C’è stato un tempo, lontano solo poche settimane, in cui le azioni delle società europee hanno vissuto l’ebbrezza di mostrare performance superiori a quelle statunitensi. Erano i mesi della primavera 2025 in cui gli investitori vedevano i dazi di Trump come un macigno che avrebbe creato pressioni sull’economia Usa e molti di loro hanno fatto le valigie, hanno abbandonato gli asset a stelle e strisce per guardare alle stelle gialle su fondo blu, attirati anche dal cambiamento di rotta fiscale epocale avvenuto in Germania. Gli indici azionari sulle due sponde dell’Atlantico hanno mostrato andamenti divergenti, con quello europeo in netto vantaggio.
Ma quel tempo potrebbe stare per volgere alla fine. Da una parte gli investitori, almeno al momento, stanno pensando che l’impatto dei dazi sull’economia Usa non sarà così forte, riducendo anche i timori di inflazione. Se sarà davvero così lo si vedrà nei prossimi dati.
Intanto ciò che gli investitori guardano ora sono i risultati trimestrali che man mano stanno uscendo sia negli Usa sia in Europa e gli analisti vedono complessivamente una netta differenza tra le due sponde, il che si sta traducendo anche in un ribilanciamento degli indici.
Report sugli utili del secondo trimestre: Usa batte Europa
Gli investitori si stanno ora preparando ad analizzare i dati ritenuti cruciali del secondo trimestre, perché potrebbero offrire la prima significativa visione su come le aziende stanno navigando in una nuova era di volatilità commerciale e, soprattutto, su quanto siano ancora resilienti i prezzi delle loro azioni.
Secondo LSEG I/B/E/S, riporta Reuters, gli analisti si aspettano in media che le aziende Usa dell’indice S&P 500 registreranno un aumento del 6-7% degli utili nel secondo trimestre, con le Big Tech a trainare gran parte di tale guadagno. Anche in Europa si attendono i dati trimestrali, ma qui gli analisti vedono per le aziende maggiori difficoltà, dovendo far fronte non solo alle pressioni dei dazi Usa, ma anche a una moneta molto più forte. Sempre secondo LSEG I/B/E/S, gli utili aziendali Europa sono visti registrare una contrazione dello 0,2% nel secondo trimestre rispetto alla crescita del 2,2% registrata nel primo trimestre quando per altro un numero di aziende più alto del solito ha ritirato le proprie previsioni, proprio a causa della politica commerciale altalenante di Trump. La crescita degli utili per l’intero anno in Europa è ora prevista al 3%, in calo rispetto all’8% di inizio anno.
Il peso di un euro fortissimo sulle aziende europee. I vantaggi per quelle Usa
L’attenzione sarà rivolta a quanto l’apprezzamento dell’euro abbia intaccato i profitti delle aziende dell’economia del blocco basata sulle esportazioni, dopo che la moneta unica è cresciuta del 9% nel trimestre aprile-giugno e del 13% dall’inizio dell’anno poiché gli investitori hanno cercato alternative agli asset statunitensi e hanno cercato di ridurre la loro esposizione al dollaro in seguito alle politiche commerciali di Trump. Alcuni analisti ritengono che l’euro potrebbe raggiungere quota 1,20 dollari nei prossimi mesi, dagli attuali 1,17 dollari circa. Ciò rappresenta un problema per i componenti dello Stoxx 600 focalizzati sulle esportazioni, che ricavano solo il 40% dei ricavi dall’Europa, rispetto al 70% dei membri dell’S&P 500. Gli analisti di UBS affermano che l’impatto sarà specifico per ogni settore, con le fluttuazioni valutarie che probabilmente incideranno maggiormente sui margini piuttosto che sulle vendite.
Al contrario, aziende come Levi Strauss, Netflix, Pepsi e 3M, che generano ingenti ricavi dalle vendite all’estero, hanno segnalato un incremento dei loro utili da aprile a giugno o hanno alzato le loro previsioni annuali a causa del crollo del dollaro. Sulla base di due decenni di dati, ogni deprezzamento dell’1% del dollaro storicamente migliora la crescita degli utili per azione dell’indice S&P 500 di circa 0,6 punti percentuali, secondo i dati LSEG. Circa il 38% dei ricavi dell’indice S&P 500 deriva dai mercati internazionali.
Lo S&P 500 Usa torna a superare lo Stoxx 600 europeo
A marzo lo Stoxx 600 era in vantaggio di 10 punti percentuali, portando i rialzisti europei a pensare che questo potesse essere il loro momento, dopo anni in cui i mercati europei avevano avuto performance inferiori a quelle di Wall Street. Poi i mercati hanno messo in atto una ripresa a V da manuale, raggiungendo livelli record, dopo il crollo di aprile in seguito all’annuncio di Trump di dazi generalizzati, che ha poi sospeso per 90 giorni, coprendo di fatto l’intero secondo trimestre. All’inizio di luglio lo Stoxx 600 europeo mostrava ancora un guadagno dell’’8% dall’inizio del 2025, rispetto al 6% circa dell’S&P 500. Oggi lo STOXX 600 europeo quota in calo dello 0,42% a 544,29 euro, mantenendo comunque un rialzo da inizio anno del 6,58%, ma l‘indice Usa S&P 500 è a 6.305 punti, in rialzo dall’inizio dell’anno del 7,45%.
In Europa sotto i riflettori soprattutto difesa, banche e lusso
In Europa saranno sotto i riflettori le trimestrali del settore della difesa e quello delle banche che hanno più beneficiato della ripresa delle scorse settimane, mentre una prima cartina al tornasole potrebbe essere costituita dai conti della tedesca Sap in arrivo, il più grande produttore europeo di software. Gli analisti hanno costantemente rivisto al ribasso le previsioni sugli utili per il 2025 per 55 settimane consecutive, sebbene il ritmo dei declassamenti si sia attenuato da maggio.
Se si guarda ai primi risultati che stanno emergendo si vedono le azioni di Akzo Nobel oggi scese del 4,2% dopo che il produttore di vernici Dulux ha abbassato le sue previsioni di utili principali per il 2025. Sartorius Stedim Biotech è scivolato di quasi il 7%, il calo percentuale maggiore nello Stoxx 600, dopo che il produttore francese di forniture di laboratorio ha reso noti i suoi dati. Questa settimana in agenda ci sono anche i dati trimestrali del colosso del lusso Lvmh e della casa farmaceutica Roche, oltre che per esempio quelle di Julius Baer, Rheinmetall. Il settore della difesa è cresciuto del 50% quest’anno, e le banche del 28%.
Guardando all’agenda dei protagonisti del risiko bancario italiano, il cda di Unicredit si riunirà oggi e i dati del 2° trimestre saranno pubblicati domani prima dell’avvio dei mercati. Per le altre big bisognerà attendere: Intesa Sanpaolo pubblicherà i conti il 30 luglio, Mediobanca il giorno successivo, mentre ad agosto sarà il turno di Banco Bpm (5 agosto) Mps e Bper (6 agosto).
A Wall Street si sta per celebrare il ritorno delle “Magnifiche Sette”
Le azioni di Wall Street hanno iniziato a riprendersi a metà aprile, in parte perché la guerra commerciale ha iniziato a prendere piuttosto le sembianze di negoziati commerciali. Ma il vero punto di svolta, osservano gli analisti, si è visto quando i Ceo delle aziende tecnologiche si sono alzati in piedi e hanno detto: “I nostri utili saranno molto forti”, come ha fatto Microsoft. Il settore tecnologico, che rappresenta circa un terzo dell’indice S&P 500 è cresciuto del 24% dall’inizio di aprile, considerando anche il crollo subìto dopo l’annuncio dei piani tariffari di Trump. Nvidia, ancora una volta la più grande azienda al mondo per capitalizzazione di mercato, ha registrato un’ascesa ancora più spettacolare del 45%, e in Europa non c’è nulla che possa eguagliarla.
L’agenda statunitense vede domani i conti di Alfabet, padre di Google, insieme a Tesla dando il via ai conti delle cosiddette “Magnifiche Sette“. Ma l’attenzione sarà rivolta anche alle aziende di difesa RTX e Lockheed Martin, insieme alle aziende di consumo Coca-Cola e Philip Morris International
Ma tutto è ancora incerto
Non tutti gli investitori stanno però tornando a Wall Street con l’indice S&P 500 ai massimi storici. Tanto più che la storia dei dazi è tutt’altro che conclusa e potrebbe riservare ancora molte sorprese e volatilità.
Le tariffe e la loro direzione restano all’ordine in europa dopo che i diplomatici hanno dichiarato che l’UE sta valutando misure “anti-coercizione” di vasta portata che consentirebbero all’Unione di prendere di mira i servizi statunitensi o di limitare l’accesso agli appalti pubblici in assenza di un accordo. Trump ha minacciato di imporre dazi del 30% sulle importazioni dall’Europa se non verrà firmato un accordo prima della scadenza del 1° agosto.