili cause che, nel corso del secolo scorso, mobilitarono gli artisti in più occasioni, per denunciare fatti che colpivano l’umana coscienza, per, al contempo, sostenere l’azione di chi vi si ribellava, per raggiungere obiettivi politici, sociali, culturali propri di raggruppamenti e associazioni, per favorire l’apertura di musei o impedirne la chiusura. Né, sono stati, gli artisti indifferenti alla sorte di alcuni loro colleghi, o di persone comuni che avevano avuto modo di conoscere, quando i colpi del destino s’accaniscono e rischiano di annientare un’esistenza. Certo, rivolgersi agli artisti era anche emblematico: l’artista era spesso portatore di una sua aura, ritenendosi che lui non solo avesse avuto in dono e sviluppato dei talenti di cui molti non disponevano, ma che rappresentasse, all’interno della società, una figura con un proprio peculiare patrimonio di riflessione, fosse essa incentrata sulle vicende collettive o semplicemente sul senso ultimo della vita. Bussare alla porta di un artista, e venirne accolto, significava anche potere comunicare che lui stava dalla tua parte, appoggiava la tua causa.

(…) Il progetto di realizzazione di un Ospedale della Donna e del Bambino, sostenuto dall’Associazione CuraRE Onlus, ha previsto di coinvolgere gli artisti in una maniera del tutto diversa. Innanzitutto, le opere degli artisti non sono considerate un puro simulacro di valore monetario, ma gli strumenti privilegiati di comunicazione di un progetto che ha ritenuto essenziale interpellare gli artisti, perché diventassero, attraverso le loro opere, ambasciatori di un sogno e di una speranza. Se mi è permessa questa similitudine, se l’Ospedale che si vuole realizzare intende occuparsi e favorire l’umana capacità di generare, il venire alla luce, gli artisti debbono esserne considerati gli interlocutori primi, per la creatività che esprimono, per i semi che, attraverso le loro opere, gettano nel corpo sociale. In secondo luogo, la consuetudine di cui ho parlato nell’introduzione di questo testo andava rovesciata; ancora ci si può rivolgere agli artisti, per delle cause importanti, selezionate, ma occorre coinvolgerli in un progetto che si fondi su una duplice esigenza: realizzare l’obiettivo per cui a loro si chiede e dare valore alla loro opera d’arte in quanto tale, con tutte le sue valenze educative e comunicative.

Non abbiamo dunque chiesto agli artisti di genericamente donare una loro opera, magari frettolosamente tirata fuori da un qualche loro deposito, a beneficio dell’iniziativa, ma di impegnarsi, di prendere tempo, per realizzarne una partendo da una particolare immagine: una bandiera, che è stata fisicamente loro consegnata, scelta tra quelle che nel 2011, nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, furono esposte nelle strade di Reggio Emilia, Città del Tricolore. Il Comune di Reggio ci ha messo a disposizione le bandiere, segnate dall’esposizione, durata mesi, nelle diverse condizioni atmosferiche, e che dunque recavano sulla loro superficie i retaggi e gli oltraggi dell’azione del sole, della pioggia, del vento. Sono, queste bandiere, legate al sorgere dell’idea dell’unità d’Italia, al suo diffondersi e al suo farsi; in un qualche modo, le bandiere che, dal 7 gennaio 1797 – giorno in cui il Tricolore fu adottato proprio a Reggio Emilia – hanno sventolato nelle terre d’Italia.

(…) Assoluta libertà di intervento è stata lasciata agli artisti, che dovevano semplicemente considerare la particolare bandiera loro consegnata come un punto di partenza da cui inoltrarsi nel loro cammino, verso la realizzazione di un’opera che comunque recasse il segno della loro lingua, del loro stile. Diverse sono state le modalità di realizzazione delle opere da parte degli artisti: alcuni sono intervenuti sulla bandiera stessa o su una sua parte, dipingendovi sopra o utilizzandola per creare un’opera-oggetto; altri ne hanno utilizzato frammenti per inserirli, attraverso il collage, nei loro lavori; altri ancora hanno creato un lavoro del tutto autonomo: la bandiera loro assegnata è diventata fonte diretta di ispirazione per i possibili riferimenti di colori, di scritte, di forme disegnate. L’esito del lavoro degli artisti testimonia, ancora una volta, quanto una commissione, un vincolo, non siano elementi che ingabbiano o distorcono la creatività – come erroneamente ancora ci si attarda a credere, in nome di un’astratta concezione di libertà –, ma stimoli che la esaltano, la obbligano a inoltrarsi su strade inesplorate, esperienze che, depositatesi nella memoria, fermenteranno nell’immaginario e saranno foriere di innovazioni nella loro opera.

Debbo dire che, salvo qualche assai rara eccezione (che conferma la regola), l’accoglienza da parte degli artisti alla proposta loro presentata è stata pronta, calorosa, senza tentennamenti, anche perché molti hanno da subito apprezzato la causa per la quale si chiedeva loro di mettersi al lavoro. Mai, in nessun caso, ho dovuto mettere in campo, per convincere qualcuno, l’amicizia, lontana o recente, assidua o frammentaria, che pure mi lega a tanti di loro: gli artisti non hanno sentito questa richiesta come una sorta di obbligo verso qualcuno, ma, credo, come un invito, una chiamata per una nobile causa cui non si poteva rispondere negativamente, per la quale occorreva impegnarsi, anche perché non gli si chiedeva genericamente un’opera, ma l’esito di un loro peculiare percorso creativo.

* Estratto dal testo in catalogo Corsiero editore.

Elenco degli artisti:

Luca Alinari, Pat Andrea, Alberto Andreis, Assadour, Roberto Barni, Davide Benati, Gabriella Benedini, Domenico Bianchi, Alfonso Borghi, Danilo Bucchi, Enzo Cacciola, Giovanni Campus, Eugenio Carmi, Tommaso Cascella, Roberto Casiraghi, Bruno Ceccobelli, Bruno Chersicla, Andrea Chiesi, Pier Giorgio Colombara, Angelo Davoli, Sandro De Alexandris, Giuliano Della Casa, Enrico Della Torre, Lucio Del Pezzo, Fausto De Nisco, Marco Ferri, Ennio Finzi, Giosetta Fioroni, Laura Fiume, Attilio Forgioli, Antonio Freiles, Omar Galliani, Alessandro Gamba, Marco Gastini, Giorgio Griffa, Marco Grimaldi, Franco Guerzoni, Paolo Iacchetti, Marino Iotti, Emilio Isgrò, Riccardo Licata, Claudia Losi, Luigi Mainolfi, Elio Marchegiani, Mirco Marchelli, Umberto Mariani, Antonio Marras, Carlo Mastronardi, Iler Melioli, Giovanni Menada, Nino Migliori, Elisa Montessori, Pietro Mussini, Hidetoshi Nagasawa, Carlo Nangeroni, Giulia Napoleone, Gianfranco Notargiacomo, Nunzio, Claudio Olivieri, Tullio Pericoli, Lucia Pescador, Oscar Piattella, Pino Pinelli, Graziano Pompili, Concetto Pozzati, Mario Raciti, Bruno Raspanti, Jacopo Ricciardi, Leonardo Rosa, Ruggero Savinio, Antonio Seguí, Giovanni Sesia, Medhat Shafik, Tetsuro Shimizu, Aldo Spoldi, Mauro Staccioli, Tino Stefanoni, Guido Strazza, Ilario Tamassia, Nani Tedeschi, Wainer Vaccari, Valentino Vago, Walter Valentini, Paolo Valle, Wal, William Xerra, Gianfranco Zappettini.

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