La corsa ricomincia. La Serie A 2025/26 apre i battenti ad agosto inoltrato, con il mercato pronto a entrare nella sua fase più calda. Il rischio di confondere le prime due giornate con amichevoli di lusso è forte, ma è bene ricordare che i punti pesano sin dall’inizio, a prescindere dal caldo e dalle trattative in essere. A tagliare il nastro, come di consueto, saranno i campioni d’Italia del Napoli, impegnati nella trasferta di Reggio Emilia contro il neopromosso Sassuolo (ore 18:30, in concomitanza con Genoa-Lecce), mentre in serata (20:45) sarà la volta di Milan-Cremonese e Roma-Bologna. Ne parliamo con Roberto Beccantini, firma storica del giornalismo sportivo italiano e voce autorevole nel leggere le sfumature di un campionato indecifrabile, ricco di incognite come non mai.
Roberto Beccantini, sono passati tre mesi esatti da quel 23 maggio che consegnò lo scudetto al Napoli. Come si riparte?
“Il mercato aperto sino al 1° settembre costringe a pronostici vaghi, a griglie “un po’ così”. La pole del Napoli è insidiata dall’infortunio di Lukaku e dalla fame dell’Inter. Dopodiché, una gran tonnara”.
La maggioranza indica il Napoli come grande favorito: è d’accordo?
“Sì. Per quanto il doppio binario (campionato più Champions) rappresenti un impegno imponente e il k.o. di Lukaku una variabile non lieve, soprattutto dopo le cessioni di Raspadori e Simeone. Il Vesuvio brontola: Conte perse Kvaratskhelia a gennaio eppure gli “bastò” Okafor. Vero, ma solo in parte: il georgiano gli lasciò in dote, comunque, 16 presenze, 5 gol e 3 assist. Per tacere delle 18 partite in più dell’Inter inzaghiana. Precedenza al peso della rosa o all’incidenza del tecnico? Il dibattito è aperto. A naso, visto che al minimo inciampo si corre da Gianluca Di Marzio, direi ai giocatori”.
L’Inter presenta alcune incognite, a cominciare da Chivu. Dove la collochiamo in un’ipotetica griglia di partenza?
“A ridosso del Napoli. Sì, Chivu è un’incognita, ma Bonny (un simil Thuram) e Pio Esposito sono rinforzi preziosi per l’attacco. E Sucic, in mezzo, ha già dimostrato di avere stoffa. Non altrettanto Luis Henrique sulla fascia. Cruciale la conferma di Calhanoglu. Obiettivi spiccioli: abbassare l’età media, trovare alternative al menù fisso del 3-5-2. Occhio, in compenso, alle ruggini del Mondiale per club: potrebbero zavorrare sia l’Inter sia la Juventus”.
A proposito di Juventus, anche lei è un cantiere aperto: crede che possa competere ai massimi livelli?
“Deve far fronte all’ennesima rivoluzione: dalla toccata e fuga di Giuntoli agli algoritmi di Comollì. La stagione ruota attorno al recupero di Bremer, all’arte di Yildiz e al podio dei centravanti fra David, Kolo Muani e Vlahovic. La sparizione di Milik ha del farsesco, il caso Vlahovic rasenta la paranoia. E quale Koopmeiners emergerà dalle macerie dell’impatto? Manca un regista, e sulle fasce si naviga nella nebbia. Un cantiere aperto, garantito dalla conferma di Tudor, “salvato” dai no di Conte e Gasp. Sulla carta, non mi sembra ancora da scudetto”.
Poi c’è il Milan di Allegri: può essere la scheggia impazzita nella corsa al titolo, anche in virtù dell’assenza di impegni europei?
“Può, sì. Per la storia societaria, la latitanza europea è un grave vulnus; per la cronaca, e gli obiettivi di rivalsa, una preziosa stampella. Allegri si gioca tutto. Reijnders era il migliore: venduto. Theo, un casinista, d’accordo, ma palla al piede uno dei più forti: ceduto pure lui. I 40 anni di Modric, le lune di Leao, la regia di Ricci, la guerra per Jashari e l’equilibrio tra i reparti: quante scommesse. Resta il nodo del centravanti: da Vlahovic a Hojlund a Boniface. Mah”.
Atalanta-Juric, Roma-Gasperini, Lazio-Sarri: scenari differenti, tanta curiosità…
“Sarri conosce la piazza, e questo è un vantaggio (al netto del mercato bloccato). Juric a Bergamo e Gasperini a Trigoria sono, in compenso, scelte estreme, se non – addirittura – estremiste. La Lazio non ha Coppe, l’Atalanta la Champions, la Roma l’Europa League: dettagli non banali, nella gestione delle risorse umane, didattiche e ambientali”.
La prossima settimana metterà fine a un mercato ricco di casi: come si concluderà la telenovela Donnarumma?
“Sul piano tecnico, è inspiegabile. A meno di non darla vinta ai feticisti dei piedi (Luis Enrique). In chiave contrattuale, la scadenza del 2026 imprigiona le richieste del portiere e dei suoi agenti alla strategia aziendale. E viceversa. Con un distinguo, fondamentale: i padroni del Qatar sono così ricchi che si tolsero lo sfizio di perdere Mbappé a parametro zero. Gigio è avvisato. Dicono che abbia sparato grosso, molto grosso: e al Milan, quando lo mollò, le offerte ricevute proprio spilorce non erano. Per me finirà in Premier, sempre che i suoi agenti scendano a più caste provvigioni”.
Una vicenda che riguarda anche la Nazionale, che a settembre vedrà l’inizio dell’era Gattuso: Mondiale possibile o dobbiamo rassegnarci all’ennesimo flop?
“Mondiale possibile, certo. Mai dimenticare i playoff, per nefasti che siano stati (penso alla Svezia di Ventura, alla Macedonia del Mancio). Tocca a Gattuso. Il problema non è il citì. Il problema è il livello del bacino di pesca. E poi, attenzione: un’eventuale terza esclusione di fila confermerebbe una tendenza, non sarebbe più un caso. Il gol di Chiesa in Premier, in Liverpool-Bournemouth 4-2, ci ha commossi, ci ha scossi. Ma lo ha segnato da riserva. Tornerà titolare, ad Anfield? E lo sarà Leoni? E Raspadori nell’Atletico? Perché sì, evviva l’Erasmus: a patto che poi giochino”.