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Russia-Ucraina,”la pace dipende solo da Putin che non sembra avere grande voglia”: parla Silvestri (Iai)

INTERVISTA A STEFANO SILVESTRI, consigliere scientifico e già presidente dello Iai – Tra Russia e Ucraina “la situazione è del tutto congelata” ma ora Putin deve fare i conti con uno schieramento euro-americano allargato – “Difficile concedere qualcosa alla Russia che non concede nulla”

Russia-Ucraina,”la pace dipende solo da Putin che non sembra avere grande voglia”: parla Silvestri (Iai)

È possibile un incontro fra Biden e Putin per “preparare la pace” in Ucraina come ha chiesto in maniera nemmeno lontanamente velata il premier Mario Draghi al presidente degli Stati Uniti durante la sua visita a Washington? E che cosa vuol dire l’ansia di Finlandia e Svezia nel chiedere di accelerare la loro entrata nella Nato? Esiste un fronte europeo che si differenzia da quello americano rispetto a come comportarsi di fronte a Putin? A FIRSTonline risponde il professor Stefano Silvestri, già presidente dell’Istituto Affari Internazionali (Iai) e grande esperto di politica estera e di difesa.

Stefano Silvestri sulla Guerra Russia Ucraina
Imagoeconomica

Professor Silvestri, Draghi ha detto a Washington che per arrivare alla pace “c’è uno sforzo che occorre fare e che lo devono fare in particolare Russia e Stati Uniti”. Che cosa ne pensa lei: ci sono spiragli per arrivarci?

“Dipende da Putin, non da altri. E non mi sembra che ne abbia grande voglia. La verità è che la situazione appare del tutto congelata. Nello stesso discorso del 9 maggio di Putin è stato molto chiuso sull’argomento. Il problema è che da parte russa si sperava che gli Europei facessero pressioni sull’Ucraina perché cedesse in qualche maniera in tutto o in parte. Questo non è avvenuto. Nessuno lo ha proposto e certamente Draghi non lo ha proposto. In assenza di questo la Russia deve fare i conti con uno schieramento euro-americano allargato ad altri Paesi, come Giappone e Australia, che rimane solidale, perlomeno per il momento”. 

Bisognerebbe fare qualche sforzo in più in questa direzione? 

“È molto difficile concedere qualcosa a una Russia che non concede nulla. È probabile che Putin si comporti così perché si trova in difficoltà. Ma è probabile anche che punti a tempi più lunghi che gli consentano di consolidare la situazione sul terreno per poi ritenerla congelata. Non sarebbe la prima volta che succede nella storia dei conflitti. Fatto sta che sul terreno Mosca non sta messa bene: i russi stanno perdendo le posizioni a Nord-Est dell’Ucraina che sono state già riprese tutte o in parte dagli ucraini. Ciò non avviene ancora nel Donbass, soprattutto nelle regioni di Lugansk e Donetsk dove i combattimenti continuano. Putin vuole forse puntare a conquiste più sostanziose al di là della presa distruttiva di Mariupol. Conquista che ricorda le parole di Tacito, a proposito della campagna dei Romani in Britannia: ‘Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace’. Sembra essere questa la strategia dei russi in Ucraina: distruggere tutto e chiamarla poi pace”. 

Che giudizio dà dei risultati del viaggio di Draghi in Usa?

“Il premier ha sicuramente consolidato un rapporto personale con Biden, ha confermato l’allineamento italiano nel contrasto all’invasione russa e all’affiancamento con la posizione ucraina. Ha però anche detto che bisogna afferrare e favorire ogni ipotesi di un dialogo, secondo una posizione comune in Europa. Pur senza dimenticare che gli Europei hanno fatto vari tentativi in questa direzione, ma non hanno mai ricevuto risposta positiva da parte di Mosca. In conclusione Draghi si è dimostrato allineato alle posizioni americane, ma secondo una sensibilità europea. La parte più costruttiva della visita mi è sembrata tuttavia quella che ha affrontato  la ricostruzione dell’Ucraina una volta che la guerra sarà finita, quando l’Europa deve essere chiamata a svolgere un ruolo centrale. E quello sulla gestione delle sanzioni, mano a mano che vanno a intensificarsi, per controllare le conseguenze che saranno differenti sui vari Paesi. Nessun altro leader aveva posto la questione”.   

Esiste un fronte europeo e uno americano di fronte alla guerra?

“Io direi in un’altra maniera. E cioè che la questione è: come trattare la Russia. Tagliare i rapporti con la Russia è senz’altro più complicato per gli europei che per gli americani. Se si prediligono rapporti che spingano la Russia verso la Cina questo sarebbe un prezzo più alto da pagare per l’Europa che per gli Usa. Ma ovviamente molto dipenderà dalle reazioni di Putin. Se continua così, sarà lui a scegliere l’Asia. Sarebbe un vero peccato, ma più che sollevare il problema e essere disposti al dialogo non si può fare”. 

Come valuta la richiesta di Finlandia e Svezia di accelerare l’entrata nella Nato?

“L’allargamento della Nato è chiaramente un colpo per la Russia. L’entrata di Finlandia e Svezia porterebbe la Nato a un diretto contatto con la Russia di molti chilometri. L’ingresso dei due Paesi del Nord trasformerebbe il Baltico in Atlantico lasciando ai russi un solo porto (San Pietroburgo) e una enclave (Kaliningrad). Ciò pone problemi, senza dubbio. Ma anche qui: come si è arrivati a tutto ciò? Ha fatto tutto Putin, invadendo, minacciando, spaventando. L’unica via ragionevole arrivati a questo punto è che si segua almeno la strada del controllo deli armamenti, diminuendo o eliminando in maniera reciproca certe armi. Non so cosa abbia detto Draghi a Biden, ma gli europei chiedono agli americani di insistere con i russi sul controllo degli armamenti. Se si diminuisce fortemente la pressione  dell’armamento nucleare sul Baltico e alla frontiera con la Finlandia sarebbe allentata la tensione anche se la Nato risulterebbe allargata”. 

Il no della Turchia ai nuovi membri è dirimente?

“Certo. Il nuovo Trattato che dovrebbe essere scritto per accogliere i due Paesi dovrebbe  essere approvato all’unanimità da tutti i membri. E non sarebbe facile, contando anche il fatto che la Russia cercherebbe sicuramente di influenzare le opinioni pubbliche dei Paesi in cui si sente più appoggiata.”

Ciò vale anche per l’Italia?

“Certi partiti in Italia sono più vicini a Putin, ma il sistema Paese complessivamente no. Tantomeno il governo”.

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