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Ponte di Genova: il Governo pasticcia e la città aspetterà a lungo

Far pagare tutto e subito i danni del crollo del Ponte ad Autostrade ma permettere alla società di Atlantia di ricostruire il Morandi senza pregiudicare eventuali contenziosi sulla concessione autostradale e senza affidarsi a Fincantieri che ha minore esperienza in materia consentirebbe di uscire velocemente dal ginepraio in cui il Governo si è infilato con ulteriori disagi per Genova

Ponte di Genova: il Governo pasticcia e la città aspetterà a lungo
Il crollo del ponte di Genova è stata una tragedia che rimarrà a lungo nella memoria degli italiani. Un fatto gravissimo, forse emblematico della cattiva gestione della cosa pubblica, della confusione dei poteri, della carenza di veri controlli. E’ vero che catastrofi del genere non sono una esclusiva italiana (basti ricordare il crollo del ponte di Miami dello scorso febbraio) ma da noi tutto appare più catastrofico sia per le caratteristiche del nostro territorio, sia per la dissennata gestione che i poteri pubblici fanno del post-evento.
Il ministro Toninelli, ma un po’ tutto il Governo, invece di pensare immediatamente a come fronteggiare l’emergenza e soprattutto a come organizzare in tempi rapidi la ricostruzione di quella fondamentale arteria per Genova, il suo porto, e tutta l’Italia settentrionale che deve spedire le proprie merci per mare, è partito in quarta alla “ricerca del nemico” alla individuazione del “colpevole” da additare alla rabbia della popolazione, infilandosi però in un groviglio di contraddizioni che renderanno più lunga e costosa la ricostruzione. Tanto che ad oltre un mese dal tragico evento non è ancora stato varato il decreto per sostenere Genova e per avviare la ricostruzione. Anche sul commissario straordinario da nominare per fare i lavori con rapidità, è ancora buio fitto, o meglio lite tra i due partner del governo.
Siamo arrivati all’assurdo che il premier Conte, fine giurista, ha dichiarato: “non possiamo aspettare i tempi della giustizia per punire i colpevoli”. Il ministro Toninelli, così come i due vice-presidenti si sono sbracciati per accusare Autostrade di ogni nefandezza e a dire che la ricostruzione del ponte non può essere affidata alla concessionaria dei Benetton, ma deve essere fatta direttamente dallo Stato. Non accorgendosi che in questo modo rischiano di allungare i tempi a dismisura per la necessità di fare le gare di appalto e soprattutto di finanziare da subito l’opera a carico del bilancio dello Stato oltre all’indennizzo alla società Autostrade che si vorrebbe far decadere dalla concessione.
Un ginepraio da cui sarà difficile uscirne presto e bene. Per cercare di fare un po’ di luce nel labirinto e magari individuare una soluzione caratterizzata da rapidità di tempi, sicurezza del manufatto e nessuna spesa a carico del bilancio pubblico, la Fondazione Riformismo e Libertà, presieduta da Fabrizio Cicchitto ha organizzato a Montecitorio un convegno al quale hanno partecipato tra gli altri Ettore Incalza e Vito Gamberale.
 Ne è venuto fuori un percorso pragmatico ed efficace con cui affrontare i problemi immediati oltre ad una serie di notazioni sulla organizzazione delle nostre concessioni e delle autorizzazioni per le grandi opere, che dovrebbero essere prese in considerazione da un governo responsabile che non vuol fare solo propaganda a breve ma che punta ad un effettivo risanamento e rilancio del paese.
In primo luogo bisogna chiarire che la società Autostrade ha una “responsabilità oggettiva” del disastro e che quindi ha il dovere non solo il diritto, di porvi riparo nel più breve tempo possibile, salvo poi, una volte accertate le responsabilità giudiziarie, civili e penali, risponderne pienamente.
Per il momento le Autostrade stanno erogando dei sostegni di emergenza alle persone coinvolte nel disastro, ma sarebbe necessario quanto prima arrivare ad un accordo per veri risarcimenti ( senza in questo caso aspettare i tempi della giustizia) sia alle persone che alle aziende coinvolte.
L’ idea di non far fare il ponte ad Autostrade incontra ostacoli tecnici e giudici formidabili. E non si tratta solo di trovare i finanziamenti per riparare al danno, ma anche quelli per una eventuale revoca della concessione o per una nazionalizzazione che ammonterebbero, secondo stime preliminari a quasi 20 miliardi di euro.
Si aprirebbe un lungo contenzioso giudiziario che non solo costerebbe caro alle casse dello Stato, ma, e questo sarebbe ancora più grave, allungherebbe i tempi della ricostruzione e metterebbe così in ginocchio Genova e la Liguria che già hanno sofferto molto per la lunga crisi dello scorso decennio. Invece sarebbe molto più saggio, come sostiene il Governatore della Liguria Toti, far pagare tutto e subito ad Autostrade sia la ricostruzione del ponte, sia quelle delle case che verranno danneggiate dalle opere, sia magari anche in tutto o in parte i risarcimenti a tutti i danneggiati. E questo non pregiudicherebbe eventuali contenziosi sulla revoca della concessione o su altri problemi che le indagini della magistratura dovrebbero mettere in evidenza.
Invece appare ambigua la posizione di Fincantieri che si è proposta quale costruttore del ponte ma che in quel settore non ha alcuna esperienza specifica. E comunque non sarebbe possibile affidare i lavori direttamente a Fincantieri ma occorrerebbe, secondo le regole europee una gara internazionale. Il che vuol dire almeno due anni di ritardo.
 Un governo che non vuole speculare su questa enorme tragedia per consolidare nella mente degli elettori l’idea che tutto quello che è venuto prima di lui è stato viziato da incapacità o ruberie, ma che privilegia l’interesse generale agirebbe quindi in maniera pragmatica ottenendo da Autostrade tutti i risarcimenti dovuti, e magari qualcosa in più, e soprattutto evitando di isolare Genova dal resto del mondo per un tempo troppo lungo.
Poi è chiaro che questa esperienza deve insegnarci almeno due problemi di fondo che non devono essere lasciati cadere. In primo luogo occorre rivedere il funzionamento del rapporto tra concedente ( lo Stato) ed il concessionario in modo che ci siano più controlli ed in tempi più rapidi; ed in secondo luogo ripensare a tutte le norme che regolano i grandi appalti e che si fatto impongono tempi lunghissimi prima di arrivare a fare l’opera.
L’esperienza della Gronda di Genova e in passato quella del passante del tratto Firenze- Bologna dovrebbero insegnare qualcosa ad una classe dirigente che sia previdente, che sappia cioè immaginare i pericoli futuri e agisca in tempo per prevenirli.

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