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Quando l'”immunità” era nobile

Invocata ora per salvare Papa dall’arresto, era una norma a tutela dell’autonomia dei singoli parlamentari dalle vessazioni dei sovrani. L’istituto ha le sue radici nel caso del deputato inglese Thomas Haxey, i cui beni furono confiscati perché aveva presentato alla Camera un “bill” (era l’anno 1397) che lamentava le eccessive spese della Corona.

Quando l'”immunità” era nobile

Nonostante la riforma costituzionale del 1993, sollecitata dalle mozioni firmate rispettivamente da Fini, La Russa e Gasparri e da Bossi, Maroni e Castelli, di fatto abbia ridotto la portata dell’immunità parlamentare, per mettere in atto una richiesta di arresto dei magistrati per un parlamentare c’è bisogno dell’autorizzazione della Camera di appartenenza. Così avviene anche per il caso Papa e per il caso Milanese, che in queste ore sono all’attenzione di un’opinione pubblica sempre più indispettita nei confronti di quella che giudica “una casta”, impegnata soprattutto nella tutela di se stessa.

 

Anche all’indomani di una manovra che è ricorsa a piene mani al soccorso delle tasche degli italiani, evitando, al contempo di tagliare i costi della politica. Eppure nella storia dei Parlamenti quello dell’immunità nasce come un istituto nobile, teso a tutelare dall’invadenza della Corona l’autonomia degli eletti del popolo. All’inizio del ventesimo secolo il costituzionalista Vincenzo Miceli osservava che “il carattere più rilevante delle immunità parlamentari è sempre quello che deriva dall’attrito, dallo stato di perenne conflitto nei rapporti tra il Parlamento e la Corona”, la quale vedeva nel Parlamento “un avversario indomabile perché non perdeva occasione per restringere, definire e contrastare gli strumenti di diritto da lei posseduti”.

 

Nella tradizione anglosassone poi l’immunità parlamentare va ricondotta alla condanna alla confisca dei beni per tradimento del deputato Thomas Haxey, reo di aver sottoposto all’approvazione della camera dei Comuni un bill (approvato nella sessione 22 gennaio-13 febbraio 1397) che lamentava l’eccessivo dispendio di risorse finanziarie da parte della casa reale. Il re era Riccardo II. Il parlamentare fu strenuamente difeso dai colleghi e successivamente re Enrico IV cassò la sentenza. Si deve a quell’episodio il fatto che a partire dal regno di Enrico VIII, salito al trono nel 1509, all’inizio della Legislatura, lo speaker (il presidente della Camera) rivolgerà questa petizione al re: “In nome, e nell’interesse dei Comuni, con umile petizione richiama i loro antichi e indiscussi diritti e privilegi, quello particolarmente che le loro persone, il oro servi, possano essere liberi da arresto, o da qualsivoglia molestia, chede che i membri possano goder libertà in ogni discussione, possano avere accesso alla persona di sua Maestà, nel modo più favorevole”.

 

Insomma, nobili e antiche sono le radici delle immunità parlamentari. Ma c’è da chiedersi se ciò che era nobile per salvaguardare il parlamentare Thomas Haxey dalle vessazioni di un re che non voleva che il Parlamento sindacasse su come il re spendesse il denaro pubblico, valga anche oggi quando, magari per ragioni abbastanza simili, la magistratura chiede l’arresto dell’onorevole Papa.

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