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Se le bufale di Twitter affondano la Borsa

Negli ultimi giorni, due bufale su Twitter hanno fatto crollare altrettante società quotate sul Nasdaq e hanno fatto ricco qualcuno che difficilmente sarà identificato, ma il fenomeno della disinformazione, quando non si tratti di vero e proprio aggiotaggio a mezzo web – come in questi ultimi due casi – prospera da tempo nei social network

Se le bufale di Twitter affondano la Borsa

Si può far crollare la Borsa con un cinguettio? A quanto pare sì. Negli ultimi due giorni, ad esempio, è successo due volte e a fare le spese delle notizie infondate diffuse su Twitter sono state due aziende quotate sul Nasdaq: la farmaceutica Sarepta Therapeutics, crollata mercoledì del 9,9% in un minuto e l’informatica Audience Inc, svalutata di circa lo stesso valore il giorno prima. E’ bastato un aggiornamento di poche righe su una questione interessante per gli investitori, qualche accorgimento per rendere credibile quanto scritto e il fascino dell’informazione “importante”, quella che fa credere a chi la diffonde di entrare a far parte di una cerchia elitaria di “coloro che sanno”, ha fatto il resto.

La tecniche di persuasione assomigliano a quelle utilizzate dagli spammer per condurre gli utenti di Internet su siti trappola. Si tratta di poche e povere regole per ingannare chi legge gli aggiornamenti su un determinato argomento. L’account Twitter che ha diffuso la falsa notizia in merito ai dati della ricerca biomedica di Sarepta, ad esempio, era “@citroenresearc“. Bastava un minimo di attenzione per capire che non poteva trattarsi dell’account Twitter della “Citron Research“, nota società di speculatori ribassisti.

I male intenzionati poi sanno benissimo che il chiacchiericcio sulle grandi multinazionali farmaceutiche o tecnologiche  (Audience Inc. fornisce ad Apple il software per la riduzione del rumore di fondo durante le conversazioni telefoniche) è molto amato dagli utenti dei social network. In questi ambiti il terreno è molto fertile per far crescere la voglia di partecipare al discredito di aziende collegate, a ragione o non, ad un capitalismo sfrenato, negativo per definizione.

Sebbene in questi ultimi due casi, si tratti di vero e proprio agiotaggio, non è la prima volta che gli utenti dei social network si sono resi responsabili della diffusione di bufale nei confronti di aziende quotate in Borsa. Si può citare ad esempio la storia fatta circolare in Rete sui presunti hamburger sintetici di McDonald’s, gli unici, secondo l’estensore della bufala, a non marcire mai. Clamorosa fu anche la notizia sul mix tra Coca-Cola e Mentos che avrebbe fatto esplodere lo stomaco di un bambino brasiliano. Inutile dire che un evento del genere non si è mai verificato.

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