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Popolari, botta e risposta a distanza tra Sapelli e Quadrio Curzio al Senato sulle deleghe

di Silvano Bonini – Un vivace confronto a distanza ha caratterizzato il ciclo di audizioni al Senato sulla riforma delle Popolari – Oggetto della contesa: l’aumento o meno delle deleghe – Giulio Sapelli si è detto contrario: “Giù le mani dalle deleghe” – Di diverso parere Alberto Quadrio Curzio: “Il numero delle deleghe può aumentare”

Deleghe si’, deleghe no: su questo tema, che sta molto a cuore alla Banca d’Italia e che rappresenta il cuore della riforma delle banche popolari, si e’ acceso a distanza, in commissione Finanze del Senato, il confronto tra due esperti del calibro di Giulio Sapelli e di Alberto Quadrio Curzio. Chiamati dai senatori per approfondire il tema della riforma delle banche popolari, lo storico dell’economia Sapelli si schiera deciso a difesa dell’assetto attuale: “Giu’ le mani dalle deleghe”, mentre piu’ aperto si mostra l’economista Alberto Quadrio Curzio sentito immediatamente dopo: “Qualche delega ci vuole”.
Intanto Sapelli premette che “non c’e’ bisogno di leggi, basta l’autoriforma degli statuti” delle banche popolari. Poi, affrontando uno dei “nodi” attorno cuii si accende il dibattito sulla riforma, puntualizza: “Dato che alcune banche popolari sono quotate e una recente dichiarazione della commissione europea sulla cooperazione dice che le banche popolari sono cooperative de facto e non solo de jure perche’ svolgono attivita’ mutualistica, il voto capitario e’ essenziale. Quindi- scandisce- giu’ le mani dalle deleghe, perche’ aumentandole si ammazza il voto capitario”. Per Sapelli, inoltre, fermo restando che per le banche popolari non quotate non c’e’ nessun intervento da fare, per quelle quotate, invece, “dato che la maggioranza delle azioni e’ in mano ai non soci, si possono permettere delle variazioni nel limite del possesso azionario, fino ad arrivare al 5% in istituzioni che abbiano finalita’ non profit come le fondazioni o come i fondi di investimento a lunga scadenza, sterilizzandone pero’ il voto. Quindi per alcuni al massimo possono possedere 5 voti, secondo me invece solo uno”. L’occasione dell’audizione in commissione e’ servita a Sapelli anche per formulare alcuni rilievi nei confronti della commissione stessa, che si sta occupando- questa la critica- delle banche popolari “invece di occuparsi inmodo radicale e incisivo delle banche che hanno provocato la crisi per l’eccesso di leva”.
Quadrio Curzio ha ricordato come le banche popolari cooperative abbiano una “natura che le colloca , in applicazione di un principio sociale di mercato, tra societa’ e mercato. Quindi bisogna, per la riforma delle maggiori quotate in borsa, far si’ che questa caratteristica sia ripristinata il piu’ possibile”. E quindi – aggiunge- “è necessario per assicurare una adeguata espressione dei detentori di capitale aumentare il numero delle deleghe e per determinati soggetti istituzionali, in particolare le fondazioni, consentire una quaota di partecipazione al capitale piu’ elevata”. E qui Quadrio Curzio si ferma, senza indicare alcuna percentuale. Il voto capitario? “Deve rimanere, pero’ va aumentato il numero delle deleghe. Alcune banche popolari sono gia’ salite a 5”. Quadrio Curzio chiarisce: “Il voto capitario viene mitigato dall’aumento dellle deleghe, ma non scardinato”. E fa un esempio: se una fondazione ha una quota di capitale significativa, la stessa non si presenta per la quota capitale ma per il suo voto e altre 5 deleghe. “Il problema e’ che la rappresentanza in assemblea non e’ proporzionata al capitale posseduto, questo essendo invece il proncipio delle banche a spa”. Favorevole dunque a una trasfromazione in spa? “No – replica Quadrio Curzio- Sono favorevole a un aggiornamento del modello nel contesto del XXl secolo. Le banche popolari sono nate nel XlX secolo, si tratta di fare un aggiornamento”.

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