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Small Cap e AIM, i grandi investitori chiedono più trasparenza

Una ricerca condotta da Consob e Ir Top su oltre 250 società quotate tra AIM, STAR e Ftse Italia Small Cap: gli investitori istituzionali vorrebbero una governance diversa, con più indipendenti nel Cda e una migliore padronanza della lingua inglese – Quote rosa: nel 40% delle società quotate su AIM non ci sono donne nel board.

Small Cap e AIM, i grandi investitori chiedono più trasparenza

Servono più consiglieri indipendenti nei Cda, più donne, una maggiore trasparenza e persino una migliore padronanza della lingua inglese, che viene spesso sottovalutata dalle società. E’ questo che chiedono gli investitori istituzionali alle aziende più piccole tra quelle quotate in Borsa, secondo una ricerca condotta da Consob e Ir Top sia sull’MTA (su 72 emittenti del segmento STAR e 88 aziende dell’indice Ftse Italia Small Cap) che sulle 103 quotate all’AIM. Queste ultime hanno una capitalizzazione complessiva di 7,4 miliardi, mentre quelle del mercato regolamentato di Piazza Affari valgono più del 10% della capitalizzazione complessiva su Borsa Italiana.

Secondo quanto emerge dall’indagine, queste società hanno tutte la predisposizione ad essere saldamente controllate dal primo azionista: nel 63% nel caso delle Small Cap dell’MTA e nel 55% nel caso dell’AIM, la quota del primo azionista è superiore al 50%. E questo si tramuta in una scarsa presenza, nei consigli di amministrazione, di amministratori indipendenti: sull’MTA, nelle 153 società esaminate, ce ne sono di media 4, cioè meno della metà del totale del board, e la percentuale scende sensibilmente sul mercato AIM, dove i membri indipendenti sono 1,6 in media, cioè uno su quattro. Per non parlare della presenza delle donne, un tema sottovalutato in questo caso sia dalle società che dagli investitori istituzionali: a fine giugno 2018, le donne sono presenti in tutte le società MTA (salvo due casi) e rappresentano il 36,4% del board, ma nel 40% delle società quotate sull’AIM non c’è nemmeno una donna nel Cda e la media è appena del 12,7%.

Gli investitori istituzionali chiedono dunque più rappresentanza, anche alla luce del fatto che il loro peso non è trascurabile: sono presenti in 60 società tra STAR, Small Cap dell’MTA e AIM, con un peso di un quarto sul valore totale e una partecipazione media del 9% per i fondi italiani su AIM, mentre quelli stranieri preferiscono investire nell’MTA, dove sono presenti in 28 società con una quota media del 7,5%.

L’altro tema molto sentito emerso dall’analisi di Consob e Ir Top è quello della trasparenza. A parte le società dello STAR, che come quelle del Ftse Mib hanno l’obbligo di pubblicare i dati trimestrali di bilancio, per tutte le altre la comunicazione finanziaria rimane poco più che un optional: la curano il 58% delle Small Cap e addirittura solo il 17% delle Pmi quotate all’AIM, dove peraltro solo 8 società sulle oltre 100 del listino hanno presentato un Rapporto di sostenibilità, per nulla obbligatorio ma sempre gradito agli investitori. Il sondaggio infatti evidenzia che gli investitori istituzionali giudicano buona solo l’informativa contabile del segmento STAR, mentre per le Small Cap e l’AIM è “sufficiente” rispettivamente nel 71% e nel 63% dei casi. Sarebbe molto gradito ai grandi investitori anche la presentazione di un piano industriale: solo una società MTA esaminata su tre ne ha prodotto uno nel 2018, e solo il 22% delle AIM.

Infine, l’inglese. Un vecchio vizio italiano, soprattutto nelle aziende di piccole dimensioni, magari a conduzione familiare e ancora poco orientate ad internazionalizzare sul serio il loro business. Interrogate da Consob e Ir Top, le società esaminate hanno candidamente ammesso di non ritenere fondamentale la padronanza della lingua inglese. Ma non la pensano così gli investitori istituzionali, e i dati sembrano dar loro ragione: sull’AIM solo un’azienda su 10 traduce il bilancio in inglese, il 30% manda comunicati stampa anche in lingua inglese e il 23% redige in inglese una presentazione per gli investitori. Per quanto riguarda le Small Cap, producono in inglese il 38% dei bilanci, il 47% dei comunicati stampa e il 31% delle presentazioni. Un po’ meglio, ma ancora troppo poco.

“La quotazione – ha commentato Anna Lambiase, amministratore delegato di Ir Top – impone all’emittente un comportamento informativo delineato dalla normativa e dalle prassi di mercato che deve tener conto del fabbisogno dell’investitore e della parità informativa tra gli stakeholder. Per la totalità degli investitori il mantenimento di un profilo di trasparenza costante sullo sviluppo del business è percepito come il fattore più rilevante per rafforzare l’investor confidence. La disclosure volontaria risulta più frequente sull’MTA. Le società che sono coperte da almeno un analista finanziario sono il 26% su MTA, il 51% degli emittenti AIM. Nella survey condotta su un target di Portfolio Manager PIR, relativamente agli aspetti di governance, investitori e aziende esprimono un giudizio positivo sugli effetti della coincidenza proprietà/gestione su analisi e delivery delle performance”.

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