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Ubs, il governo svizzero chiede norme più rigide dopo l’acquisto di Credit Suisse e 26 miliardi di capitale in più. Ma i vertici non ci stanno

Scontro aperto tra il Governo svizzero e i vertici di Ubs dopo l’acquisto del Credit Suisse di due anni fa e Borsa in altalena: prima giù e poi su

Ubs, il governo svizzero chiede norme più rigide dopo l’acquisto di Credit Suisse e 26 miliardi di capitale in più. Ma i vertici non ci stanno

I vertici di Ubs, con Sergio Ermotti in testa, non ci stanno. Il governo svizzero ieri ha proposto norme più rigide per Ubs dopo la sua acquisizione di Credit Suisse, le quali potrebbero costringerla a detenere 26 miliardi di dollari in più di capitale ‘core’, confermando alcuni dei peggiori timori della banca riguardo alla nuova regolamentazione. Quando UBS Group AG ha acquisito Credit Suisse poco più di due anni fa, alcuni l’hanno definita “l’affare del secolo”. Ma il costo totale dell’acquisizione per il più grande gestore patrimoniale globale si sta delineando solo ora e i suoi vertici hanno definito il piano sul capitale “estremo” e non allineato sul piano internazionale.

La proposta principale, per la quale la banca avrà dai sei agli otto anni per prepararsi dopo l’entrata in vigore della legge, prevede che Ubs debba consolidare interamente le controllate estere, come previsto da numerosi analisti, politici e manager, riporta Reuters. Oggi Ubs è tenuta a consolidare solo il 60% delle controllate estere e può coprire parte del capitale con debito AT1.

Il titolo di Ubs ieri, rimasto indietro rispetto ai concorrenti europei a causa dell’incertezza riguardo le decisioni del governo, è arrivato a guadagnare ieri fino al 7%, dopo che esse sono state rese pubbliche ieri pomeriggio, per poi chiudere con un rialzo del 3,8%.

Colm Kelleher e Sergio Ermotti: “Non faremo retromarcia”

I vertici di Ubs sostengono che l’onere di capitale aggiuntivo porrà la banca in una posizione svantaggiosa rispetto ai concorrenti e minerà la competitività della Svizzera come centro finanziario.

Non faremo marcia indietro sul nostro modello di business diversificato a livello globale, che ci rende più sicuri e resilienti, soprattutto in periodi turbolenti come questi”, hanno scritto il presidente Colm Kelleher e Sergio Ermotti, amministratore delegato dell’azienda, in una nota al personale visionata da Bloomberg.

La presenza della banca nelle Americhe, nell’Asia Pacifico e in tutta la regione EMEA offre vantaggi economici a queste aree e non solo, hanno affermato i dirigenti. Contribuisce inoltre a sviluppare un “know-how” internazionale apprezzato dai clienti dell’azienda, hanno scritto i due. Nel promemoria, Ermotti e Kelleher hanno definito le richieste “estreme” e hanno affermato di stare “esaminando la notevole quantità di informazioni pubblicate”. Condivideranno la loro valutazione a tempo debito. “Manterremo la nostra posizione”, hanno affermato i dirigenti.

“UBS valuterà anche misure appropriate, se e ove possibile, per affrontare gli effetti negativi che una regolamentazione estrema avrebbe sui suoi azionisti”, ha dichiarato UBS in un comunicato ieri sera. La banca ha confermato i piani di riacquisto di azioni proprie annunciati in precedenza per il 2025 e ha aggiunto che deciderà all’inizio del prossimo anno l’importo del rimborso nel 2026.

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