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Ubi Banca: annullata multa Consob a Cds

Lo ha deciso la Corte d’Appello di Brescia – Tra i sanzionati, per complessivi 895mila euro, c’erano anche l’attuale presidente Andrea Moltrasio e il presidente emerito di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli.

Ubi Banca: annullata multa Consob a Cds

Buone notizie per Ubi Banca. La Corte d’Appello di Brescia ha annullato il provvedimento con cui la Consob nel settembre del 2015 aveva multato per 895mila euro complessivi i consiglieri di sorveglianza dell’istituto. La Commissione, ricordano i giudici, aveva deciso di sanzionare i consiglieri in carica all’epoca e in precedenti mandati, tra cui l’attuale presidente Andrea Moltrasio e il presidente emerito di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, “per omessa vigilanza in merito all’assenza nelle relazioni sul governo societario della banca degli anni dal 2009 al 2013, di informazioni riguardanti i principi di pariteticità, alternatività e tendenziale alternanza” nella composizione del comitato nomine e dei vertici della banca tra le componenti bresciana e bergamasca del corpo sociale, a cui facevano capo Banca Lombarda e Bpu, dalla cui fusione nacque la stessa Ubi.

Si tratta di una costruzione non condivisa dai giudici di Appello, che nella sentenza resa nota dall’agenzia Radiocor sottolineano come si debba “prendere atto che la pariteticità è espressamente prevista nell’articolo 1 dello Statuto quale ispiratore della nuova banca, per cui non può ragionevolmente porsi in dubbio la natura programmatica del medesimo quale principio fondante la operatività della nuova banca in ragione della genesi della medesima”. La Corte ha quindi annullato la sanzione e condannato la Consob al pagamento delle spese processuali.

I meccanismi con cui negli anni sono stati individuati i vertici di Ubi sono all’attenzione anche della Procura di Bergamo, che nel novembre 2016 ha inviato gli avvisi di chiusura delle indagini per ostacolo all’attività di vigilanza e illecita influenza sull’assemblea. Nei giorni scorsi, inoltre, dalla lettura del prospetto sull’aumento di capitale da 400 milioni al momento in corso è emerso che il 30 maggio “diversi uffici” di Ubi sono stati perquisiti nell’ambito di indagini “appena avviate” dalla procura di Brescia, per una ipotesi di “concorso nel reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle attività pubbliche di vigilanza”.

“In secondo luogo – scrivono i giudici – non appare condivisibile la prospettazione secondo cui il protocollo di intesa” sancito all’epoca della fusione “rientrerebbe fra gli accordi esterni vietati dall’articolo 49 dello statuto. Pur essendo stato sottoscritto prima della nascita della nuova banca – si legge nella sentenza – è indiscutibile che la conclusione del medesimo rientrava fra gli atti mediante i quali è sorto il nuovo soggetto, e la conferma si rinviene nel fatto che ne era stata data comunicazione in allegato al progetto ed all’atto di fusione. Mentre la norma sembra piuttosto finalizzata ad escludere che le nomine siano determinate in ‘centri decisionali’ esterni alla banca”.

Secondo la Corte d’Appello, “deve quindi concludersi che non appare condivisibile l’interpretazione sulla base della quale Consob ha ritenuto la sussistenza del disallineamento fra statuto e regolamento” del comitato nomine “che avrebbe, secondo tale prospettazione, reso necessario a decorrere dal 2009 che fossero illustrati al mercato i meccanismi che regolavano la governance di Ubi Banca”.

In conclusione, quindi, “si deve affermare che non potendo ravvisarsi alcuna modifica dei principi ispiratori del regolamento del comitato nomine, la versione resa nota al mercato nel 2007 era adeguata a far comprendere le modalità di funzionamento del comitato, per cui non può ascriversi agli opponenti, quali membri del consiglio di sorveglianza, l’omessa vigilanza”.

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