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Sostenibilità, la terza via: la “spinta gentile”

Secondo un report di DONATO BERARDI, IRENE IVOI e MICHELE TETTAMANZI di REF RICERCHE la difesa dell’ambiente non richiede necessariamente impegnative e costose riforme ma può avvenire anche a costo zero, orientando i comportamenti di ogni giorno dei cittadini con politiche persuasive ad effetto immediato – Dall’acqua al doggy bag: alcuni esempi di successo.

Sostenibilità, la terza via: la “spinta gentile”

Dove sta scritto che l’impegno per l’ambiente debba passare per forza e soltanto attraverso drastiche e costose riforme? In realtà, esiste anche una via soft, per così dire culturale: la cosiddetta “spinta gentile”, ovvero il cambiamento attraverso i piccoli comportamenti di tutti i giorni, attraverso politiche che orientino l’agire dei cittadini in favore della sostenibilità. Insomma riforme a costo zero, si potrebbe dire, e se ne parla in un recente position paper del centro studi Ref Ricerche.

Si tratta di mettere in campo percorsi di sensibilizzazione, di istruzione e di formazione, soprattutto nei confronti dei più giovani, che risultano decisivi nella costruzione di una coscienza del problema, come si è visto con Greta Thunberg. Il punto debole, in questo caso, sta nel fattore tempo: infatti, l’effetto positivo di questa azione di “acculturamento” diviene evidente solo nel medio-lungo, dopo diversi anni. Esiste però una terza via, che prevede di progettare politiche persuasive sin da subito.

Iniziative mirate, di dimensioni anche piccole e limitate nel tempo ma da applicare – secondo il Ref Ricerche – a un numero elevato di situazioni e contesti che abbiano come obiettivi quelli di incoraggiare e incanalare verso una determinata opzione i processi decisionali delle persone. Nel linguaggio dell’economia comportamentale si possono definire nudge o “spinte gentili” che, per l’appunto, vengono date agli individui per portarli – senza forzature – verso una soluzione piuttosto che un’altra. E ciò avviene creando un contesto favorevole alla scelta preferita, senza che sia negata la possibilità di procedere diversamente.

Un esempio classico è quando ci si trova di fronte alla decisione se “stampare” o “non stampare” lo scontrino dopo ogni operazione al bancomat. Un nudge doppio, per così dire. Infatti, se da un lato segnalandoci qual è l’opzione migliore per il Pianeta, esso fa leva sul nostro senso di responsabilità e ci incoraggia a “non stampare”, dall’altro ponendo il tasto di stampa sulla sinistra dello schermo – scomodo per i destrimani cioè la maggior parte delle persone – ci induce a pigiare sul pulsante più facilmente raggiungibile.

Il risultato? Per Ref Ricerche sarebbe meglio parlare al plurale di risultati. Innanzitutto, un vantaggio ambientale (minimo, se considerato come singolo gesto, ma grande se moltiplicato per tutti gli utenti che utilizzano i servizi bancomat); poi, un beneficio economico e organizzativo per chi lo propone (la banca in questione spenderà meno risorse e tempo per comprare e sostituire i rotoli di carta esauriti) e infine, un avanzamento culturale (il cittadino viene posto di fronte al tema dell’ambiente e all’importanza di doverlo tutelare attraverso scelte responsabili che riducono gli sprechi).

Dall’acqua ai rifiuti. Alcuni esempi di successo

La volontà di tutelare l’ambiente dal basso, e cioè partendo dai singoli individui, sta alla base della progettazione di alcune “spinte gentili” pensate per promuovere una maggiore consapevolezza sul consumo di acqua. In questa direzione va vista la realizzazione delle cosiddette “casette dell’acqua”, nate – oltre venti anni fa – dalla collaborazione tra operatori del servizio idrico e amministrazioni locali. Versione aggiornata delle fontanelle pubbliche, le “casette” sono luoghi nei quali i cittadini possono approvvigionarsi di acqua, controllata e di qualità, naturale o frizzante: una iniziativa pensata per spingere i cittadini verso la risorsa proveniente dall’acquedotto, certamente più ecologica ed economica rispetto a quella minerale imbottigliata.

Diffuse su tutto il territorio nazionale, le casette devono una parte del loro successo a una strategia di nudge design. Cosa è accaduto? Senza nessun genere di imposizione, ma avendo capito che i bassi consumi derivavano da scarsa fiducia nell’acqua che scendeva dal rubinetto casalingo, i gestori hanno trovato nelle “casette” un’alternativa concreta capace di generare la fiducia e dunque di modificare la scelta degli utenti. Il progetto Acquartiere a Firenze è la dimostrazione che per portare i cittadini a consumare meno acqua imbottigliata non è sufficiente ripetere il messaggio: “scegli il rubinetto perché quell’acqua è sana, controllata e non produce rifiuti”.

Per vincere le resistenze e modificare i comportamenti bisogna andare oltre la semplice comunicazione e provare, invece, a mutare il contesto sociale, costruendo nuove prospettive e creando opportunità semplici e accessibili di approvvigionamento. Così si è mossa l’iniziativa Acquartiere ovvero costruendo un insieme di scelte alternative all’acqua minerale: accordi e l’installazione presso esercizi di vicinato di apparecchi che trattano acqua con vendita a prezzi modici, un fontanello accessibile a tutti in un parco pubblico con erogazione libera, la fornitura gratuita e assistita di 65 apparecchi filtranti domestici a utenze disagiate e famiglie numerose e una serie di attività di comunicazione destinate al quartiere.

I risultati sono stati misurati attraverso indagini ripetute a distanza di un anno. In meno di 12 mesi la quota di cittadini che diceva di bere solo acqua minerale si è ridotta dal 90% al 56%. Uno dei primissimi casi (realizzato nel 2003) di accompagnamento gentile verso un’acqua alternativa. Un altro esperimento di nudging ha riguardato un tipico problema della nostra società dei consumi: lo spreco alimentare e il suo indissolubile legame con la questione rifiuti e della prevenzione nella loro produzione. A condurlo, nel 2018, sono state le università Tor Vergata e di Ferrara.

Per due mesi a 17 ristoranti delle provincie di Torino e Rieti coinvolti nell’esperimento si chiedeva di veicolare ai propri clienti due tipi di messaggi scritti su cartoncini posti su ogni tavolo. Il primo recitava: “Sempre più Italiani utilizzano la doggy bag per portare via il cibo non consumato. Qui, se vuoi, puoi farlo anche tu. Chiedi la doggy bag al tuo cameriere”. Il secondo, invece, diceva: “Alla fine del pasto ti consegneremo la doggy bag con il cibo che non hai consumato. Se oggi non la vuoi, fallo sapere al tuo cameriere. Grazie!”.

Lo scopo era ridurre il senso di vergogna attraverso l’indicazione di come un numero crescente di persone si comporta nella stessa situazione. Cos’è accaduto? Sono state distribuite 716 doggy bag nei ristoranti coinvolti, in media quasi 12 al giorno, il che ha significato un aumento del numero medio di doggy bag distribuite del +70%, con gli avanzi – il vero obiettivo – ridottisi della metà. È interessante sapere che tra i due messaggi quello che ha dato i risultati migliori è stato il primo… cosa che ci spinge ad affermare che il potersi sentire simili ad altri cittadini nella richiesta della doggy bag ha generato un beneficio maggiore rispetto all’ottenere, in modo automatico, la doggy bag.

Altri esempi sono leggibili sul sito di Ref Ricerche.

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