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Uber: meno incidenti auto, ma più abuso di alcol

Una curiosa indagine di tre economisti americani rivela che nelle città dove c’è Uber il binge drinking è aumentato di un quinto ma che gli incidenti stradali sono scesi

Uber: meno incidenti auto, ma più abuso di alcol

Nelle città dove c’è Uber e dove i mezzi pubblici sono assenti o scarsi, le bevute esagerate (letteralmente “binge drinking”, bevute da baldoria) sono aumentate di un quinto. E’ questo uno dei risultati di una curiosa indagine condotta negli Stati Uniti da tre economisti – Jacob Burgdorf e Conor Lennon dell’Università di Louisville e Keith Teltser della Georgia State University –, con un titolo che già spiega tutto: “Do ride sharing service increase alcohol consumption?”.

Può il servizio di Uber aumentare il consumo (e in molti casi l’abuso) di alcol? La risposta era prevedibile: sì, visto che tra le altre cose, e al netto delle molte polemiche che lo hanno travolto negli anni (battaglie legali con le amministrazioni locali, casi di violenze sessuali, titolo che ha perso oltre il 30% da quando è stato quotato, lo scorso maggio), Uber ha reso molto più facile per i festaioli tornare a casa in sicurezza. A stupire, casomai, sono le dimensioni del fenomeno e le sue conseguenze sulla salute pubblica.

L’app creata dieci anni fa da Travis Kalanick è ora disponibile in oltre 700 città nel mondo e ha intanto avuto un indiscutibile merito: quello di aver fatto diminuire gli incidenti stradali e di conseguenza le vittime delle cosiddette “stragi del sabato sera”. Uno studio pubblicato nel 2017 ha rilevato ad esempio che dopo l’arrivo di Uber a Portland, in Oregon, gli incidenti automobilistici legati all’alcol sono diminuiti del 62%. Allo stesso tempo, tuttavia, la diffusione di Uber avrebbe portato le persone a bere in eccesso, sapendo che non si metteranno al volante al termine della serata (se non della nottata).

Lo studio dei tre economisti statunitensi ha infatti rilevato che in media il consumo di alcol nelle città statunitensi coperte dalla app è aumentato del 3%, e soprattutto il consumo eccessivo (“binge drinking”, cioè mandare giù quattro o cinque bevande nel giro di due ore) è aumentato dell’8%, mentre “l’heavy drinking” (cioè le serate da baldoria ripetute almeno tre volte in mese) è cresciuto del 9%. E tutto questo nel giro di soli due anni dall’arrivo di Uber in quella città.

Gli aumenti sono stati ancora più significativi nelle città senza trasporto pubblico, dove la presenza di Uber ha portato il consumo medio di bevande alcoliche al +5% e gli episodi di “sbornia” a salire di circa il 20%. Un altro dato sorprendente, e non esattamente confortante, è che se è vero che Uber ha fatto calare gli incidenti, è anche vero che prima della sua diffusione il consumo di alcol stava in realtà diminuendo e pure sensibilmente, secondo quanto hanno potuto verificare gli autori della ricerca di cui ha parlato anche l’Economist.

Insomma, prima di potersi di nuovo allegramente lasciar andare perché tanto qualcun altro guiderà la macchina, i festaioli americani stavano iniziando a regolarsi di conseguenza, limitando consapevolmente il consumo di alcol. Oggi invece torna più che mai attuale il tema della salute pubblica, in un Paese già tormentato dalla diffusa obesità e dalla forte propensione alle malattie cardio-vascolare. In compenso, possono sorridere i gestori di bar e locali e quelli che ci lavorano: lo studio ha calcolato che l’occupazione nei bar e nei ristoranti aumenta in media del 2% ogni volta che Uber entra nel mercato.

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